fbpx Venti anni di Observa registrano progresso e limiti della cultura scientifica in Italia | Scienza in rete

Quanta strada ha fatto la cultura scientifica in Italia negli ultimi vent'anni?

Sarà presentata il 18 marzo la XX edizione dell'Annuario Scienza Tecnologia e Società di Observa, che raccoglie vent'anni di dati per fornire una panoramica delle dinamiche e delle tendenze più significative nei rapporti tra scienza, tecnologia e società. Qui la nostra recensione del rapporto.

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Spesso quando il relatore italiano parla di qualsivoglia tema espone le sue opinioni. Il relatore anglosassone invece spesso parte esponendo dei dati, per offrire poi, se proprio deve, la sua opinione. Il gruppo in Italia che sistematicamente adotta un approccio basato su dati e statistiche per parlare di scienza e società è Observa, composto da Massimiano Bucchi, Giuseppe Pellegrini (entrambi all’Università di Trento), Andrea Rubin (Università di Ferrara) e Barbara Saracino (Università di Bologna), che coordina le attività dell’Osservatorio Scienza tecnologia e società di Observa. Essendo un affezionato lettore dei loro rapporti annuali, ho ricevuto con particolare piacere l’Annuario 2024, che analizza vent’anni di dati, raccolti appunto su un campione rappresentativo della popolazione italiana.

E cosa ci dicono questi dati? Prima di tutto che la società italiana ha considerevolmente aumentato le conoscenze scientifiche di base: dal 2007 infatti Observa pone a un campione di 1000 persone le seguenti affermazioni per saggiare il grado di "alfabetismo scientifico":

  • Gli elettroni sono più piccoli degli atomi
  • Gli antibiotici uccidono sia i virus che i batteri
  • Il Sole è un pianeta

E, dal 2018:

  • L’azoto è l’elemento più diffuso nell’aria;
  • Il bit è l’unità di misura di quantità di informazione

Banale dire quali sono vere e quali false, diranno le nostre lettrici e lettori. In realtà non tanto. Alle prime tre affermazioni oggi risponde correttamente più del 60% del campione rispetto a percentuali che variavano dal 38 al 50% (quella del Sole) nel 2007. Sulle due aggiuntive nei 5 anni esaminati (azoto e bit) pure si naviga intorno al 50% del campione.

È confortante vedere che le cose migliorano, ma è anche preoccupante sapere che il 40% non sappia che il Sole è una stella e che ai virus gli antibiotici non fanno un baffo. D’altra parte, la sezione statistica che come in tutte le edizioni chiude l’Annuario non fa che confermare il nostro paese agli ultimi posti nella spesa per l’istruzione. E penultimo, davanti alla sola Romania, per il tasso di laureati e dottori di ricerca fra i 27 paesi UE. Di cosa stupirsi, allora?

Comunque sia, le conoscenze scientifiche si diffondono sempre più nella popolazione italiana, grazie anche a una notevole crescita dell'informazione scientifica, come mostrano i dati che prendono in considerazione i media più seguiti (avanti ancora di gran lunga la televisione, ma con un aumento deciso dei social media, in particolare di Instagram). Negli ultimi vent’anni si registra soprattutto l’ascesa di blog e account social gestiti da comunicatori della scienza o direttamente da scienziati, i cui follower sono triplicati passando dall’11% del campione nel 2015 al 30% nel 2023. Altro fenomeno in crescita sono i festival della scienza, in numero e pubblico (15 punti percentuali in più dal 2007 al 2022). Ma direi che il fatto che più mi ha colpito è la credibilità che quasi la metà degli italiani assegna in primo luogo a scienziate e scienziati, le cui conferenze pubbliche sono in testa a tutte le altre forme di informazione scientifica. Oggi insomma, sono loro le figure più degne di fede, ben più di politici, ambientalisti, giornalisti e altri soggetti sociali. La fiducia riguarda peraltro anche le istituzioni scientifiche.

Il successo della scienza in particolare presso il pubblico più giovane e acculturato - quella che Observa definisce gli Entusiasti e i Fiduciosi informati che costituiscono il 42 per cento del campione - comporta una buona dose di idealizzazione. Cresce infatti la quota di persone che vede nella scienza l’unica fonte da cui ci si possa aspettare addirittura “la verità sull’uomo e il suo posto nel mondo”. E questo perché la scienza è aperta a tutti, si basa sul merito e sul controllo esercitato da una comunità coesa e competente, pronta a riconoscere gli errori e correggerli. Questa immagine della scienza - sempre secondo il nostro campione - ha due nemici dai quali guardarsi: la politica (in tutta la sua latitudine ideologica) e gli interessi economici che ne compromettono l’etica basata sul disinteresse. E, come insegnano i dati raccolti a valle della pandemia, la scienza dovrebbe anche guardarsi dalla esposizione mediatica dei suoi rappresentanti e dalla frequentazione di giornalisti e intrattenitori televisivi. Se quindi per i partiti politici sarebbe un buon affare candidare alle prossime elezioni schiere di scienziati, forse non lo sarebbe per gli scienziati, destinati a contaminare in fretta il proprio patrimonio mertoniano nell'arena politica.

 

Questa cospicua falange di appassionati di scienza resta piuttosto disorientata anche davanti a opinioni contrapposte abbracciate dagli scienziati. Forse è inevitabile che la crescita che ha conosciuto l'offerta informativa scientifica nell'ultimo decennio si accompagni a una immagine idealizzata di come funziona la scienza, e che una visione più critica, realistica e pluralistica appartenga una ristretta minoranza, sia fra il pubblico che probabilmente fra gli stessi ricercatori.

Poi non dimentichiamo che esiste l'altra faccia della Luna, quel 55% della popolazione italiana costituita per il 30% dai Disillusi e per il 25% dai Disinformati. Che non si fidano della scienza proprio perché la conoscono e hanno imparato a diffidarne, o perché non la conoscono e quindi ne diffidano a prescindere. Qui allignano disinformazione e teorie del complotto, di cui i social nella loro natura bifronte sono i massimi amplificatori. Qui troviamo i no-vax, così come le falangi per la verità in diminuzione dei "naturalisti" no-tech e i religiosi pro-life. O anche coloro che non temono lo sviluppo scientifico e tecnologico in quanto tale, ma perché troppo rapido e distruttivo di antiche certezze. O peggio ancora del loro lavoro. In questo variopinto panorama di tribù troviamo anche i più anziani, i più poveri, i più emarginati, verso i quali sarebbe doveroso indirizzare i nuovi sforzi di formazione e informazione scientifica.

L’Annuario di Observa tocca altri temi interessanti, come il rapporto del cinema e le serie tv con la scienza (con tanto di elenco dei 20 migliori film e serie dell’ultimo decennio), e l'auspicata transizione da un modello paternalistico di divulgazione a uno basato sull’ingaggio attivo del pubblico, come cercano di fare i diversi festival scientifici. C’è ovviamente anche una parte che riguarda la pandemia, che se da un lato ha mostrato l’impreparazione dei media e degli stessi esperti a spiegare cosa stava accadendo, dall’altro ha consentito di vedere in diretta la “scienza in azione” in un periodo di profonda incertezza. Cosa secondo me più istruttiva di quanto si creda.

Il rapporto sottolinea anche come la scienza debba molto della sua popolarità anche all’emergente sensibilità ambientale dei più giovani. Movimenti come Fridays for Future prendono molto sul serio ciò che la scienza ci sta dicendo. A partire da quella ragazzina svedese che nella torrida estate del 2018 ha cominciato a manifestare solitaria davanti al parlamento di Stoccolma con il cartello “Skolstrejk för klimatet”.

 


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