I piccoli RNA: un corso di formazione CNR - ANISN Lazio
I punti di vista dell’organizzatrice e di un docente partecipante
Una settimana prima dell’inizio del corso, i partecipanti avevano ricevuto del
materiale didattico con l’invito a darvi uno sguardo. Non sarebbe stata data per già
acquisita nessuna conoscenza dell’argomento ma, spiegava un messaggio, il materiale
didattico era fornito semplicemente allo scopo di orientare l’attenzione sull’argomento
e sulle attività che sarebbero state proposte.
Il materiale didattico comprendeva: a) un articolo di carattere molto generale nel
quale Carlo Cogoni, uno dei docenti del corso, descrive il meccanismo
dell’“Interferenza da RNA (RNAi)” (dalla scoperta ai ruoli che l’RNAi svolge nella
cellula, alle strategie terapeutiche basate su di esso) con l’intento di rendere l’argomento
dei “piccoli RNA” accessibile a un pubblico di non-specialisti; b) un manoscritto
nel quale Christian Barbato, anch’egli docente del corso, raccoglie e comunica
i risultati recenti a sostegno di uno specifico ruolo dei microRNA nello sviluppo
e nelle funzioni del sistema nervoso;c) materiale preparato da me contenente
la descrizione degli obiettivi dell’esperimento e i principi della tecnica che sarebbe
stata usata nell’attività di laboratorio.
Mappa dei concetti-chiave per orientare e organizzare l’apprendimento
La breve Introduzione che ha preceduto l’attività di laboratorio è stata pensata
con l’intenzione di fornire gli elementi necessari perché ciascuno dei partecipanti
potesse costruirsi una rappresentazione mentale, semplificata, dei contenuti del
corso. Questa “mappa” doveva cioè rappresentare i concetti-chiave, le connessioni
tra di loro, e le principali relazioni tra i nuovi concetti e le conoscenze pre-esistenti.
Ciascuno avrebbe poi arricchito questa mappa autonomamente, disponendo e
organizzando al suo interno le informazioni acquisite via via. L’intenzione era di
fornire uno strumento che ne facilitasse la memorizzazione, aiutasse a sviluppare
una comprensione organizzata degli argomenti e consentisse qualche grado di autonomia
nell’apprendere.
In pratica, l’Introduzione ha preso avvio con la proiezione di un’immagine familiare,
tratta da un testo di Biologia comunemente adottato nelle scuole, la quale
propone uno schema riassuntivo della sintesi proteica in una cellula batterica, a partire
dalla trascrizione del gene. La lettura di questo schema ha consentito di definire
un terreno comune di conoscenze e di partire da qui per orientare l’attenzione
sul nuovo argomento (spesso le pre-conoscenze condizionano pesantemente l’apprendimento
successivo).
Lo strumento principale dell’Introduzione è stato una presentazione powerpoint
interattiva, scelta tra le tante analizzate, disponibile nel sito internet dell’Howard
Hughes Medical Institute, alla sezione “risorse per insegnanti e studenti di scienze”.
Interesserà forse notare che il materiale didattico di questa sezione del sito web è
presentato con il sottotitolo “teach ahead of the textbook”. La strategia usata in tale
presentazione per introdurre la scoperta dei “piccoli RNA” è quella di chiedere allo
studente di fare predizioni riguardo al risultato di un certo esperimento. Partendo
dalla risposta, lo studente è guidato ad una comprensione ragionata dei tentativi
sperimentali fatti per spiegare il risultato realmente ottenuto in quell’esperimento,
diverso da quello che era ragionevole attendersi. Questa strategia rappresenta, quindi,
un esempio di come si può comunicare il “fare scienza”. Attraverso di essa vengono
introdotti i passi essenziali del meccanismo molecolare dell’RNAi e messi in
evidenza gli aspetti principali della sua funzione (meccanismo di difesa dell’integrità
del genoma, meccanismo di regolazione dell’espressione genica, strumento per
studiare la funzione di un gene, potenziale mezzo per il trattamento di malattie). Le
informazioni date, benché insufficienti a consentire una reale comprensione dell’argomento,
forniscono uno schema concettuale di orientamento e sono presentate
in modo da stimolare la curiosità e l’interesse ad approfondire. Questa presentazione
PowerPoint è stata usata appunto per disporre ad apprendere (perché uno strumento
d’insegnamento che facilita l’apprendimento di uno studente non dovrebbe
essere adatto anche ad un insegnante?).
L’attività di laboratorio come strumento per apprendere e fare scienza
Il risultato dell’esperimento proposto nelle ore di laboratorio doveva consentire
di misurare l’inibizione dell’espressione di uno specifico gene ottenuta mediante
“interferenza da RNA” e di osservarne direttamente gli effetti sulla morfologia delle
cellule. L’obiettivo dell’esperimento era mostrare quanto potente sia l’RNAi
nelle mani di un ricercatore che vuole ottenere informazioni sulla funzione di un
gene d’interesse.
La tecnica proposta (un’immunofluorescenza indiretta che prevede l’uso di due
anticorpi secondari come mezzo per amplificare l’intensità del segnale) è una tecnica
molto collaudata e ampiamente utilizzata nei laboratori di biologia molecolare.
L’esperimento era basato su una strategia sperimentale già definita e consisteva nell’esecuzione
del protocollo fornito. L’attività in laboratorio non è stata quindi proposta
né per introdurre l’uso di una tecnica innovativa, né per promuovere un
apprendimento del tipo inquiry-based. Il laboratorio è stato pensato soprattutto
come strumento per sviluppare attenzione, per rendere tangibili concetti astratti,
per aiutare a comprendere piuttosto che a memorizzare informazioni.
Inoltre, a posteriori, si è osservato come l’attività di laboratorio aiuti a “sincronizzare”
i tempi di apprendimento, diversi naturalmente per ciascuno, facilitando
così il compito del docente.
Gli intervalli, tra un passaggio dell’esperimento e il successivo, sono stati usati
per discutere i limiti e i vantaggi della tecnica, per illustrare il sistema cellulare in
esame, per descrivere la strategia adottata per produrre nelle cellule il silenziamento
del gene d’interesse, ecc. L’attenzione generata dal “fare” l’esperimento ha così
aiutato a fissare alcuni dei concetti-chiave proposti nell’Introduzione e a ritenere
nuove informazioni.
La ricostruzione e la discussione dell’intero percorso dell’esperimento (dalla produzione
del retrovirus per silenziare il gene, agli effetti che il silenziamento induce
nelle cellule) ha aiutato a predire gli utilizzi della tecnica e ad anticipare alcuni degli
argomenti che sarebbero stati approfonditi nel corso delle lezioni successive. Per
alcuni dei partecipanti è stato facile, per esempio, pensare autonomamente che
l’RNAi poteva essere usata per ridurre la produzione di una proteina dannosa e
quindi per sviluppare trattamenti contro alcune malattie.
L’aspetto qualificante dell’attività di laboratorio è però nel fatto che l’esperimento
proposto non era stato progettato per gli scopi didattici del corso, ma faceva
parte di un progetto di ricerca del quale ero responsabile e che una mia collaboratrice,
Francesca Gabanella, ha sviluppato nel corso dell’attività sperimentale prevista
dal suo dottorato di ricerca. La dottoressa Gabanella, che nel corso ha svolto
il ruolo di tutor, ha quindi illustrato direttamente anche gli obiettivi principali e le
linee di sviluppo del suo progetto, consentendo così ai docenti di scienze di valutare
l’importanza del risultato di quell’esperimento (basato sull’utilizzo della “interferenza
da RNA”) agli scopi del progetto di ricerca.
Termino con una considerazione generale. Io credo che una parte importante
del successo del corso sia dovuta allo spirito di collaborazione con il quale il gruppo
di ricercatori ha lavorato insieme ai docenti di scienze nelle giornate del corso.
Questo desiderio di collaborare, al di là dei confini istituzionali, nasce dal riconoscimento
di un background culturale comune e delle differenze nei ruoli e nella pratica
professionale, e si fonda sulla consapevolezza che migliorare l’educazione scientifica
nella scuola è un obiettivo d’interesse comune.
Anna Maria Salvatore
Ricercatore CNR