Un miglioramento, certo. Ma troppo lento. È questa a ben vedere la sintesi degli ultimi dieci anni di investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) nell’Unione Europea proposta, con le sue ultime statistiche, rese pubbliche nelle scorse settimane da Eurostat.
Nell’anno 2015, i 28 paesi dell’Unione (Regno Unito incluso, ovviamente) hanno speso in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico 299 miliardi di euro: il 47,8% in più rispetto a dieci anni prima, il 2006.
Tenendo conto dell’inflazione e, dunque, calcolando gli investimenti a parità di potere d’acquisto, bisogna rivedere un po’ i dati. Nel 2006 i 28 paesi dell’Unione Europea hanno investito in R&S 206,5 miliardi di euro. Nel 2015 hanno investito, invece, 286,6: con un incremento reale della spesa del 38,8%.
Un aumento non da poco, tenuto conto che tra il 2007 e il 2008 l’Europa ha dovuto fronteggiare una seria crisi economica. L’aumento della spesa assoluta ha consentito di migliorare in maniera netta l’intensità degli investimenti, ovvero la percentuale di spesa in R&S rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL). Nel 2005 l’Europa ha investito in R&S l’1,74% del PIL. Nel 2015 ha investito il 2,03%, con un aumento del 16,7%.
L'obiettivo del 3% è ancora lontano
Il passo in aventi è dunque stato netto e positivo. Ma non abbastanza ampio. Intanto perché resta lontano l’obiettivo del 3,0% della spesa in R&S rispetto al PIL come indicato a Barcellona nel 2002 e come previsto, per il 2020, dai nuovi programmi dell’Unione. L’obiettivo del 3,0% è considerato condizione necessaria per fare dell’Europa l’area leader al mondo nell’economia della conoscenza. L’Europa è, dunque, solo ai due terzi del cammino che si è essa stessa prefissata di compiere.
Inoltre la differenza rispetto a Stati Uniti e Giappone è rimasta alta, mentre è aumentata rispetto a Corea del Sud e Cina (Figura 1). Se esiste una gara per la leadership della società della conoscenza, l’Europa la sta perdendo.
Gli Stati Uniti investono infatti in R&S il 2,73% del PIL: il 34% in più rispetto all’Unione Europea. Il Giappone investe il 3,59%: il 77% in più dell’Unione Europea. Per non parlare della Corea del Sud, la cui intensità di investimenti è più del doppio di quella europea. Da ultimo, anche la Cina (col 2,05%) ha superato l’Europa. E il passo del grande paese asiatico è in rapido aumento. È molto probabile che la Cina entro pochi anni superi Europa e Stati Uniti in investimenti assoluti e raggiunga il 3,0% di spesa rispetto al PIL prima del Vecchio Continente.
La leadership dell'Europa "teutonica"
E tuttavia, se diamo uno sguardo alla Tabella 1 possiamo facilmente verificare che il quadro del rapporto tra i paesi dell’Unione Europea con la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica è tutt’altro omogeneo. Ci sono tre paesi che hanno già raggiunto e superato la soglia del 3,0% del PIL: Svezia, Danimarca e Austria. Ci sono altri paesi, come la Germania e la Finlandia, che sono molto vicini a quella soglia. A questi aggiungiamo la Svizzera che, pur non facendo parte dell’Unione, appartiene a un’area culturale essa sì omogenea. Un’area abbastanza compatta che va dalle Alpi fino alla Scandinavia e che ha la Germania al centro. Quest’area si caratterizza per avere il tasso di investimenti in R&S rapportato al numero di abitanti maggiore del mondo: oltre (talvolta come in Svizzera e in Svezia ben oltre) 1.000 euro per abitante.
Non solo è un tasso doppio rispetto alla media europea, ma è superiore anche a quello di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Addirittura è cinque o sei volte maggiore a quello della Cina.
Non è un caso che quest’area – che per semplicità definiamo teutonica – è quella che ha reagito meglio alla crisi economica. C’è un’altra area, più centrale, che comprende Francia, Belgio e Olanda che insegue da presso: con un’intensità di investimenti rispetto al PIL superiore al 2,0% ma inferiore al 2,5% e un’intensità di investimenti per abitante del 20 o 30% inferiore a quella dell’area teutonica.
Tabella 1
Investimenti in R&S in Europa (anno 2015)
Spesa in miliardi di euro a PPS | Euro per abitante | Spesa in R&S in % sul PIL | |
---|---|---|---|
Germania | 84,5 | 1074 | 2,87 |
Francia | 45 | 732 | 2,23 |
UK | 35 | 676 | 1,7 |
Italia | 22,3 | 360 | 1,33 |
Spagna | 14,9 | 284 | 1,22 |
Olanda | 12,6 | 807 | 2,01 |
Svezia | 11,4 | 1496 | 3,26 |
Austria | 9,7 | 1218 | 3,07 |
Belgio | 9,3 | 895 | 2,45 |
Polonia | 7,6 | 114 | 1 |
Danimarca | 6,1 | 1423 | 3,03 |
Repubblica Ceca | 5,1 | 308 | 1,95 |
Finlandia | 5 | 1110 | 2,9 |
Portogallo | 2,9 | 221 | 1,28 |
Ungheria | 2,7 | 153 | 1,38 |
Irlanda | 2,6 | 634 | 1,51 |
Grecia | 2,1 | 155 | 0,96 |
Romania | 1,6 | 39 | 0,49 |
Slovacchia | 1,4 | 171 | 1,18 |
Slovenia | 1,1 | 414 | 2,21 |
Bulgaria | 0,9 | 60 | 0,96 |
Lituania | 0,6 | 133 | 1,04 |
Croazia | 0,6 | 89 | 0,85 |
Lussemburgo | 0,6 | 1192 | 1,31 |
Estonia | 0,4 | 231 | 1,5 |
Lettonia | 0,2 | 77 | 0,63 |
Cipro | 0,1 | 95 | 0,46 |
Malta | 0,1 | 158 | 0,77 |
Unione Europea | 286,6 | 588 | 2,03 |
Area euro (19 paesi) | 215,6 | 655 | 2,12 |
Svizzera | 10,3 | 1931 | 2,97 |
USA | 337,3 | 1087 | 2,73 |
Cina | 271,5 | 200 | 2,05 |
Giappone | 124,2 | 980 | 3,59 |
Corea del Sud | 57 | 904 | 4,29 |
Fonte: Eurostat
I ritardi dell'Europa mediterranea
Molto lontana da queste performance è l’area mediterranea (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo), con un’intensità di investimenti in R&S rispetto al PIL che è tra la metà e un terzo rispetto all’area teutonica e con investimenti per abitante spesso inferiori a un terzo. C’è da chiedersi se le difficoltà economiche di quest’area non siano legate proprio alla scarsa fiducia concretamente manifestata nei confronti della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica.
Molto diversificata è anche l’area degli ex paesi comunisti. Se, infatti, Slovenia e Repubblica Ceca cercano di agganciarsi all’area teutonica - gli investimenti di Lubiana in R&S sono pari al 2,21% del PIL e quelli di Praga all’1,95% - decisamente insufficienti, anche se con segni di miglioramento, sono quelli di Bulgaria e Romania.
Il Regno Unito a metà del guado
Un discorso a parte merita il Regno Unito. Malgrado la sua nobile tradizione – che trova espressione, per esempio, nell’elevato numero di premi Nobel che sono nati e hanno lavorato nelle isole britanniche – e la presenza di università molto accreditate (Cambridge, Oxford), oggi il Regno Unito si trova a metà del guado. Gli investimenti in R&S rispetto al PIL non superano l’1,70% del PIL e quelli per abitante sono più o meno la metà rispetto agli investimenti medi dell’area teutonica. Il Regno Unito sembra navigare più verso il Mediterraneo che verso la parte occidentale dell’Atlantico. C’è da chiedersi se la Brexit e il definitivo distacco dall’Unione Europea che avverrà entro due anni invertiranno la rotta o invece le daranno una nuova accelerazione.