fbpx Ci sarà una nuova rivoluzione russa? | Scienza in rete

Ci sarà una nuova rivoluzione russa?

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Il 2013 sarà ancora un anno difficilissimo per tutto il mondo della ricerca. La crisi economica senza soluzione di continuità costringerà purtroppo molti governi a rivedere i budget destinati alla scienza, apportando drastiche modifiche. Questi enormi tagli riguarderanno anche le migliaia di docenti e studenti universitari russi, ma alcuni di loro sono ottimisti perché, nonostante le difficoltà, in Russia sta per iniziare la più grande revisione del sistema universitario che ci sia mai stata sotto il Cremlino. Questa riforma secondo alcuni potrà contribuire a fare un salto di qualità, cercando di lanciare il Paese, in maniera competitiva, nel mondo dell’innovazione. Dopo la fine dell'Unione Sovietica, la domanda di istruzione è cresciuta a dismisura, il numero di università pubbliche e private è raddoppiato arrivando a circa 1.100. Ma, invece di migliorare, la ricerca prodotta in Russia è andata sempre peggio: i dati indicano infatti che più del 50% delle istituzioni russe non sono all'altezza degli standard internazionali. E’ evidente che la scienza russa non ha ancora recuperato dal collasso degli anni ’90 e il conseguente esodo di migliaia di ricercatori in Occidente. La leadership tecnologica, una questione di orgoglio nazionale durante i giorni di gloria sovietico, è diventata un lontano e sbiadito ricordo nella Russia moderna, la cui produzione scientifica risulta in ritardo rispetto a quella di Cina, India e Corea del Sud. Secondo l'analisi del 2010 della Thomson Reuters, il numero di pubblicazioni russe risultano dietro all’India, l'Australia e il Canada. Un ricercatore russo ha pubblicato in media 1,4 articoli in un intero quinquennio. Anche il numero di citazioni medie ricevute da un articolo di uno scienziato russo risultano decisamente minori rispetto a quello dei colleghi cinesi, tedeschi o francesi. Per poter risalire la china le autorità russe hanno pensato di rivoluzionare il sistema. La prima mossa è stata quella di mettere fine al sostegno di centinaia di università e istituzioni che sono sotto gli standard internazionali, focalizzando le risorse economiche solo sulle università d’élite.
Per identificare le università deboli, il Ministero della Scienza e Istruzione ha commissionato una revisione di quasi 600 istituti pubblici. I dati, trapelati nei mesi scorsi, mostrano un quadro deprimente. Più di 100 università sono carenti, sulla base di criteri come la qualità degli studenti, la produttività della ricerca e la qualità dell’insegnamento.

Venti istituti, tra cui l'Università Statale di Mosca e il Moscow State Evening Metallurgical Institute, hanno una situazione così lontana dagli standard occidentale, che i revisori hanno consigliato la chiusura o l’accorpamento. Il ministero ha già chiesto a queste istituzioni, proprio per evitare decisione drastiche, di presentare dei piani di sviluppo che possano migliorare le loro prestazioni. Il governo russo prevede inoltre di effettuare una verifica nel 2013 per il rendimento scolastico delle università private. Il sistema deve diventare più trasparente e aperto a una concorrenza effettiva. Favoritismi e corruzione pervadono il mondo accademico con gli studenti che pagano gli insegnanti in cambio del superamento degli esami. Bisogna quindi favorire innanzitutto i giovani talenti, creando intorno a loro un ambiente adatto a sviluppare le proprie abilità. "I giovani scienziati qui non hanno alcuna possibilità di avere rapporti con i colleghi provenienti da Nord America, Europa o Asia," spiega Leo Borkin, un erpetologo presso prestigioso Istituto Zoologico dell'Accademia di San Pietroburgo. "Penso che questa revisione possa essere utile, ma la Russia ha bisogno di laureati addestrati meglio e di una ricerca maggiormente competitiva", dice Leonid Gokhberg, capo dell’Istituto per gli studi statistici ed economici della conoscenza. Oltre ai tagli quindi c’è la necessità di aumentare i fondi destinati alla ricerca scientifica. Dopo la sua scontata rielezione il presidente Vladimir Putin ha promesso di aumentare questi finanziamenti all'università gradualmente nei prossimi dieci anni. I finanziamenti passeranno dai 15 miliardi di rubli (500 milioni di dollari) l'anno a 25 miliardi di rubli entro il 2018. La perla della rinascita dovrà essere il futuro Istituto di Scienza e Tecnologia Skolkovo. La nuova struttura universitaria sarà finanziata in parte dallo Stato, ma il resto dovrà guadagnarlo da sola eseguendo le commesse di grandi corporazioni nell’ambito di varie ricerche scientifiche. Scelta singolare, ripensando ai tempi della cortina di ferro, ma molto significativa oggi, è la decisione di affidare la guida dell’istituto a Ed Crowly dell’Università del Massachusetts. “Non sarà un semplice istituto superiore, ma un istituto scientifico innovativo”, spiega lo stesso Crowly.

Lo scopo della Silicon Valley russa non sarà ”distruggere l’industria delle materie prime, ma di promuovere idee nuove e innovative che altri Paesi non hanno”, spiega Konstantin Simonov, direttore del Fondo nazionale per la sicurezza energetica. Le aziende che opereranno all’interno del Centro di ricerca e innovazione di Skolkovo godranno di agevolazioni fiscali mai viste prima nella Russia moderna. Putin ha annunciato anche un programma di sovvenzione per un valore complessivo di 12 miliardi di rubli, che servirà per attrarre gli scienziati di alto profilo all'interno del paese e all'estero a lavorare in università russe. Il progetto Megagrant, nato da un'idea del Ministero russo della Pubblica Istruzione per rivitalizzare la scienza russa, in collaborazione con università russe, laboratori e centri di ricerca, erogherà ai partecipanti borse di studio fino a 150 milioni di rubli (5 milioni di dollari) per condurre personalmente un laboratorio di ricerca in Russia per un periodo non inferiore a quattro mesi all'anno per due anni.

Ma i molti critici dicono che l'obiettivo di rinascita di Putin è fuori portata, dato che la Russia è attualmente lontanissima dai vertici delle classifiche universitarie. In questo slancio d’ottimismo preoccupa inoltre ancora la burocrazia soffocante e la giungla sconcertante di norme e restrizioni con cui molti scienziati russi e i loro collaboratori stranieri devono convivere. Le restrizioni ai viaggi e la sicurezza a cui alcuni fisici russi sono sottoposti, ostacolano l’iniziativa. Se la scienza deve avere un ruolo decisivo nel plasmare il futuro della Russia, Putin in primis deve affrontare questi problemi con la maggior determinazione possibile.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Ultrasuoni focalizzati a bassa intensità: un nuovo studio per la ricerca neurologica

Gli ultrasuoni focalizzati a bassa intensità (LIFU) sono una promettente tecnologia che potrebbe consentire di superare la barriera emato-encefalica e migliorare il trattamento di malattie neurologiche. Un nuovo lavoro indaga cosa avvenga nel cervello a seguito del trattamento, per analizzare la ripresa della barriera emato-encefalica dopo l’apertura indotta.

Le malattie neurologiche, come l'Alzheimer, il Parkinson e vari tumori cerebrali, sono tra le condizioni più invalidanti a livello globale. Nonostante i progressi della ricerca, i trattamenti efficaci restano ancora limitati: le ragioni sono varie e vanno dalla complessità del cervello alle difficoltà di una diagnosi precoce. Tra gli elementi che rendono difficile il trattamento delle malattie che interessano il cervello vi sono le difese naturali di quest’organo, in particolare la barriera emato-encefalica.