In queste settimane si stanno definendo le nomine degli organismi dirigenti degli enti di ricerca nazionali vigilati dal MIUR. Il caso più controverso è quello del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Si tratta di una situazione paradossale in cui nello statuto “autonomo”, in vigore dal 1 maggio 2011, non si è riusciti a giungere ad una reale decisione su quali rappresentanze dovessero migrare dall’antico CdA al nuovo.
Anche perché i posti si sono ridotti da 8 a 5 e, considerando che la maggioranza doveva restare nelle mani del MIUR (3 membri), rimanevano solo 2 caselle da assegnare. Si è quindi deciso che su quei 2 posti potessero “concorrere” tutte le rappresentanze precedentemente coinvolte (Confindustria, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, Conferenza Stato-Regioni, Union Camere) e in aggiunta -immaginando di assolvere allo scopo primario di autonomia per la comunità di riferimento- un membro espresso dai ricercatori del CNR.
Il “concorso” troverebbe soluzione nelle mani del Ministro (riconducendo alla politica anche la selezione di queste cariche) che avrebbe così la facoltà di individuare e nominare i 2 membri nella rosa delle 5 persone designate. Mentre per ciascuna delle categorie esterne al CNR esistono organismi che sono in grado di esprimere direttamente i nomi da indicare, per il membro espresso dal CNR si dovrebbe procedere ad una vera e propria elezione.
Tralasciamo le complicate problematiche legate all’individuazione dell’elettorato attivo e passivo e della complessa valutazione sull’equilibrio tra criteri che soddisfino al tempo stesso la capacità di rappresentanza e la competenza per il delicato svolgimento della funzione. Ci interessa invece riflettere con attenzione su quale partecipazione si sta predisponendo per la comunità CNR.
Siamo infatti di fronte a una situazione in cui all’intero corpo dei ricercatori di un Ente viene chiesto di sviluppare un articolato processo di coinvolgimento in un’elezione il cui risultato è niente affatto chiaro. In pratica ci si avvierebbe ad una concorrenza di candidature, ad una loro presentazione e fase di sostegno, alla selezione di quelle sostenute oltre una certa soglia e infine all’elezione finale, senza la certezza che questo complicato percorso abbia un esito positivo.
Credo sia un caso rarissimo d’attivazione di una procedura elettiva che non porti automaticamente a definire la nomina di un eletto: il Ministro infatti potrebbe scegliere (è nelle sue piene facoltà, per come designato dallo statuto “autonomo” del CNR) 2 qualunque di quei 5 nomi (e tutti conosciamo il peso politico di Confindustria, CRUI, Conferenza Stato-Regioni e persino Union Camere).
La cosa è poi ancora più clamorosa se, guardando al regolamento elettorale definito, si nota che dopo l’elezione, al Ministro verrà inviato non il nome del vincitore o dei primi classificati (i più votati), ma l’intera lista dei partecipanti alla seconda fase (quelli che hanno ottenuto oltre 50 sostenitori). E poiché non è scritto né nello statuto, né nel regolamento che l’indicazione sia obbligata, il Ministro avrà massima libertà di scelta anche in questo senso (avrebbe cioè l’opportunità di nominare, se solo lo volesse, anche il candidato meno votato della lista).
Si potrà sostenere che un politico accorto si sentirà obbligato a scegliere un membro della comunità CNR e tra questi, se ha sensibilità democratica sufficiente, il più votato. Ma la riflessione che va avviata, e su cui non solo la comunità CNR dovrebbe interrogarsi, riguarda il rispetto di alcuni principi che rischiano di essere messi fortemente in crisi dalle procedure sopra descritte.
E’ vero che gli statuti hanno fortemente ridimensionato le aspettative dei ricercatori e le stesse volontà di chi aveva pensato il progetto iniziale della legge; ed è ormai chiaro che, come abbiamo scritto in passato, definire autonomia statutaria il modello cui si è approdati con gli statuti varati nei mesi scorsi rappresenta un clamoroso paradosso e un affronto all’articolo 33 della Costituzione Repubblicana. Ricordiamo come lo stesso Presidente Napolitano scrisse una lettera al Ministro per sollecitare una reale partecipazione della comunità interna negli organismi di governo.
Ma dobbiamo chiederci se sia responsabile sottovalutare fino a questo punto il coinvolgimento di questa comunità. Se sia da considerare tanto superfluo il contributo degli scienziati CNR alla guida dell’Ente. Non sarebbe fondamentale rilanciare un processo partecipativo di questa comunità per renderla più efficace nella sua azione, più determinata e responsabile, come richiesto a chi si trova in uno dei settore strategici per lo sviluppo del Paese?
In queste ore si sta aprendo un dibattito all’interno di questa comunità: è giusto partecipare, votare, tentare di eleggere un nostro rappresentante, seppure senza alcuna garanzia che venga scelto (o magari ne venga scelto uno con valore di rappresentanza “inferiore” ad altri), ma comunque sperare di contribuire (confidando in una supposta sensibilità del Ministro)?
Oppure bisogna rifiutare questa modalità tanto poco rispettosa delle prerogative degli scienziati del CNR; evitare ulteriori frustrazioni e ribaltare il tavolo elettorale rinunciando esplicitamente ad una messa in scena che rischia di mettere in discussione non solo l’autonomia degli scienziati ma anche la loro dignità?
I ricercatori del CNR decideranno nei prossimi giorni. Servirebbe un atto di rispetto per questi scienziati. Il Ministro potrebbe dichiarare fin da subito che uno dei due designati nel CdA dalla rosa delle 5 categorie sarà comunque il rappresentante CNR più votato. Avrebbe il valore simbolico, non del principio di autonomia (evidentemente evaso dal decreto delegato e quindi dallo statuto) ma almeno del principio di rappresentanza.
Altrimenti il rischio più evidente sarà che la politica riprenda il sopravvento, con le ricadute cui abbiamo assistito anche di recente con il caso De Mattei, e stravolga il ruolo e l’immagine del principale ente di ricerca nazionale.