Credit: Università di Pavia/Flickr. Licenza: CC BY 2.0.
La valutazione del lavoro dei ricercatori dipende da alcuni parametri fra cui quello storico dell'Impact Factor, sempre più frequentemente sostituito dall'Indice H (1). Ma è lecito confrontare l'indice H dei ricercatori che lavorano in discipline diverse? La risposta è no, sebbene questa pratica sia ampiamente applicata a diversi livelli di valutazione per selezionare i ricercatori più produttivi, con il risultato di ridurre i finanziamenti, gli spazi nei laboratori e l’accesso alle strutture a singoli o gruppi di ricercatori con un numero limitato di citazioni/anno. Sfortunatamente queste aree svantaggiate spesso coincidono con quelle che applicano approcci “wet bench” (lavoro al banco) che sono per lo più legati alla biologia funzionale.
Una ricerca trascurata
Paradossalmente, queste aree di ricerca sono quelle che richiedono grandi investimenti in strutture, tecnici e personale di ricerca, e anche più tempo per produrre dati utili a un loro eventuale trasferimento in nuove tecnologie. In Italia, la cosiddetta ricerca di base, che si sovrappone nella maggior parte dei casi alla ricerca “bagnata al banco”, è stata del tutto trascurata negli ultimi due decenni. Solo di recente, una quantità consistente di denaro (391 milioni di €) è stata destinata ai progetti PRIN2017 triennali anche se solo una minima parte attribuita alla ricerca biologica. Questo finanziamento resta al momento una tantum e non è noto se il governo italiano in futuro punterà a investire fondi sulla ricerca di base.
La situazione italiana è ulteriormente aggravata dalla recente applicazione della legge anti-corruzione (ANAC) che incide pesantemente sulle procedure amministrative delle istituzioni pubbliche come le Università e in particolare di quei laboratori che svolgono attività di “wet bench”: la quantità di “scartoffie” da compilare è tale che occorrono settimane e persino mesi per ottenere un reagente o un’apparecchiatura.
Serve un modo nuovo di valutare
Come possono pertanto i ricercatori delle discipline biologiche mantenere o migliorare i loro standard di ricerca, cioè i loro H-index, al fine di essere assunti, promossi o premiati? Come ho avuto modo di scrivere recentmente anche su Nature (2), la maggior parte di essi ha abbandonato la “ricerca al banco” per passare rapidamente alla ricerca in silico che si è rivelata più produttiva nella generazione di dati, meno costosa in termini di attrezzature di laboratorio e vantaggiosa per la quasi assenza di procedure e norme che disciplinano la sicurezza nei laboratori.
Per evitare che la “ricerca biologica al banco” in Italia scompaia è necessaria un'inversione nella politica degli investimenti per la ricerca di base e un cambio dei criteri di valutazione dei ricercatori, ovvero: aggiungendo ai criteri in uso il peso della proprietà intellettuale di un lavoro scientifico, il suo reale impatto all'interno di una specifica comunità scientifica e soprattutto l’output derivante dall’innovatività delle metodologie utilizzate.