Chi è stato professore e ha amato i giovani e l'insegnamento, resta professore per sempre: perché insegnare è un'arte, forse l'arte più gravida di responsabilità verso i giovani nella loro ancora informe proiezione nel futuro. Perciò, il momento della "pensione per limiti di età" può essere doloroso e appesantirsi di nostalgie malinconiche: si seppellisce una esperienza di vita e una capacità di comunicare che è costata una fatica quotidiana intellettualmente gradevole. Non per tutti è così: c'è chi si sprofonda nella scrittura di libri e memorie, c'è chi preferisce leggere i giornali in panchina all'ora delle lezioni. Ma quando la forza di insegnare non viene meno, portarla solo ai giardinetti è uno spreco.
Penso che si potrebbe organizzare un servizio pubblico quasi senza spesa (contento, signor ragioniere dello stato?) producendo una lista di "consulenti didattici disponibili" da distribuire in tutte le scuole di ciascuna regione dopo averli reperiti e arruolati tra i professori che cessano la loro carriera universitaria per limiti di età. A settanta anni il cervello funziona ancora bene (senza esagerare: almeno in molti casi...) e la voglia di fare qualcosa non è morta. Siccome il Ministero tira fuori dal freezer i suoi gelidi veti a spendere (vero, ragioniere?) per la formazione in servizio degli insegnanti, si potrebbe, con l'aiuto delle amministrazioni universitarie di ciascuna regione, raccogliere una lista di disponibilità a raggiungere, a richiesta degli interessati, le sedi scolastiche di quella regione, per fornire occasioni interattive di discussione su problemi di insegnamento scelti dai docenti delle scuole ospitanti. Andata e ritorno in giornata, spesa ferroviaria a carico della regione (eventualmente con tesserini annuali nominativi sulla rete regionale, una spesa irrisoria) e accoglienza in loco a cura dei dirigenti scolastici.
Faccio qualche esempio: un Liceo del Lazio mi invita a discutere se e come insegnare le onde sismiche , oppure se e come parlare agli studenti delle opportunità di lavoro di uno che scelga di laurearsi in fisica, oppure mi invita a discutere il miglior libro di testo esistente sul mercato per l'adozione, oppure come costruire una antologia di letture sulla storia della fisica e come usarla nelle classi, ecc. Prendo il treno, vado, discuto, faccio uno spuntino con loro (noi pensionati siamo a dieta), riprendo il treno (il giornale lo ho già letto all'andata), arrivo a casa, prendo il cane se c'è e lo porto ai giardinetti, ceno e vado a letto: dormo felice, ho dei nuovi allievi e mi sento utile.
I docenti della scuola, con cui ho parlato, cercano di rendere memoria di ciò che ci siamo detti e che hanno registrato. Eventualmente, con i loro allievi, producono una "nota interna" che aiuti chi verrà dopo di loro e che sia un embrione di collana delle attività culturali di quella scuola. Non costa molto: i computer non mancano e nemmeno le stampanti; un po' di carta e di inchiostro e il gioco è fatto. Ma la cosa più bella di questa modalità, oltre a ridare vita a anziani accantonati ancora capaci di servire lo Stato, gratuitamente, è che anche le scuole piccole ma operose delle città periferiche possono fare "in casa" una ragionevole formazione in servizio dei loro insegnanti. E, chissà, qualche ministro meno burocratico e avaro scoprirà che ci sono scuole da premiare e non perderà tempo a inventare scale di valutazione delle strutture che amministra e da cui dipende il futuro del paese. E si formerà forse un'alleanza tra generazioni che, stando ai fatti sinora osservati, è un inedito che ci manca ma non è certo malvisto dalla Costituzione. A proposito di ciò, sarà bene invitare costituzionalisti in pensione: ce ne è bisogno.
Infine, un modo per identificare e promuovere i grandi maestri della scuola stessa è proprio quello di aggiungerli alla lista dei disponibili: saranno i giovani colleghi in servizio a consacrarli tra i Maestri Memorabili, il che non è certo da poco.