fbpx Dal Gran Sasso novità sulla materia oscura | Scienza in rete

Dal Gran Sasso novità sulla materia oscura

Primary tabs

Read time: 4 mins

La collaborazione XENON ha recentemente pubblicato nuovi risultati sulla ricerca di materia oscura provenienti dall'analisi di 11 giorni di dati presi tra Ottobre e Novembre 2009 con il rivelatore XENON100. L'articolo, sottomesso alla rivista Physical Review Letters lo scorso 4 maggio, mostra come XENON100 sia attualmente il rivelatore di materia oscura con le migliori prestazioni dal punto di vista del fondo radioattivo, e mette in discussione la possibilità che risultati di  altri esperimenti (tra i più recenti quello pubblicato in febbraio dall'esperimento CoGeNT) siano causati da particelle WIMP (Weak Interacting Massive Particles).

Il rivelatore XENON100 si trova ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'INFN, il più grande e meglio attrezzato laboratorio sotterraneo del mondo. XENON100 è finanziato dall'ente statunitense NSF (National Science Foundation) e da altre istituzioni europee.

XENON100 utilizza, per la ricerca della materia oscura, circa 160kg di Xenon liquido, alla temperatura di -90oC. Lo scopo di questo strumento è rivelare i deboli urti delle particelle di materia oscura con i nuclei di Xenon. Sensibilissimi rivelatori di luce (fotomoltiplicatori), immersi nel liquido, sono in grado di rivelare anche i minimi segnali di luce derivanti da questi urti, e con una tecnica particolare è possibile distinguerli da altri segnali causati dalla radioattività ambientale. Proprio per ridurre al minimo questa fonte di "rumore", XENON100 si trova  nei laboratori INFN, al di sotto dei 1400 metri di roccia di Monte Aquila, nel Parco Nazionale del Gran Sasso. Tale spessore consente di ridurre il flusso della radiazione cosmica di un milione di volte. Tuttavia, ciò non è ancora sufficiente per raggiungere la sensibilità richiesta da un esperimento di questo tipo. XENON100 è pertanto ulteriormente schermato da strati di piombo, polietilene e rame, e tutti i materiali scelti per la sua costruzione sono stati accuratamente selezionati per minimizzarne la radioattività. Grazie a questa estrema attenzione è stato possibile raggiungere le prestazioni illustrate nell'articolo pubblicato il 4 maggio.

XENON100 è in funzione da Ottobre 2009; da Gennaio 2010 è in presa dati "cieca", ovvero i dati non verranno analizzati fino ad una data stabilita. I risultati presentati con l'articolo a Physical Review Letters sono quindi preliminari.

La "materia oscura" e' il nome dato a circa l'80% della materia dell'Universo, la cui esistenza è indicata da vari effetti, come la velocità radiale delle galassie a spirale, il cui andamento anomalo è spiegabile con la presenza di molta più materia di quella effettivamente visibile dall'osservazione astronomica. Una delle spiegazioni più accreditate è che la materia oscura sia composta da particelle massive e penetranti, ma debolmente interagenti (le WIMP), che formano un alone permeante la nostra e le altre galassie. Tali particelle potrebbero essere rivelate dal loro urto elastico con gli atomi di un opportuno materiale sensibile. Non mancano però altri modelli teorici e l'unico modo per scegliere quello più valido è procedere secondo il metodo scientifico insegnatoci da Galileo:  ovvero effettuare degli esperimenti.

Centinaia di fisici in tutto il mondo hanno raccolto la sfida, e sono impegnati in vari esperimenti dedicati a svelare il mistero.

Per svolgere queste ricerche è però necessario proteggersi, come detto sopra, dalla radioattività ambientale, e in particolare dalla radiazione cosmica, presente dovunque sulla superficie terrestre. Per questo i rivelatori di materia oscura vengono installati in ambienti sotterranei sotto grandi spessori di roccia, che garantiscono un'adeguata riduzione del flusso di raggi cosmici.

Non sorprende quindi che ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'INFN siano presenti ben quattro esperimenti di materia oscura, tutti in presa dati: CRESST, DAMA, WArP e XENON100. Ognuno di essi utilizza tecniche o materiali diversi e tutti sono in gara per una scoperta che potrebbe rivoluzionare la nostra conoscenza dell'Universo. 

L'INFN sta impegnando molte risorse su questo fronte di ricerca. In particolare gli esperimenti DAMA e WArP sono frutto di questo sforzo. DAMA utilizza 250 kg di cristalli di purissimo NaI (ioduro di sodio), mentre WArP utiizza circa 150 kg di Argon liquido (a circa -180oC) e, con una tecnica simile a quella utilizzata da XENON100, cerca di individuare gli urti della materia oscura con nuclei dell'Argon.

I risultati di WArP, esperimento diretto da Carlo Rubbia, sono attesi tra pochi mesi. L'esperimento DAMA invece, già da anni osserva  un effetto di variazione annuale del suo segnale, indipendente da qualunque modello,  in accordo con quanto ci si aspetta dal moto della Terra attraverso l'alone di materia oscura.

Sempre il metodo scientifico ci insegna però che ulteriori conferme sperimentali sono necessarie, anche con altri metodi di osservazione.

L'attività di ricerca sulla materia oscura è molto vivace anche in altri laboratori. Tra i risultati più recenti, quello presentato nel febbraio 2010 dall'esperimento CoGeNT, che utilizza cristalli di Germanio e si trova nella miniera di Soudan, nel Minnesota. CoGeNT ha pubblicato un segnale positivo che potrebbe essere compatibile con la scoperta di WIMP di massa relativamente leggera.

Il risultato pubblicato da XENON100 è particolarmente interessante anche perchè sembrerebbe mettere in dubbio la possibilità che CoGeNT abbia osservato urti elastici di WIMP. Anche il segnale di DAMA, se interpretato nello stesso modo, è difficilmente conciliabile con l'attuale risultato di XENON100.

Tuttavia la complessità dell'argomento e le numerose incertezze sperimentali lasciano ancora aperte tutte le ipotesi. Molto lavoro è ancora necessario per chiarire il mistero.

Questo è infatti solo un inizio. Come ricordato prima, l'esperimento WArP avrà interessanti risultati entro il 2010, e anche XENON100 pubblicherà, molto probabilmente in estate, i risultati dell'analisi dei mesi di dati che sta accumulando.

Una scoperta potrebbe essere dietro l'angolo e i Laboratori del Gran Sasso ne saranno in ogni caso protagonisti.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):