L’accordo di Parigi alla
Cop21 è stato accolto nei modi più svariati. Si va da stroncature
preventive (un inutile rituale [1]), a un nugolo di
commenti negativi sul web (inutile e
assurdo [2]), alla sottolineatura delle tante
ombre [3], alle sue due facce
[4], fino a giudizi sostanzialmente positivi: un segno di speranza [5], motivo
di soddisfazione [6], un inizio
importante [7].
Penso che, al di là della poca concretezza degli impegni
presi, si debba essere molto soddisfatti per il fondamentale contributo che la
Cop21 ha dato alla maturazione di un nuovo “clima” culturale. E’ cambiato il vento e di questo,
soprattutto, c’era bisogno.
L’Antropocene [8,9], l’era dell’uomo, è a una
svolta storica: dopo aver segnato l’ingresso nella storia dei combustibili
fossili, sta accettando anche la necessità di un loro inevitabile declino.
Per accelerare e portare a
compimento la transizione dall’era dei combustibili fossili a quella delle
energie rinnovabili è necessaria un’azione convergente dei quattro attori
principali della civiltà umana: la scienza, l’etica, l’economia e la politica.
Oggi, dopo la Cop21, importanti indizi indicano che questa azione convergente è
in atto.
La Scienza
E’ noto che la grande maggioranza degli
scienziati è d’accordo sul fatto che l’aumento della temperatura del pianeta e
i conseguenti cambiamenti climatici sono causati, essenzialmente, dall’attività
umana e, più precisamente, dall’uso dei combustibili fossili. La conferenza di
Parigi, alla quale hanno partecipato praticamente tutte le nazioni del mondo, ha ribadito con forza questo concetto. E’ noto anche che
la combustione di carbone, petrolio e gas produce, oltre alla anidride
carbonica (gas serra), anche molte sostanze pericolose per la salute:
idrocarburi, ossidi di azoto e di zolfo, ozono e il pericolosissimo particolato
fine. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente [10], l’inquinamento da
combustibili fossili ha causato, nel 2012, 491 mila morti premature in
Europa, 84.400 delle quali in Italia. Le
energie rinnovabili - eolico, fotovoltaico e idroelettrico - non generano
sostanze inquinanti.
Alla fine di un negoziato
lungo ma ben preparato e ben condotto, alla Cop21 si è giunti ad un accordo, firmato da 189 nazioni, per
accelerare la già iniziata transizione energetica dall’uso dei combustibili
fossili a quello delle energie rinnovabili. I principali punti dell’accordo
sono i seguenti [11]:
- il cambiamento climatico rappresenta un rischio urgente e potenzialmente irreversibile per la società umana e per il pianeta e quindi richiede il più alto grado di cooperazione di tutti i Paesi;
- è assolutamente necessario mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 2 °C rispetto al livello pre-industriale e proseguire gli sforzi per mantenere l’aumento entro 1,5 °C;
- è necessario ridurre fortemente fin da ora le emissioni su scala globale per raggiungere l’obiettivo finale fissato dalla Conferenza;
- il cambiamento climatico è un problema che riguarda tutta l’umanità; nell’affrontarlo, i vari paesi devono considerare, rispettare e promuovere i diritti umani, il diritto alla salute, i diritti delle popolazioni indigene, delle comunità locali, dei migranti, dei bambini, dei disabili, delle persone in difficoltà, nonché il diritto allo sviluppo, alle pari opportunità e alla equità intergenerazionale;
- è urgente che le nazioni sviluppate mettano a disposizione risorse finanziarie e tecnologiche per permettere ai paesi in via di sviluppo di incominciare a ridurre le loro emissioni prima del 2020;
- bisogna promuovere una rapida crescita delle energie rinnovabili in tutti i paesi in via di sviluppo e, particolarmente, in Africa
In Italia, la conferenza
ha fornito l’occasione per mettere in luce la partecipazione di moltissimi
cittadini alla battaglia per la transizione energetica, ma anche lo scarso
impegno di alcune società scientifiche (ad esempio la Società Chimica Italiana,
SCI) e l’incerto comportamento di altre (ad esempio, la Società Italiana di
Fisica, SIF [12]). Queste società sono ora chiamate a chiarire se intendono
unirsi a tutti coloro (gruppi scientifici, singoli scienziati, governi
regionali, sindaci, movimenti politici, coalizione per il clima, associazioni
ambientalistiche, comitati, centri culturali e comuni cittadini) che da molti
mesi chiedono al Governo di mettere in atto una nuova [13] Strategia
Energetica Nazionale, per favorire la transizione come è richiesto anche
dall’accordo di Parigi. Alcuni
scienziati, purtroppo, rifiutano di prendere posizione rifugiandosi dietro a
“io non sono un esperto nel campo del clima”. Chi opera nella ricerca
scientifica, però, a causa della grande rilevanza sociale del suo lavoro, non
può accontentarsi di essere bravo in un ristretto campo di studio, non può
rimanere chiuso nel suo laboratorio affascinato dalla bellezza delle sue
ricerche. Lo scienziato deve assumersi le responsabilità che gli derivano dalla
posizione di rispetto di cui gode nella società [14,15].
Per tutti, ma in
particolare per gli scienziati, vale ciò
che ha scritto Hans Jonas [16]: “È lo smisurato potere che ci siamo dati, su
noi stessi e sull’ambiente, sono le immani dimensioni causali di questo potere
ad imporci di sapere che cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione
vogliamo inoltrarci” . Gli scienziati hanno la responsabilità di stabilire le
linee guida per il progresso dell’umanità [15]. Devono, quindi, prendere parte
attiva nella società per informare i cittadini su benefici e rischi delle
scelte che abbiamo di fronte e favorire, con consigli autorevoli, la nascita di
una politica che sappia guardare lontano: lontano nel mondo, cioè al bene di
tutti i popoli della Terra, e lontano anche nel tempo, cioè al bene delle
prossime generazioni [14].
L’Etica
La Conferenza di Parigi ha
dato maggiore visibilità al forte richiamo etico contenuto nell’enciclica Laudato sì di papa Francesco [17], nella
quale viene presentato con linguaggio semplice e chiaro un quadro realistico
della situazione di degrado in cui si trova il pianeta: “Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con
disprezzo e ironia. …. Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione
dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo
stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in
catastrofi. …. L’ambiente è uno di quei
beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere. … I Paesi che
hanno tratto beneficio da un alto livello di industrializzazione, con un enorme
emissione di gas serra, hanno maggiore responsabilità di contribuire alla
soluzione dei problemi che hanno causato.
Ciò che sta accadendo, scrive ancora il Papa, ci pone di fronte all’urgenza di procedere
in una coraggiosa rivoluzione culturale. Poi continua: è necessario concepire il pianeta come patria e l’umanità
come popolo che abita una casa comune. … Per affrontare i problemi di fondo,
che non possono essere risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile
un consenso mondiale che porti, ad esempio a sviluppare forme rinnovabili e
poco inquinanti di energia”.
Nella conferenza di Parigi si è di fatto
manifestato l’auspicato consenso mondiale riguardo la necessità di accelerare
la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili per contenere
l’aumento di temperatura del pianeta ed mitigare i conseguenti cambiamenti
climatici. E’ un primo atto della rivoluzione culturale di cui parla il Papa.
Il secondo dovrà essere la riduzione delle disuguaglianze e delle inequità: “Ci dovrebbero indignare le enormi
disuguaglianze che esistono tra di noi. … Non ci accorgiamo più che alcuni si
trascinano in una miseria degradante, mentre altri non sanno nemmeno che
farsene di ciò che possiedono. … L’inequità non colpisce solo gli individui, ma
Paesi interi: c’è infatti un vero “debito ecologico” tra il Nord e il Sud del
mondo”.
La rivoluzione culturale deve consistere
quindi nell’abbandonare il modello di sviluppo che ha portato alla civiltà dell’usa e getta. Bisogna essere
consapevoli che le risorse del pianeta sono limitate così come lo è la sua
capacità di accogliere e smaltire i rifiuti. Bisogna anche rendersi conto che i
prodotti
della tecnica non sono neutri, perché finiscono per condizionare gli stili di
vita. Nei paesi sviluppati “il mercato tende a creare un meccanismo
consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti; le persone finiscono con
l’essere travolte da un vortice di acquisti e spese superflue. Allo stesso tempo,
il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo
particolare i più deboli del pianeta, miliardi di persone che sono ormai
considerate un “danno collaterale”
dell’attuale modello di sviluppo. Quindi, nota il Papa, “non ci sono due crisi separate, una ambientale e
un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” che va affrontata in
modo integrale: prendendosi cura del pianeta, la nostra casa comune, ma anche
combattendo la povertà e restituendo la dignità agli esclusi.
L’accordo di Parigi, che molto lodevolmente in un suo
punto parla di diritti di tutti gli uomini e di equità, potrà salvarci dai
cambiamenti climatici e dall’inquinamento, ma evidentemente rimane molto da
fare sul piano umano e sociale. Anche sulla necessità/possibilità di ridurre le
disuguaglianze non è che manchino le idee [18, 19], manca il coraggio della
politica, frenata dagli interessi del capitalismo, di metterle in atto.
L’Economia
Le aspettative create dalla conferenza
di Parigi e l’accordo che poi è stato raggiunto stanno causando importanti
cambiamenti nel sistema economico mondiale per quanto concerne l’energia.
Facciamo una breve rassegna dei punti più significativi.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI)
[20] ha pubblicato un importante rapporto nel quale sottolinea che i prezzi
dell’energia e dei suoi derivati devono essere collegati ai costi reali
comprendenti gli effetti sull’ambiente, sul clima e sulla salute e chiede ai
governi di adottare politiche fiscali conseguenti, al fine di facilitare la transizione
dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. I danni a salute, ambiente e
clima, scaricati
sulla collettività dai combustibili fossili, ammontano a 5.300 miliardi di
dollari all’anno, una cifra 40 volte maggiore dei sussidi dati alle energie
rinnovabili. Le agenzie di rating (ad es., Standard & Poor’s [21]) mettono in guardia contro i rischi finanziari legati ai cambiamenti
climatici e sostengono che limitare le emissioni è conveniente anche dal punto
di vista dei profitti industriali.
L’Edison
Electric Institute, associazione delle compagnie elettriche americane, ha
dichiarato di essere interessato ad una decarbonizzazione più spinta di quella
prevista dai piani di Obama [22].
La Deutsche Bank [23] ha
certificato che, a dispetto del forte calo nel prezzo del petrolio,
l’elettricità da energia solare diventa sempre più competitiva. Una analisi UBS prevede che Solar
Will Become the Default Technology of the Future [24].
Già oggi in
molti paesi l’energia solare non ha più bisogno di sussidi. Il suo sviluppo
abbassa le emissioni di CO2 e rende le nazioni sempre più
indipendenti dalle fonti energetiche tradizionali che devono essere importate
da altri paesi. Investimenti in sistemi di accumulo e reti intelligenti
consacrerà il successo delle energie rinnovabili.
L’agenzia finanziaria Bernstein Research [25] ha
evidenziato che le rinnovabili sono tecnologie e nel settore della tecnologia i
costi scendono sempre, mentre i combustibili fossili vengono estratti e nelle
industrie estrattive i costi quasi sempre salgono. Sei importanti banche americane, Bank of America, Citibank, JPMorgan, Chase,
Morgan Stanley e Wells Fargo [26],
hanno dichiarato la loro ferma intenzione di finanziare progetti per lo
sviluppo delle energie rinnovabili con l’obiettivo di creare un’economia forte
e prosperosa per le future generazioni.
Sulla
rivista Fortune è comparso un
articolo che si chiede: “Can the Fossil Fuel Industry Survive a Climate Change
Agreement?” [27].
Nell’Energy outlook 2015 [28], l’agenzia Bloomberg stima
che entro il 2040 il 56% delle sorgenti energetiche primarie su scala mondiale
sarà composto da fonti a emissioni zero; più recentemente ha messo in risalto
che l’estensione per cinque
anni delle agevolazioni fiscali per nuovi impianti fotovoltaici ed eolici
approvato dal Congresso negli USA porterà ad uno sviluppo senza precedenti
nella produzione di energia rinnovabili, creando in 5 anni 20 GW
di fotovoltaico e 19 GW di eolico [29].
Non mancano iniziative private per
favorire la transizione energetica. C40
Cities Finance Facility, che comprende la Inter-American Development Bank
(IADB), ha deciso di impegnare 1 miliardo di dollari a favore di infrastrutture
sostenibili in città a basso o medio reddito [30]. A Parigi, Bill Gates ha annunciato due iniziative
multimiliardarie per accelerare la transizione energetica [31]: Mission Innovation, un impegno firmato
da più di dieci nazioni per aumentare i fondi per la ricerca sulle energie
rinnovabili, e Breakthrough Energy
Coalition la formazione di un gruppo di investitori privati su scala
mondiale che aiuteranno industrie a sviluppare idee innovative sempre nel campo
delle energie rinnovabili.
Dopo il richiamo di Thomas Piketty
e Tim Jackson ad una finanza
etica [32], ma anche perché i risultati
delle borse indicano che l’indice carbon
free rende il 60% in più dell’indice globale [33], alla vigilia della
conferenza di Parigi, la più grande compagnia assicurativa del mondo, Allianz, ha annunciato che abbandonerà
gli investimenti nel settore del carbone e aumenterà quelli nel settore delle
fonti rinnovabili [34]. Numerosi altri importanti istituti del mondo della
finanza come HSBC, Goldman Sachs e Standard and Poor's e, cosa ancor più importante, anche grandi
investitori istituzionali come il Fondo
Sovrano Norvegese e il Rockefeller
Brothers Fund stanno
disinvestendo dai combustibili fossili [32]. Hans Schellnhuber, uno dei climatologi più eminenti, consigliere di
papa Francesco per l’enciclica Laudato
si’, a Parigi ha paragonato il
movimento di disinvestimento dai combustibili fossili a quello del
diciannovesimo secolo per l’abolizione della schiavitù [35]. E’ un concetto che
sta riscuotendo grande successo, tanto che è stato ripreso, con rabbia, dal
segretario generale della lobby del carbone Euracoal, che conta 34 membri di 20
paesi, in un preoccupato messaggio ai suoi associati: “Dopo Cop21, saremo odiati e denigrati come lo furono i commercianti di
schiavi” [36] .
Molto
interessanti sono anche altre notizie economiche. Secondo l’ultimo
report della International Energy Agency [37], i combustibili fossili nel 2013
hanno ricevuto sussidi, diretti o indiretti, per 550 miliardi di dollari, più
di quattro volte quelli elargiti alle energie rinnovabili; includendo i già
citati danni a salute, ambiente e clima [38], il rapporto passa da 1 : 4 a 1 :
40.
In Italia Enel, che cinque anni fa voleva guidare il ritorno al nucleare e che negli ultimi dieci anni ha
continuato ad usare centrali a carbone e a fare piani per il loro sviluppo, ora
punta decisamente sulle energie rinnovabili [39]. Il suo amministratore
delegato Starace ha detto in una intervista che c’é “una grande marea che spinge nella direzione delle energie rinnovabili:
è l’evoluzione della tecnologia; sarebbe folle pensare di andare contro
corrente”. Altre grandi compagnie energetiche come E.ON e Vattenfall hanno già scelto di andare nelle
stessa direzione di Enel e Starace prevede che entro un anno tutte le compagnie
elettriche faranno altrettanto.
Da Parigi, dunque, è
arrivato un forte segnale per tutti: l’era dei combustibili fossili si sta
chiudendo. Si è avuta la riprova quando, all’annuncio dell’accordo, il valore
delle azioni della Exxon è diminuito bruscamente. Scienza, etica ed economia indicano concordemente che i combustibili
fossili sono ormai dalla parte sbagliata del bivio che la storia ci ha messo di
fronte. La via giusta è indubbiamente quella del risparmio energetico e delle
energie rinnovabili [40].
La Politica
Anche dalla politica
giungono segnali importanti. Anzitutto l’accordo
raggiunto a Parigi nella Cop21 [11], al quale hanno aderito 187 nazioni. Si è trattato di un
avvenimento politico molto importante: il segretario delle Nazioni Unite
Ban-Ki-Moon l’ha definito l'impresa
diplomatica forse più difficile della storia. I paesi democratici hanno mandato alla conferenza le
loro più alte cariche elettive e i Paesi non democratici hanno fatto lo stesso
mandando delegazioni di alto livello. Nessun altro consesso avrebbe potuto
avere una legittimazione maggiore. La conferenza ha segnato la fine di
deleterie contrapposizioni, come quella fra nazioni sviluppate e nazioni in via
di sviluppo. Più in generale, rispetto a Copenhagen c’è stato il
passaggio da una situazione in cui ciascuno diceva che altri dovevano farsi
carico del problema, ad una in cui ciascuno si è reso conto che il problema è
possibile risolverlo solo se tutti si impegnano. Dalla Cop21 in poi, “business
as usual”, il modello che ha sempre guidato le previsioni dell’industria e
dell’economia, dovrà essere accantonato.
Gli
interventi diretti dei più importanti capi di stato,
compresi quelli delle due nazioni ritenute più “colpevoli” per il cambiamento
climatico, Obama e Xi Jinping, sono
stati molto concilianti e hanno favorito il raggiungimento dell’accordo. Va
sottolineato che le posizioni di USA e Cina sono radicalmente mutate rispetto
alla conferenza di Copenhagen.
In particolare, si è
visto un cambiamento sostanziale della posizione cinese: qualcuno,
ironicamente, lo ha collegato al fatto che a Pechino lo smog impedisce,
letteralmente, di “vedere”. Gli stati aderenti all’accordo
hanno dichiarato i propri obiettivi, hanno preso l’impegno di agire
pianificando e implementando strumenti di mitigazione a livello nazionale e
hanno accettato di sottoporre i risultati a valutazioni ogni 5 anni. La
conferenza è stata anche un grande esempio di democrazia e di partecipazione
dal basso. Un ruolo importate è riconosciuto alle Regioni, ai Comuni, alle
forze politiche, alle associazioni, agli investitori, agli imprenditori, ai
cittadini. I loro propositi possono essere inclusi nel portale internet
dedicato [41], che già contiene più di 10.000 impegni da parte di oltre 2254
città, 150 regioni, 2000 imprese, 425 investitori, 235 organizzazioni della
società civile.
Fra le iniziative collaterali più
importanti [42], sono da segnalare quelle già menzionate di Bill Gates e la proposta di India e Francia di costituire una International
Solar Energy Alliance, che finora comprende circa 120 paesi, per sviluppare l’uso della energia solare [42],
E’
presto per dire se, nei vari paesi, agli impegni presi a Parigi seguiranno i
fatti. E’ indubbio, però, che ci sono notizie che fanno ben sperare. Negli USA, come già ricordato, le
agevolazioni fiscali alle energie rinnovabili sono state estese per 5 anni [29].
E’ stata annullata la già prevista costruzione dell’oleodotto Keystone XL di circa 3500 km, che avrebbe dovuto portare petrolio grezzo
dai giacimenti dell’Alberta (Canada) in raffinerie americane [43].
In Alaska,
la Shell ha sospeso le esplorazioni di petrolio a causa dei deludenti risultati
[44]. In Cina è in atto una rivoluzione verde [45]. Dal 2013 al 2014 la produzione di elettricità
termoelettrica è diminuita, mentre quella prodotta con acqua, vento e sole è aumentata
del 20%. Per il terzo anno consecutivo l’aumento di produzione di energia
elettrica eolica ha superato l’aumento di energia elettrica nucleare, che per
la prima volta è stata superata anche dall’energia elettrica solare. Ci sono
fondate speranze che l’Unione Europea riveda al rialzo gli obiettivi che si era
posti per il 2030.
Il presidente indiano Narendra Modi ha varato un piano per
aumentare la potenza da energia solare da 4 a 100 GW in 7 anni e, cosa molto
importante, ha promosso una alleanza a livello di governi e di industrie per per
lo sviluppo dell’energia nelle regioni tropicali [46]. Buone notizie vengono
anche dall’Africa. In Ruanda si è costruito, in meno di un anno, un impianto
fotovoltaico da 8,5 MW che genera energia per 15.000 case e ha creato 350 posti
di lavoro [47]. A Parigi il Marocco si è impegnato a diminuire le emissioni di
CO2 del 32% entro il 2030 e ha inaugurato nel deserto un grande
impianto solare termico, primo passo di un progetto che nel 2020 porterà questo
paese a produrre il 42% della elettricità da fonti rinnovabili a vantaggio di milioni di
persone [48]. Questi due esempi dimostrano che la possibilità di sfruttare
l’energia solare non trova ostacoli
tecnici o economici neppure nei paesi in via di sviluppo, a differenza
di quanto accade per gli investimenti nelle estrazioni delle fonti fossili
[49], mentre il nucleare è impantanato persino
nei paesi più avanzati [50]. Anche i paesi maggiori produttori di petrolio
incominciano a credere nell’energia pulita. Dubai ha lanciato un piano
strategico che ha lo scopo di fornire entro il 2050 il 75% dell’energia da
fonti rinnovabili [51].
Altre
notizie recenti fanno pensare che si possa accelerare la transizione dai
combustibili fossili alle energie rinnovabili. Studi dettagliati [52,53,54] dimostrano che è tecnicamente
possibile e anche economicamente conveniente sostituire completamente, entro il
2050 in tutti i paesi del mondo, i combustibili fossili con energia solare,
eolica, idroelettrica e geotermica e che tutta l’energia usata può essere
ottenuta dall’energia elettrica prodotta con le fonti rinnovabili.
Una ricerca del
UK Energy Research Centre [55]
dimostra che investimenti nelle energie rinnovabili generano
più posti di lavoro rispetto ad investimenti nell’industria petrolifera
e questo vale sia per l’occupazione a tempi brevi (fase di costruzione) che
lunghi. Di questo parere è anche la Confederation of British Industry [56].
Il segnale che è
venuto da Parigi per tutti i politici, sia a livello nazionale che locale, è
chiaro: abbandonare i combustibili fossili è possibile se si sviluppano le
energie rinnovabili. Ci sono però le lobby del carbone, del petrolio e del gas
che fanno di tutto per frenare la trasformazione energetica, e anche una grande
forza politica: il Partito Repubblicano americano [57].
In Italia, il fatto più importante è il già menzionato cambio di
strategia dell’Enel [39]. Per quanto riguarda il Governo, alle parole spese a
Parigi ha fatto seguito solo una parziale retromarcia sulle trivellazioni, per
le quali è stato ripristinato il limite di 12 miglia dalla costa [58]. Continua
invece l’azione di disturbo riguardo l’efficienza energetica e lo sviluppo
delle energie rinnovabili [59, 60]. Il parere degli scienziati [13] continua a
non essere preso in considerazione. Forse avranno più effetto le iniziative
messe in atto da alcune regioni, associazioni
ambientaliste e comitati locali contro le trivellazioni, con la minaccia
di ricorrere a referendum [61]. Molti politici locali, particolarmente i sindaci
[62], hanno capito, però, che il vento è cambiato e portano avanti lodevoli
iniziative riguardo la necessità di consumare di meno e sviluppare l’uso delle
energie rinnovabili. Prima o poi dovrà comprenderlo anche il Governo italiano.
Conclusione
Quanto sopra riportato dimostra che l’era dei combustibili fossili è al
tramonto e che ci sono molti motivi scientifici, etici ed economici per
sviluppare l’uso delle energie rinnovabili. Tutto fa pensare che, con la Cop21
di Parigi [11], e per merito dell’enciclica Laudato
si’ di papa Francesco [17], la crisi energetico-climatica sia giunta ad un
punto di svolta. La strada del cambiamento, però, è ancora irta di ostacoli.
Scesi dal palcoscenico della Cop21, dove sotto i riflettori dell’opinione
pubblica mondiale hanno fatto a gara nell’apparire uno più “ecologico”
dell’altro, i vari leader, tornati nei loro paesi, dovranno dimostrare con i
fatti le loro intenzioni di passare dall’uso dei combustibili fossili a quello
delle energie rinnovabili secondo gli impegni presi. In molti casi, non sarà un
compito facile. Nelle nazioni più sviluppate, incontreranno forti resistenze da
parte delle lobby legate ai combustibili fossili (si veda ad esempio la
politica del Partito Repubblicano negli USA, oppure dell’ENI in Italia). Nei
paesi emergenti, dovranno dimostrare che riducendo l’uso dei combustibili
fossili non verrà compromesso il tanto auspicato e appena iniziato sviluppo.
Nei paesi produttori di petrolio, chi è al potere dovrà destreggiarsi fra
tenere i prezzi bassi per vincere la competizione con gli altri paesi
produttori al fine di conservare i clienti più importanti, oppure tenerli alti
per non compromettere i megalomani piani di sviluppo formulati quando il prezzo
del petrolio era superiore a 100 dollari al barile.
Nei paesi democratici, la politica energetica
sarà condizionata anche dalle scadenze elettorali. I politici saranno fedeli
agli impegni presi a Parigi, o addirittura potranno superarli, solo se la gente e i mass media dimostreranno in modo molto evidente di
esigerlo. E’ importante, quindi, che ci sia una forte mobilitazione da basso.
Oltre che irta di ostacoli, la strada da
percorrere è ancora lunga. La crisi energetico-climatica è inestricabilmente
legata ad inequità e disuguaglianze, come sottolineato da papa Francesco nella
sua enciclica [17] e documentato da un recente rapporto Oxfam [63]. E’ una
crisi generata dai ricchi che però colpisce maggiormente i poveri. Il 50% delle
emissioni è attribuibile al 10% della popolazione più ricca. L’impronta di
carbonio del 10% più ricco è 60 volte quella del 10% più povero, quella dell’1%
più ricco è 175 volte quella del 10% più povero. Si può chiedere ai più ricchi
cambiare volontariamente il loro stile di vita, ma solo l’azione dei governi
può portare a cambiamenti reali nella direzione di minori inequità e
disuguaglianze su scala nazionale ed internazionale. L’auspicio, quindi, è
che sorgano presto leader politici
carismatici che, come papa Francesco, abbiano lo sguardo volto a tutto il
pianeta e anche alle future generazioni.
[1] http://www.leoniblog.it/2015/12/01/clima-a-parigi-il-solito-inutile-rituale/
[2] http://www.ilcambiamento.it/clima/Cop21_non_salva_il_clima.html
[3] https://ilblogdellasci.wordpress.com/2015/12/18/luci-e-ombre-su-parigi/
[4] S. Castellari, Unità, 22 dicembre 2015
[6] http://www.climalteranti.it/2015/12/16/la-sostanza-dellaccordo-di-parigi/
[7] http://www.qualenergia.it/articoli/20151215-accordo-Cop21-parigi-solo-inizio-ma-inizio-importante
[8] P. Crutzen, Nature, 415, 23, 2002
[9] V. Balzani, Sapere, agosto, 10-15, 2015
[10] http://www.eea.europa.eu/it
[11]
http://unfccc.int/resource/docs/2015/Cop21/eng/l09r01.pdf
[12] http://www.primapagina.sif.it/article/370/a-proposito-del-clima#.VnUFPSiQk3g
[13] www.energiaperlitalia.it/
[14] V. Balzani, La Chimica nella Scuola, 34(3), 33-39, 2012
[15] Ernst,
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[16] H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per
la civiltà tecnologica, Einaudi, 2002
[17] Francesco, Laudato
si’, Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Paoline editoriale
Libri, 2015
[18] T. Piketty, Disuguaglianze, Università Bocconi Editore, 2014; T. Piketty,
Il
capitale nel XXI secolo,
Bompiani, 2014
[19] A. B. Atkinson, Disuguaglianza. Che cosa si può fare,
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[20] http://www.qualenergia.it/articoli/20150519-nuova-stima-fondo-monetario-internazionale-alle-fossili-aiuti-pubblici-per-5300-miliardi-dollari-anno
[21] http://thefuturescentre.org/resources/report-climate-risk-raising-tides-raise-the-stakes
[22] http://www.utilitydive.com/news/after-paris-utilities-look-to-deeper-decarbonization/411023/
[23]
https://www.db.com/cr/en/concrete-deutsche-bank-report-solar-grid-parity...
[24] http://www.greentechmedia.com/articles/read/ubs-analysts-solar-will-become-the-default-technology-of-the-future
[25] https://www.bernsteinresearch.com/brweb/Public/Login.aspx?ReturnUrl=%2fb...
[26] http://www.ceres.org/files/bank-statement-on-climate-policy/view
[27] ] http://fortune.com/2015/12/12/paris-exxon-fossil-fuels/
[28] ] http://www.bloomberg.com/company/new-energy-outlook
[29] http://www.bloomberg.com/news/articles/2015-12-17/what-just-happened-to-solar-and-wind-is-a-really-big-deal
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] http://cities-today.com/c40-cities-unlock-us1-billion-in-green-financing/
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http://www.ibtimes.com/paris-climate-change-summit-bill-gates-launches-multibillion-dollar-clean-energy-2204404
[32]
http://www.theguardian.com/environment/2015/nov/14/thomas-piketty-and-tim-jackson-responsible-investors-must-divest-from-fossils-fuels-now
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http://www.qualenergia.it/articoli/20150317-onu-per-disinvestimento-dalle-fossili-ma-gli-stati-ci-guadagnano
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