Quante volte vi è capitato di partire per le vacanze e, magari,
di esservi dimenticati la frutta sul tavolo? E al vostro ritorno avete visto la
vostra frutta ricoperta di minuscoli moscerini che continuano a volare senza
mai fermarsi? Ecco, quei moscerini in realtà sono animali utilissimi all’uomo.
Può sembrare strano ma è così.
La Drosophila
melanogaster, o moscerino della frutta, è infatti ampiamente utilizzata
nella ricerca medica e scientifica.
L'importanza
della Drosophila come modello animale si deve a Thomas Hunt Morgan che
lo realizzò vincendo il Premio Nobel 1933 per la fisiologia o medicina dopo
aver dimostrato attraverso l'uso della Drosophila che i cromosomi portano le informazioni
genetiche. Da allora questo minuscolo insetto, che cresce rapidamente ed è
facile tenere in laboratorio, ha esplicato un ruolo importante nelle ricerca
genetica.
Nel laboratorio di Paola Bellosta del Dipartimento
di Bioscienze dell’Università di Milano, da anni, stanno studiando i meccanismi
che inducono la morte di neuroni di pazienti con malattie neurodegenerative. In
particolare quei processi cellulari e molecolari in grado di allungare la vita
dei neuroni e delle cellule della glia che sono importanti perchè li
proteggono e nutrono. Lo scopo delle ricerche è cercare di individuare quali
sono i punti deboli di questi meccanismi e trovare le molecole in grado di
regolare e favorirne la sopravvivenza.
Per questi studi viene utilizzato come
modello animale proprio la Drosophila melanogaster. “Nel nostro
laboratorio – spiega Bellosta – abbiamo moscerini che esprimono i geni umani
responsabili di patologie quali la Corea di Huntington, la Atassia Spino
Cerebellare e di Friedreich, Alzheimer e Parkinson, che portano alla morte
precoce delle cellule nervose,. I neuroni del moscerino della frutta funzionano
con gli stessi meccanismi molecolari e fisiologici dei neuroni umani, con il
vantaggio che essendo il moscerino della frutta un animale con vita media molto
breve, le patologie neurologiche che nell’uomo sono visibili solo dopo una
certa età, nel moscerino sono già presenti e analizzabili a pochi giorni dalla
nascita”. L’équipe dell’Università di Milano ha già individuato delle proteine
nei neuroni che sono in grado di migliorare la vita media delle cellule stesse
e di favorire la motilità di moscherini con gravi problemi neurologici dovuti
alla presenza del gene malato.
Ma in alcuni dei suoi
esperimenti Paola Bellosta ha avuto dei collaboratori “speciali”. Grazie,
infatti, a un progetto finanziato da Fondazione Cariplo, Matteo
Cassinelli, Matteo Frattaroli, Valeria Lupi e John Benedict Pollard, studenti
del Liceo Scientifico Einstein di Milano, hanno studiato i movimenti delle
larve di Drosophila. “Il contributo dei ragazzi è stato quello di analizzare,
attraverso un programma di analisi cinematica, il movimento delle larve affette
da una malattia neurodegenerativa e paragonarli con le larve sane. Sono
riusciti a sviluppare un sistema di analisi statistica dimostrando che la
motilità degli animali malati è significativamente inferiore di quella degli
animali sani. Lo studio ha quindi permesso di applicare le nozioni di fisica e
matematica imparate al liceo per risolvere dei problemi statistici e
biologici”, ha spiegato Bellosta.
Oltre al valore
scientifico, questo progetto ha costituito una interessante possibilità,
offerta dal mondo della ricerca al mondo della scuola, nell’ottica di una più
stretta sinergia volta a favorire una migliore formazione scientifica e
tecnologica di studentesse e studenti.
Come scriveva il filosofo John Dewey: “l’atteggiamento scientifico è una qualità che si manifesta in ogni passo della vita” e i ragazzi del liceo Einstein grazie a questa iniziativa hanno la possibilità di comprendere realmente cosa significa lavorare come un ricercatore in un gruppo dove ciascun componente apporta il proprio sapere e le proprie capacità.
L’autofagia come elemento chiave della malattia di Huntington
La malattia di
Huntington è una patologia ereditaria causata dalla degenerazione di
neuroni situati in specifiche aree cerebrali – striato e corteccia cerebrale –
e caratterizzata da una generale atrofia del cervello. I sintomi iniziali
possono essere bruschi mutamenti dell’umore, apatia, irritabilità, depressione
e rabbia, difficoltà nella guida, nell’imparare cose nuove o nel prendere una
decisione. Altri possono presentare cambiamenti nella scrittura e movimenti
involontari delle dita, dei piedi, del viso o del tronco (chiamati “còrea” dal
termine greco che significa “danza”).
L’Huntington a
livello molecolare è causata dall'espansione di una ripetizione CAG nel
primo esone del gene che produce una proteina con un tratto esteso di
poliglutamine (polyQ). La progressiva degenerazione è dovuta, infatti,
all’eccesso di glutammato. Il ciclo glutammato-glutammina è fondamentale per il
mantenimento della funzionalità e della sopravvivenza dei neuroni. Le cellule
gliali contribuiscono a mantenere questo equilibrio. La rimozione del
glutammato dallo spazio sinaptico da parte delle cellule gliali è ridotta nel
modello murino della malattia e nei pazienti, suggerendo che le cellule gliali
partecipino nell’assicurare la sopravvivenza dei neuroni. Ma non è noto come il
ciclo glutammato-glutammina contribuisca al meccanismo di morte neuronale nella
malattia.
Per rispondere a
queste domande l’équipe di Paola Bellosta del Dipartimento di Bioscienze
dell’Università di Milano, grazie a un finanziamento di Fondazione Cariplo, sta
utilizzando la Drosophila melanogaster per l’analisi di eventi cellulari
e molecolari nelle malattie connesse a polyQ.
“Nel nostro laboratorio studiamo come le cellule neuronali riescano a
indurre l’autofagia, il meccanismo mediante il quale le cellule degradano i
prodotti tossici, un processo fisiologico che ci permette di non invecchiare.
Nei nostri esperimenti riusciamo a indurre questo meccanismo anche nelle
cellule malate di Huntington facendole così sopravvivere più a lungo ha
affermato Bellosta.
La rimozione del
glutammato dalla fessura sinaptica è una funzione delle cellule della glia che
e’ ridotta in un modello murino di Huntington suggerendo che queste cellule partecipano
attivamente alla sopravvivenza delle cellule neuronali malate. È possibile quindi
manipolare i componenti del glutammato-glutammina per migliorare la sopravvivenza
dei neuroni? “Stiamo utilizzando un modello di Drosophila – spiega Bellosta
– per capire meglio come alcuni meccanismi
molecolari agiscono nella regolazione del ciclo glutammato-glutammina, e nel
controllare l'autofagia nelle cellule sia neuronali che gliali”
Uno studio, quello
della Bellosta, che ha tutti i presupposti per essere un ottimo esempio di
ricerca traslazionale dato che, insieme al gruppo di Franco Taroni
dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, si stanno studiando gli stessi
meccanismi identificati nel moscerino sulle cellule nervose da pazienti con Corea
di Huntington. “Stiamo verificando la rilevanza dei risultati ottenuti in
Drosophila su cellule di pazienti permettendo
così un’applicazione piu’ rapida dei
nostri risultati alla ricerca biomedica”, ha concluso Bellosta.