L’Ode all’atomo
del poeta di origine cilena Pablo Neruda (1904-1973) è fra le
liriche che meglio interpretano i contrastanti sentimenti che le conquiste
scientifiche e le loro applicazioni suscitano negli uomini contemporanei.
Oltre
allo stupore per i traguardi raggiunti e alla speranza di un domani migliore,
c’è sempre la paura che qualcuno usi il sapere tecnologico per fare il male.
Per questo, dopo aver rievocato la liberazione, a opera dell’uomo, della
“piccolissima stella” e pianto sul dramma di Hiroshima, il nostro poeta la
implora: “non dar retta ai banditi, concorri invece alla vita, all'
agricoltura, soppianta i motori, stimola l' energia, feconda i pianeti”.
L’atomo di Neruda “frutto terribile d’elettrica bellezza” è il protagonista di
questo libro scritto dal fisico Martin e dalla giornalista Viola. Nemmeno a
loro sfugge il contrasto che traspare dalla definizione del poeta.
Nell’ultimo capitolo, giustamente intitolato “Atomo: una parola, molti
significati”, gli autori ricordano un’indagine di alcuni anni fa, secondo la
quale “chi sente la parola atomo la associa istintivamente a concetti come pericolo,
bomba, radioattività, emergenza”. Evidentemente si tratta di pregiudizi e paure
irrazionali perché l’atomo è anche molto altro: energia pulita e abbondante,
salute e ricerca. Bisognerebbe allora pensare all’atomo come a qualcosa di per
sé né buono né cattivo che va solo maneggiato con cura. Se ci pensate, c’è
qualche somiglianza con la parola “chimica”.
Diversi chimici si preoccupano,
giustamente, del fatto che la chimica non goda di buona fama, anzi che faccia
un po’ di paura a molte persone. Il dizionario delle fobie include, ormai,
anche il termine chemofobia
e molti s’impegnano per curarla. Anche gli autori di questo libro vorrebbero
contribuire a rovesciare l’odierna immagine dell’atomo, dovuta a una
combinazione di numerosi fattori. Tra questi, una visione del mondo diversa da
quella che prevaleva all’inizio del Novecento e che assegnava al progresso
tecnologico un ruolo cruciale nella crescita del benessere economico. A
seguire, i gravi incidenti, le guerre e i disastri che hanno ucciso tanti
esseri umani e devastato vaste aree ambientali. Per finire, la
“mediatizzazione” delle catastrofi e il timore di non dominare più lo sviluppo e
le sue conseguenze. Martin e Viola osservano che, come succede in altri
settori, “i dati oggettivi contano poco”. Secondo loro “il nucleare da fissione
è oggi una delle fonti energetiche più sicure e i punti interrogativi sulla sua
sostenibilità non vengono tanto dagli incidenti quanto dal problema delle
scorie”.
I primi due capitoli del libro sono di carattere storico. Si parte dall’atomismo degli antichi Greci, poi si passa all’atomismo medioevale , agli alchimisti e al Settecento per finire, con il primo capitolo, all’inizio del Novecento. Nel successivo, attraverso Bohr e Rutherford si sbuca nella meccanica quantistica ossia nella “fine della certezza”. Il terzo capitolo si occupa delle radiazioni elettromagnetiche. Seguono tre capitoli applicativi: energia, fissione e fusione, medicina, archeologia ecc..
Inevitabilmente, con tanti argomenti da trattare, qualche distrazione era inevitabile ma bisognerebbe correggere l’affermazione, riferita all’effetto fotoelettrico, che “affinché ci sia emissione di elettroni, occorre che la luce sia ultravioletta” (p. 36). E’ evidentemente una svista, dato che l’inserto n.9, cui ci si riferisce successivamente, mostra che, relativamente al potassio, anche la radiazione verde (500 nm) possiede energia sufficiente ad estrarre l’elettrone.
Tornando all’ultimo capitolo, incuriosisce il paragrafo “L’atomo nella letteratura e nei fumetti: dai supereroi a Topolino”. Trascurando per questa volta i fumetti, vale la pena ricordare (e magari rileggere) i numerosi autori che si sono interessati all’atomo. Qualche nome: Goethe, Levi, Svevo, Pascoli, Calvino e il citato Neruda.
In conclusione, pare a chi scrive che gli autori abbiano positivamente superato quelle “difficoltà aggiuntive” legate alla comunicazione di concetti scientifici inerenti l’atomo, le particelle sub-atomiche e le loro proprietà, cui accennano nell’ultimo capitolo. Tutto ciò, forse, si deve alla collaborazione fra uno scienziato e una giornalista, due competenze entrambe necessarie nel campo della divulgazione.