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Novità dal mondo delle staminali

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La ricerca sulle cellule staminali embrionali deve continuare, ma soprattutto essere finanziata dal governo. Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha così bocciato il ricorso di alcuni scienziati contro il finanziamento pubblico per questo tipo di ricerca. Negli Stati Uniti, il governo di G.W. Bush aveva vietato i finanziamenti con fondi federali agli studi che si servivano di staminali embrionali. Con l’arrivo di Obama nella stanza ovale, la linea del governo è cambiata. Il divieto di finanziamenti pubblici è stato eliminato e sono state definite delle regole per consentire la riproduzione in modo controllato. Ma l'amministrazione aveva subito un duro colpo, quando nel 2010 un giudice federale aveva di nuovo bloccato i finanziamenti, che verranno ripresi proprio grazie a quest’ultima e definitiva sentenza della suprema corte.

Gli oppositori di questo tipo di ricerca, che comporta la distruzione degli embrioni donati da cui derivano le linee cellulari, hanno a lungo sostenuto che la scoperta delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) evita la necessità per la ricerca di utilizzare le cellule staminali embrionali. Ma al momento ci sono molti problemi irrisolti con la loro generazione, e le cellule staminali embrionali sono considerate uno strumento necessario per continuare gli studi.  

iPSCs, segnali incoraggianti dal Giappone

Recenti studi però riaprono la strada all’utilizzo delle pluripotenti indotte per uso terapeutico. Secondo una di queste ricerche, pubblicata su Nature, un équipe giapponese è riuscita a produrre cellule della pelle e del midollo osseo di topo partendo da iPSCs e a trapiantarle in topi geneticamente identici, senza scatenare una forte reazione immunitaria. Questi risultati dovrebbero rassicurare i ricercatori che cercano di utilizzare le iPSCs per la cura delle malattie. Le pluripotenti indotte, che sono valse solo pochi mesi fa il premio Nobel per la medicina, possono trasformarsi in tipi di cellule mature come i fibroblasti, ovvero le cellule nervose e intestinali. L’utilizzo di queste cellule consente, inoltre, di superare i problemi etici legati alle ricerche con le staminali embrionali. Riprogrammando le cellule adulte dell’organismo umano, gli scienziati hanno creato nuove opportunità per studiare le malattie e, soprattutto, per mettere a punto nuove terapie mediche. Il grande potenziale delle iPSC sta nel fatto che possono essere derivate dallo stesso paziente, superando così il problema del rigetto da parte del sistema immunitario.

Nel 2011, Yang Xu dell’Università della California sembrava però confutare tale ipotesi. Il suo team ha creato iPSCs da cellule della pelle di un topo e le hanno trapiantate in topi geneticamente identici. Le cellule trapiantate in questo modo producevano teratomi, tumori contenenti diversi tipi di cellule, una dimostrazione, quindi, di pluripotenza. Ma oltre al rischio oncogeno, le iPSCs venivano attaccate dai globuli bianchi dei topi e rigettate. Lo studio ha suscitato preoccupazioni circa l'uso medico di iPSCs, fino alla ricerca di Masumi Abe dell'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche di Chiba, che ha ripetuto lo stesso esperimento utilizzando però più linee di iPSCs e una differente tecnica di trapianto. Il team di Abe ha preso le cellule iPS derivate da topi ma prima di trapiantarle li ha unite con delle cellule staminali embrionali. I topi chimerici contenevano diversi tipi di cellule che erano differenziate però dalle cellule staminali. Le cellule della pelle di questi topi sono state successivamente trapiantate in quegli animali geneticamente identici.

Per avere un controllo, hanno iniettato altri topi con cellule staminali embrionali (ES). Tuttavia, a differenza dello studio 2011, gli scienziati non hanno trovato differenze tra le risposte immunitarie di ciascun gruppo. I ricercatori hanno anche trapiantato cellule della pelle e del midollo osseo derivate da iPS raggiungendo percentuali di successo simili ai topi trattati con le sole cellule staminali. “La risposta immunitaria di entrambi i gruppi di tessuti è indistinguibile", ha detto Abe.

lo studio non chiude però definitivamente la questione.

Le differenze fra le tecniche, tra i due studi contrastanti, rendono ancora difficile valutare se le cellule staminali indotte possano provocare qualche tipo di risposta immunitaria.

Sempre dal Giappone arriva un altro interessantissimo studio. A partire da iPSCs sono state ottenute cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere e uccidere le cellule tumorali. La ricerca, pubblicata sulla rivista Cell Stem Cell, si è concentrata su una particolare categoria di linfociti T, linfociti killer. Le cellule T-killer riconoscono cellule infettive o cancerogene nel corpo, secondo i marcatori presenti sulla loro superficie. Queste cellule sono presenti nel corpo normalmente ma spesso in numero troppo basso per sconfiggere il cancro o il virus dell’HIV. La sperimentazione si è basata sull’utilizzo di cellule di una persona sieropositiva e altre sviluppate contro il melanoma. Gli scienziati, dal Centro di Ricerca RIKEN, guidati da Hiroshi Kawamoto hanno preso queste cellule T killer specializzate e le hanno riprogrammate per produrre iPSCs in laboratorio. L'idea è quella di sfruttare la capacità di cellule originariamente già “addestrate” per combattere HIV e le cellule tumorali. Le iPSCs sono state poi stimolate a produrre molte altre cellule killer specifiche per lo stesso tipo di cancro. Le cellule ri-differenziate avevano telomeri lunghi, così da proteggere i cromosomi dall’invecchiamento cellulare. Questo risultato è molto importante perché i fenomeni di senescenza limitano l’espansione delle cellule T.

In questo modo, le nuove cellule T sono state di fatto ringiovanite e fornite di un potenziale di crescita e di una durata di vita maggiori, pur mantenendo la loro capacità originale di bersagliare il cancro.

Hiroshi Kawamoto, che ha condotto la ricerca ha dichiarato: “Questa strategia potrebbe risolvere il problema che le attuali strategie di immunoterapia si trovano ad affrontare, e quindi sarebbe un importante passo avanti nella terapia del cancro”. Ma finora la ricerca ha solo mostrato che queste cellule possono essere realizzate in laboratorio, il prossimo passo sarà quello di verificare se queste cellule T possono uccidere selettivamente le cellule tumorali, ma non le altre cellule del corpo. “Se i trial andranno bene, terapie specifiche contro tumori e HIV potrebbero essere realizzate in un futuro non troppo lontano” conclude Kawamoto.

 

 


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