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No, gli incendi in California non sono “ideologici”

Rampini dal Corriere riporta una serie di errori e inesattezze per corroborare l’insopportabile retorica dell’“ideologia” nella transizione ecologica e finanche nella fisica del clima. Contrariamente a quanto dice, probabilità e intensità degli incendi sono in aumento a causa degli “umanissimi” cambiamenti climatici. Certo, le soluzioni passano anche da una gestione corretta della vegetazione e delle infrastrutture, ma questo non deve oscurare l’obiettivo di azzeramento delle emissioni. Soprattutto dopo che il 2024 ha superato in media la temperatura di 1,5°C per la prima volta.

Di questo si parla anche nella guida Eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici. Una guida per i giornalisti che il Climate Media Center Italia ha tradotto in italiano dall’originale del World Weather Attribution.

Immagine: incendi California fotografati da European Union, Copernicus Sentinel-3 imagery

Tempo di lettura: 7 mins

Continua la battaglia di Federico Rampini contro le “ideologie” della transizione ecologica. Questa volta, in un editoriale sul Corriere della Sera (Un incendio "ideologico", 11 gennaio 2025) e in un video per la versione online, Rampini si è occupato degli incendi in California, che hanno visto per ora 11 morti e oltre 100mila evacuati. Vediamo quanto c’è di vero, falso o ambiguo in quello che ha scritto e detto.

Tanto per cominciare, tutto il contenuto è esposto nel solco della svilente retorica degli “ideologici” contro i “pragmatici”, dove la drammaturgia è la solita: i primi sbagliano a imporre assurde leggi ambientali e i secondi, quelli razionali, tentano di riportare il dibattito con i piedi per terra.

Rampini dice che la California ambientalista «ha stabilito che dal 2035 saranno fuori legge le auto a combustione». In realtà lo stato americano ha vietato la vendita di auto a combustione interna dal 2035, ma chi sarà ancora in possesso di auto termiche potrà tranquillamente usarle, senza per questo essere fuori legge, come racconta il Guardian. Identica misura adottata per altro anche dall’Europa - di auto elettriche avevamo già parlato qui.

Rampini scrive poi che la politica di sinistra sta «innalzando una muraglia di leggi locali, in particolare sulla lotta al cambiamento climatico». Ora, non ha davvero molto senso polarizzare così il dibattito. Senza nuove leggi, e quindi anche nuovi divieti, la transizione ecologica non si può fare. Le leggi ambientali però andrebbero vissute per quello che sono, e cioè delle grandi opportunità per modernizzare il mercato del lavoro.

Natura ideologica

Arriva poi il pezzo forte. Gli incendi sarebbero «una catastrofe in parte naturale, in parte prodotta dall’uomo». Ancora insinuazioni per sminuire il ruolo umano nelle cause di questi incendi. Qui serve spendere qualche parola in più.

Le cause possibili dell’innesco e della successiva espansione di un incendio boschivo possono essere molteplici, come spiega, tra gli altri, il sito della nostra Protezione Civile. Oltre alle cause naturali, come fulmini o eruzioni vulcaniche, le cause antropiche sono spesso maggioritarie, soprattutto in un contesto di forte presenza umana. E questo Rampini, tragicamente, lo sottolinea, andando già in contrasto con la sua affermazione precedente. In particolare, è stato più volte constatato come alcuni degli incendi californiani fossero stati innescati probabilmente da guasti nelle infrastrutture della rete elettrica. Sta di fatto che anche questa sia una causa umana, e non naturale.

Ma l’innesco non basta a spiegare l’enorme quantità di ettari bruciati. Riporta NBC News:

Da dicembre a febbraio c’è la tipica stagione delle piogge in California, ma a differenza della parte settentrionale dello Stato, che ha avuto la sua parte di precipitazioni, la California meridionale è stata anormalmente secca negli ultimi otto mesi. L'ultima volta che Los Angeles ha registrato più di un decimo di pollice di pioggia è stato all'inizio di maggio.

Se si somma l’inverno molto secco al vento molto forte, il rischio di un incendio molto esteso si innalza drammaticamente. Le raffiche di vento Santa Ana hanno infatti superato i 160 chilometri orari, valore molto elevato anche considerando che il Santa Ana è un vento già molto intenso.

La siccità è tranquillamente ascrivibile agli impatti possibili dei cambiamenti climatici dovuti all’innalzamento della temperature globale media. Al proposito, ricordiamo come il 2024 è stato confermato anno più caldo di sempre con una temperatura media sopra gli 1,5°C per la prima volta da quando esistono misurazioni.

Clima ideologico

Il ruolo del cambiamento climatico nell’innesco e sviluppo degli incendi è noto e assodato per molte zone del mondo, dove gli studi di attribuzione hanno certificato un nesso evidente e in ogni caso una probabilità di registrare danni maggiore. Si parla in particolare di fire weather, cioè quelle condizioni meteorologiche che favoriscono la diffusione di un incendio boschivo. Lo spiega la guida Eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici. Una guida per i giornalisti del World Weather Attribution che, come Climate Media Center Italia, abbiamo tradotto in italiano.

Se da un lato, grazie al miglioramento dei sistemi antincendio e al cambiamento dell’uso del suolo si sono ridotte le superfici bruciate tra il 1998 e il 2015, «il pericolo effettivo di incendio sta ancora aumentando in molte parti del mondo». E questo proprio a causa delle temperature sempre crescenti.

Gli incendi della black summer 2019-20 in Australia, sia nel Queensland che nel New South Wales (NSW), sono stati amplificati dai cambiamenti climatici – le condizioni che hanno portato agli incendi nel NSW sono state rese almeno del 30% più probabili. Lungo la costa occidentale del Nord America, dall’Alaska alla California, i recenti incendi sono diventati più probabili e la loro superficie bruciata è aumentata Dal 1984 al 2015, oltre 4 milioni di ettari di superficie bruciata nell’ovest degli Stati Uniti sono direttamente attribuibili ai cambiamenti climatici.

I dati sono schiaccianti per l’Europa, l’Eurasia settentrionale, gli Stati Uniti e l’Australia, e qualcosa inizia a emergere anche nel sud della Cina.

Ecco perché Rampini ha torto quando dice nel video sul Corriere online: «Il riflesso automatico, soprattutto in uno stato ambientalista come la California, è quello di chiamare in causa il cambiamento climatico» aggiungendo nientemeno che gli scienziati «però ci invitano a essere più precisi». E addirittura sostenendo la tesi per cui dare colpa al clima sarebbe un alibi per nascondere altre cause.

Ha ragione, tuttavia, quando afferma che gli «scienziati seri ci invitano a distinguere tra eventi climatici [forse era meglio dire “meteorologici”] estremi e cambiamento climatico di lungo periodo». Un conto è il singolo evento e un conto sono le tendenze di lungo periodo; un conto è il meteo e un conto è il clima. E andando a vedere le statistiche di lungo periodo quello che emerge è quanto abbiamo già detto: anche gli incendi – così come le ondate di calore, la siccità e altro – sono amplificati e/o resi più probabili dalla crisi climatica. Quindi, in ultima istanza, quello che emerge è che Rampini ha di nuovo torto. In più, anche gli studi di attribuzione riferiti a singoli eventi specifici, che sono cosa diversa dalle tendenze, iniziano a confermare quanto detto, come visto.

Un ultimo paio di errori commessi da Rampini sono la strana richiesta di politiche di «deforestazione selettiva» e la costatazione che «gli incendi sono parte del ciclo naturale delle foreste».

Giorgio Vacchiano, presidente di Climate Media Center Italia e docente di selvicoltura, pianificazione ed ecologia forestale alla Statale di Milano, ci ha spiegato che «possono esistere ed esistono programmi di prevenzione incendi, passo assolutamente necessario». E aggiunge che «la California ha implementato il “fuoco prescritto” su 300mila ettari all’anno per ridurre i combustibili [nel terreno]. Ma la superficie a rischio è ancora molto ampia e servono diversi anni a trattarne anche solo una parte», confermando inoltre che «l'erba e gli arbusti rispondono con una crescita molto rapida alle annate piovose come il 2023 e si disseccano con grande rapidità dopo quelle secche come il 2024».

Quindi perdoniamo a Rampini l’uso un po’ sprovveduto della parola “deforestazione”.
Per quanto riguarda gli incendi «naturali», Vacchiano ci dice che si tratta di un concetto inappropriato: «Uno, perché ogni foresta ha il suo ciclo naturale di incendi, con una frequenza che può andare da un anno nella savana a molte centinaia di anni nelle foreste tropicali o in quelle centro europee. Due, perché nelle zone antropizzate le accensioni dovute all'attività umana hanno quasi completamente sostituito quelle naturali. Tre, quello che interessa non è la resilienza dell'ecosistema e la frequenza degli incendi per il suo benessere, ma proteggere le aree di interfaccia vulnerabili».

Insomma, il bel minestrone di Rampini ha contribuito ancora a polarizzare la società (speriamo poca, anche se dalle pagine del Corriere) che avrebbe bisogno innanzitutto di evidenze scientifiche, e non di prese di posizione, su cui costruire il dibattito pubblico. Anzi, cogliamo qui l’occasione per invitare Rampini – con colleghi “pragmatici” e “ideologici” vari – a scaricarsi la guida tradotta in italiano. Sono una trentina di pagine, si legge subito.

Ultima cosa: è buona regola del giornalismo – come prevede anche il nuovo Codice deontologico del CNOG che entrerà in vigore il primo giugno 2025 – «citare le fonti» verificandone «attendibilità e autorevolezza». Non ci pare di averle viste.


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