Pubblichiamo di seguito la sintesi del Rapporto "I vaccini" dell'Accademia dei Lincei, redatto da Guido Forni, Alberto Mantovani, Lorenzo Moretta e Giovanni Rezza. Alleghiamo il documento completo.
Lo scopo di questo documento dell’Accademia Nazionale dei Lincei è di mettere a disposizione della comunità i pilastri sui quali si fonda lo sviluppo dei vaccini, oltre che di condividere alcune delle sfide dell’attuale ricerca in immunologia e in vaccinologia.
Grazie alla concomitanza di fattori diversi, l’aspettativa di vita nelle nazioni più ricche è raddoppiata negli ultimi cento anni. Tra i fattori che concorrono al raggiungimento di questo risultato, i vaccini sono l’intervento medico a più basso costo che ha permesso di sconfiggere malattie che provocano disastrose epidemie: secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, i vaccini salvano nel mondo 5 vite ogni minuto, 7.200 ogni giorno. Un concetto chiave legato ai vaccini è la condivisione: perché la protezione sia efficace la maggior parte della popolazione deve essere vaccinata. Il fatto che nelle nazioni più povere non tutti abbiano accesso ai vaccini costituisce un grave problema di salute globale e un’ingiustizia sociale.
L’induzione della memoria immunitaria
Quando i microbi (virus, batteri, protozoi, parassiti…) superano le barriere della cute e delle mucose e resistono alle rapide reazioni iniziali del sistema immunitario, si mette in moto una nuova linea di difesa basata sull’azione combinata dei linfociti B e T. Se uno di questi linfociti riconosce il suo bersaglio, si attiva e inizia a dividersi generando una famiglia (un “clone”) di nuovi linfociti diretti contro il bersaglio riconosciuto inizialmente. In questo modo l’invasione viene contrastata da un’estesa famiglia di linfociti che producono elevate quantità di anticorpi oppure che guidano una complessa reazione e uccidono con precisione il loro bersaglio. La persistenza di queste popolazioni espanse di linfociti (la memoria immunitaria) e la presenza di un alto titolo di anticorpi permettono di eliminare una successiva invasione degli stessi microbi con un’efficacia e rapidità tali da far sì che spesso una persona non si accorga neanche di queste successive invasioni.
Evoluzione tecnologica dei vaccini
Lo scopo dei vaccini è indurre un’efficace e persistente memoria immunitaria. L’innovazione tecnologica ha permesso di preparare vaccini sempre più efficaci e tollerati. Si è passati dall’uso empirico di materiale di origine animale, come ad esempio quello ricavato dalle pustole del vaccino bovino, utilizzato per immunizzare contro il vaiolo, a vaccini costituiti da microbi interi, inattivati o attenuati da una serie di passaggi su colture cellulari (ad esempio il vaccino antipoliomielite orale o anti-febbre gialla). Sia per rendere più improbabili gli effetti collaterali, sia per indurre una memoria immunitaria più precisa, si tende ad abbandonare i vaccini basati su microbi interi, per portarsi verso vaccini basati su molecole o piccoli aggregati molecolari che si trovano sulla superficie dei microbi, spesso ottenuti con la tecnologia del DNA ricombinante, come nel caso del vaccino contro il virus dell’epatite B (HBV) o contro il virus del papilloma (HPV).
La sfida dei nuovi vaccini
Attualmente esistono vaccini solo contro 25 specie di microbi che causano malattia negli esseri umani: è però prevedibile che nei prossimi vent’anni saranno disponibili vaccini molto innovativi. La messa a punto di vaccini contro microbi verso cui non c’è ancora un vaccino efficace non si prospetta, però, come un’impresa facile, perché rimangono da affrontare microbi che hanno evoluto strategie ingegnose per sfuggire alle potenti reazioni della memoria immunitaria. I nuovi vaccini dovranno anche essere in grado di indurre memorie immunitarie efficaci in persone fragili, come neonati, anziani, persone affette da immunodeficienza o da tumore. La memoria immunitaria indotta dai nuovi vaccini dovrà anche essere efficace verso parassiti e funghi, dovrà agire contro i microbi che presentano una grande variabilità delle strutture molecolari, dovrà persistere per lunghi periodi, possibilmente per tutta la vita, evitando la necessità dei richiami, dovrà proteggere le mucose, bloccando i microbi prima che riescano a invadere. I nuovi vaccini dovranno anche essere somministrabili per vie diverse dall’iniezione con ago e siringa e dovranno essere sempre più sicuri.
Valutazione dell’efficacia e dei rischi
Quando viene creato un nuovo vaccino la sua efficacia è valutata con studi complessi, basati sulla comparazione dell’incidenza della malattia in un gruppo (coorte) di persone vaccinate e in un’altra coorte costituita da persone non vaccinate: se il vaccino funziona, l’incidenza di malattia sarà molto più elevata nella coorte di non vaccinati. I dati epidemiologici permettono anche di stimare con continuità i rischi di una vaccinazione. Ad esempio, il rischio di encefalite a seguito dell’infezione da virus del morbillo è di circa 1 caso ogni mille persone ammalate, mentre quello a seguito della vaccinazione è meno di 1 caso ogni milione di persone vaccinate.
La difficoltà di creare vaccini che proteggano verso malattie devastanti, antiche e nuove
Nonostante i numerosi studi fatti in passato e in corso, non si è ancora ottenuto un vaccino completamente efficace contro la tubercolosi. Questo è un problema di portata globale, perché attualmente due miliardi di persone, più di un quarto dell’umanità, sono infetti dal micobatterio della tubercolosi che uccide quattromila persone al giorno. Duecentocinquanta milioni di persone si ammalano ogni anno di malaria, infezione dovuta a parassiti del genere Plasmodium trasmessa da una zanzara. Ogni anno oltre un milione di persone, soprattutto bambini, muore di malaria. Anche contro la malaria non si è ancora riusciti a mettere a punto un efficace vaccino preventivo, benché promettenti vaccini siano attualmente in corso di sperimentazione. Nel mondo più di 35 milioni di persone sono infette dall’Human Immunodeficiency Virus (il virus HIV), con 2,3 milioni di nuove infezioni ogni anno e con oltre 1 milione e seicentomila persone che muoiono di AIDS. Le attuali terapie basate sulla combinazione di farmaci antiretrovirali sono efficaci ma economicamente fuori portata per gli abitanti delle nazioni più povere. Nonostante le numerose scoperte, i finanziamenti e le pressioni dei malati, trent’anni non sono bastati per ottenere un vaccino contro il virus HIV, virus che si difende cambiando in continuazione.
I vaccini contro i tumori
I vaccini possono prevenire le infezioni croniche da parte di microbi che causano lo sviluppo di tumori. Il carcinoma del fegato, che rappresenta il 4% di tutti i tumori umani, insorge nell’80% dei casi dopo un’infezione da parte del virus dell’epatite B (HBV, Hepatitis B virus), virus che, nel mondo, infetta oltre 300 milioni di persone. I dati epidemiologici indicano che, quando viene completato il ciclo di vaccinazioni utilizzando i nuovi vaccini contro l’HBV, la protezione contro il carcinoma del fegato conferita dal vaccino è praticamente totale. L’infezione da parte del virus del papilloma umano (HPV, Human Papilloma Virus) è estremamente diffusa; però, solo nel 5-10% dei casi le donne che risultino positive ai tests per HPV sviluppano lesioni intraepiteliali della cervice dell’utero con diversi gradi di potenziale trasformazione neoplastica. Comunque, nel mondo, il carcinoma della cervice dell’utero è il tumore femminile più diffuso dopo quello alla mammella. Dal 2007 sono disponibili vaccini che prevengono efficacemente l’infezione da HPV mentre però non sono in grado di curarla quando la persona è già stata infettata. Mentre tutti questi vaccini sono diretti contro microbi, altri studi clinici recenti suggeriscono che vaccini diretti contro le anomalie che compaiono durante la trasformazione in senso tumorale delle cellule dell’organismo umano possono essere in grado di rallentare, o di inibire completamente, la progressione delle lesioni pre-neoplastiche. Invece, nonostante i numerosi studi, l’unico vaccino attualmente approvato per la terapia dei tumori è un vaccino contro il carcinoma metastatico della prostata. Le procedure necessarie per la sua preparazione sono complesse e costose, mentre l’efficacia terapeutica di questo vaccino è limitata.
Le strategie di vaccinazione
Ogni nazione mette a punto piani di prevenzione vaccinale che definiscono chi deve essere vaccinato e a quale età. In Italia il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019, programmato dal Ministero della Salute e attuato dalle Regioni e Province Autonome, adotta il cosiddetto “Calendario per la Vita”, uno schema di protezione vaccinale teso a coprire non solo i più giovani ma anche le persone anziane. Oltre alla vaccinazione contro la varicella, contro i rotavirus, l’HPV e il meningococco B, è stata introdotta anche la vaccinazione contro la cosiddetta triade maledetta dell’anziano: l’influenza, la malattia invasiva da pneumococco e lo zoster. A differenza di questi piani di vaccinazione programmata, gli interventi che vengono attivati quando scoppiano focolai epidemici o vere pandemie hanno il carattere di urgenza. A fronte di una limitata disponibilità del vaccino può essere necessario decidere quali sono le fasce di popolazione che debbano essere protette in modo prioritario.
La salute globale passa dai vaccini
Nel 1990 dodici milioni di bambini al di sotto dei 5 anni sono morti nel mondo. Vent’anni dopo il numero di bambini morti è sceso a 7 milioni e mezzo. In questa riduzione della mortalità infantile ha giocato un ruolo importante la diffusione delle vaccinazioni, in particolare della vaccinazione contro difterite, tetano, pertosse (il vaccino DTP) e di quella contro il morbillo. Proprio per rendere i vaccini maggiormente disponibili nelle nazioni più povere, è nata la ”Global Alliance for Vaccines and Immunisation” (GAVI). Grazie a innovativi sistemi di finanziamento la GAVI sta incidendo significativamente sulla riduzione della mortalità globale, rendendo disponibili vaccini che sono specificamente adatti a combattere i tipi di microbi endemici nelle nazioni più povere. Lo sviluppo di un nuovo vaccino che conferisce una persistente memoria immunitaria contro il meningococco ha praticamente eliminato le epidemie di meningite in 15 nazioni africane, liberando 300 milioni di persone da un vero e proprio incubo. I finanziamenti della GAVI hanno anche permesso che alle multinazionali produttrici di vaccini si affiancassero produttori in Paesi in via di sviluppo, come India, Brasile, Cuba e altri, favorendo la produzione di vaccini specifici per le aree più sfortunate del pianeta.
La vaccinazione tra tecnologia, costi e politica
In effetti, lo sviluppo di un nuovo vaccino - dalla progettazione fino a raggiungere il mercato - ha un costo che varia dai 200-900 milioni di euro e richiede uno sforzo scientifico e tecnologico di circa 10 anni a fronte di una probabilità di entrare sul mercato non superiore al 6%. E’ ovvio, quindi, che per decidere se sviluppare un nuovo vaccino, le imprese debbano valutare con molta attenzione l’investimento richiesto, il rischio e le prospettive di guadagno. L’efficacia reale di un vaccino è poi un’altra variabile ben difficilmente prevedibile. Le tecnologie necessarie per la produzione di grandissime dosi di vaccino, nell’ordine di centinaia di milioni di dosi, costituiscono un’altra variabile che influenza marcatamente la realizzabilità del progetto. Però, le conseguenze di decisioni basate solo su valutazioni tecnico/finanziarie sono duplici: non c’è mercato e quindi non ci sono vaccini contro i microbi che potrebbero causare epidemie; non c’è guadagno e quindi non sono disponibili i vaccini nelle nazioni più povere.
Vaccini per i Paesi più poveri
All’incapacità dei governi delle nazioni più povere di rispondere efficacemente ai problemi della salute, alla difficoltà di superare la cultura tradizionale, alla mancanza d’informazioni sui vaccini e ai problemi per organizzare un servizio di vaccinazione efficace in aree ancora remote si unisce, così, l’atteggiamento commerciale delle ditte produttrici, che non hanno incentivi a studiare vaccini adatti alle necessità delle aree del mondo abitate da popolazioni con un potere d’acquisto estremamente limitato. La GAVI e altri consorzi internazionali stanno lavorando per favorire la messa a punto di nuovi vaccini, specifici per le malattie delle aree più povere del mondo, per rendere possibile l’acquisizione delle tecnologie per produrli da parte dei Paesi in via di sviluppo e per rendere attuabili i programmi nazionali di vaccinazione da parte dei sistemi sanitari delle nazioni povere.
Vaccini per le epidemie che potrebbero emergere
Le recenti epidemie di colera, meningite, della Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) o del virus Ebola o Zika hanno drammaticamente messo in evidenza l’assenza di vaccini che possano essere utilizzati per controllare l’improvviso diffondersi delle malattie. Durante l’infuriare dell’epidemia si discute su come il mondo debba essere meglio preparato, ma con l’attenuarsi del clamore dei media non se ne parla più, anche se gli scienziati hanno lunghe liste di microbi che potrebbero dare origine a epidemie spaventose. Di fronte a quest’atteggiamento fatalistico, nel 2017 durante il World Economy Forum a Davos, in Svizzera, è stata lanciata la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) che ha lo scopo di favorire lo sviluppo e lo stoccaggio di vaccini contro quei microbi che potrebbero causare nuove spaventose epidemie.
Movimenti d'opinione contro i vaccini: perché?
Gli sforzi per rendere i vaccini più efficaci e più universalmente disponibili si scontrano con le infuocate reazioni alla vaccinazione che dal 1700 a oggi serpeggiano nella popolazione. Fino al secolo scorso questi movimenti erano minoritari e la copertura vaccinale tendeva a crescere. Nel secolo attuale, i gruppi contrari alla vaccinazione hanno trovato con internet un modo efficace per diffondere le loro idee e stiamo assistendo a un calo della copertura vaccinale. L’opposizione ai vaccini è suscitata dalle caratteristiche intrinseche della vaccinazione, pratica somministrata a una persona che sta bene, per prevenire un ipotetico rischio di contagio. E’ un atto individuale che, però, acquisisce particolare valore protettivo quando una larga percentuale della comunità è vaccinata (immunità di comunità). Le leggi che obbligano o invitano a farsi vaccinare possono suscitare una reazione contro l’eccessiva intrusione del pubblico nella sfera privata. L’enfatizzazione da parte dei mass media di ipotetici effetti collaterali dei vaccini innesca ondate di paura collettiva che riguardano soprattutto l’accusa di causare l’autismo, la tossicità degli adiuvanti e dei conservanti e l’indebolimento del sistema immunitario provocato dai troppi vaccini. Mentre i movimenti contro i vaccini diffondono l’obiezione ai vaccini con un entusiasmo militante, le autorità sanitarie spesso non sembrano capaci di spiegare in modo convincente l’importanza che, anche oggi, hanno i vaccini nei Paesi più ricchi. Per quanto autorevoli siano le documentazioni prodotte, è pressoché impossibile rimuovere il sospetto che questi dati siano il frutto di manipolazioni interessate e di complotti globali.
Il viaggio dei vaccini tra dati epidemiologici, problemi politici e Internet
Se da una parte l’opposizione ai vaccini deve essere accettata come una realtà sociale diffusa, dall’altra parte i dati epidemiologici mettono in evidenza la scia di sofferenza, malattie e morti generata da queste contro-culture. Dove si verifica un abbassamento della copertura vaccinale, spesso malattie quasi dimenticate tornano a colpire, come per esempio il morbillo. E’ un errore gravissimo pensare che non ci sia motivo di vaccinarsi contro malattie prevenibili perché quasi debellate nel nostro Paese. Molti agenti infettivi restano in circolazione in alcune parti del mondo, e la globalizzazione - con i viaggi all’ordine del giorno, migrazioni e povertà - rende la vaccinazione uno strumento più che mai necessario. Le due parole chiave a proposito dei vaccini sono ricerca e condivisione. Bisogna capire meglio come funziona la memoria immunitaria per produrre vaccini sempre più efficaci. La sfida che, più di tutte, rimane attuale e pressante è quella della condivisione. Disponiamo di strumenti straordinariamente efficaci per prevenire e arginare flagelli globali che però, spesso non sono accessibili nelle nazioni più povere o sono rifiutate da una parte delle società più benestanti. La loro condivisione è invece fondamentale per ridurre le inique disuguaglianze di salute tra le popolazioni delle diverse aree del mondo.