Oggi ci attende una tappa di trasferimento piuttosto lunga ed impegnativa che ci porterà da un'altitudine di nemmeno 100 metri sul livello del mare, alla quale ci troviamo ora sull'Alto Garda Trentino, ai quasi 1200 m s.l.m. del Lago di Tovel, a ridosso delle Dolomiti di Brenta. Durante il nostro percorso odierno, non toccheremo siti della Rete LTER ma ci fermeremo a visitare luoghi molto interessanti dal punto di vista naturalistico e per quanto attiene gli interventi condotti dall'uomo sugli ambienti naturali.
Gerri Stefani e Andrea Zignin, due naturalisti passati all'insegnamento, entrambi di base in Trentino, sono i nostri accompagnatori in questa tappa di passaggio dall'ambiente cosiddetto “sud-alpino” a quello pienamente alpino. La transizione si compie lungo il corso del fiume Sarca e la splendida pista ciclabile che lo costeggia. Oltre al team di scienziati a pedali, da oggi prende dimensione un piccolo gruppo di cittadini al seguito, che ci accompagnerà pedalando e sarà pubblico stabile nei piccoli eventi di comunicazione della scienza previsti dal nostro programma durante il fine settimana. Tra questi, anche Mauro Mazza, insegnante di Manerbio, che ci segue in bicicletta da Sirmione fino a Venezia, per l'intera durata del nostro percorso.
Una pioggia sottile prende potenza man mano che risaliamo il fiume Sarca e diventa un vero e proprio acquazzone quando raggiungiamo la località “Ponte del Gobbo”, all'interno del Parco Fluviale della Sarca. «Qui, come in altri punti del corso del fiume, in collaborazione con la Provincia di Trento, il Parco ha predisposto degli interventi mirati a rendere “meno banale” il corso del fiume», ci racconta Gerri. Nel corso della sua storia il fiume è stato canalizzato in diversi punti. Per controbilanciare questa situazione, nel posto in cui ci troviamo è stato creato un ampliamento; ovvero parte dell'acqua del fiume è stata deviata a formare un laghetto con una isola centrale attorno alla quale l'acqua circola e poi rientra di nuovo nel letto del fiume, ma più a valle rispetto al punto d'ingresso. «Questo intervento può essere molto utile per la ittiofauna perché crea un riparo lontano dalla corrente, generalmente intensificata dall'incanalamento artificiale; l'ampliamento può essere sfruttato dai pesci per la riproduzione».
La pioggia intensa ci impedisce di visitare direttamente il Lago di Toblino, una delle “cartoline” più famose del Trentino, con il suo castello direttamente sul lago, che si trova nella parte terminale della cosiddetta “Valle dei Laghi”. Ripariamo in un agriturismo di Dro dove i nostri amici di Rotte Inverse ci allestiscono un piccolo ristoro. E qui comincia la nostra visita “virtuale”, comunque naturalistica, al Toblino. La conduce Andrea Zignin, che ha studiato a fondo questo ambiente nel corso del suo dottorato di ricerca. «Qui si trova il primo punto di nidificazione trentino dell'airone cinerino. Il lago però è molto interessante per la sua “evoluzione” nel corso degli ultimi anni, segnata soprattutto dalla mano dell'uomo», dice Andrea mentre srotola un poster. «All'interno del lago, che si trova a circa 250 m sul livello del mare, si riversano le acque del lago di Santa Massenza, anch'esso un lago di fondovalle. A ridosso di quest'ultimo lago, la costruzione di una centrale idroelettrica, risalente alla metà del Novecento e che sfrutta un salto d'acqua di quasi 600 m alimentato dal lago di Molveno, ha generato uno sversamento di acqua glaciale che, a cascata, ha coinvolto i due specchi d'acqua che vi ho pocanzi nominato», prosegue Andrea.
Il risultato di questo continuo arrivo di acqua glaciale proveniente dal massiccio dell'Adamello ha sortito alcune importanti conseguenze nel Lago di Toblino, conseguenze dal tenore tanto ecologico quanto socio-economico. Innanzitutto, una riduzione della temperatura media annua del lago, che è ora pari a 12-13°C, anche in estate. Inoltre, il continuo ricambio di acqua, relativamente fredda, ha modificato lo “stato trofico” del lago, ovvero la quantità di organismi vegetali presenti. «Da una parte, la bassa temperatura rallenta il metabolismo delle piante e delle alghe; dall'altra, l'assenza di stratificazione nel lago (perché l'acqua ricircola verticalmente di continuo), non permette alle microalghe di rimanere nella “zona fotica” (ovvero la parte alta del lago dove c'è più luce) il tempo necessario a fare fotosintesi e quindi proliferare. Quindi, meno organismi vegetali comporta meno cibo per gli animali: la pescosità del lago è notevolmente ridotta. Inoltre, l'acqua fredda anche in estate ha portato alla riduzione del turismo balneare in una zona molto suggestiva e frequentata».
Nel pomeriggio saliamo in quota con un bicibus offertoci gratuitamente dalla Azienda di Promozione Turistica delle Terme di Comano. Partendo da località Sarche, il nostro “Caronte” si arrampica su tornanti che costeggiano una colossale forra scavata dal fiume Sarca. E' questo canyon percorso da una bella e suggestiva ciclabile che purtroppo non percorriamo. I boschi di lecci e le piccole e per nulla invasive piantagioni di alberi da frutto lasciano il posto molto rapidamente ad estese pinete e ai primi alpeggi. In poco meno di un'ora raggiungiamo il Lago di Molveno, lago cristallino le cui fredde acque provengono dall'Adamello. La corsa del bicibus si conduce all'ultima fermata: Andalo, quota circa 1000 m sul livello del mare. Da qui in poi procederemo in sella verso la Val di Non. Nella lunga discesa da Andalo il paesaggio cambia nuovamente e ci ritroviamo immersi nel “regno delle mele”. In questa ampia e soleggiata valle – essa segue infatti una direttrice est-ovest – viene prodotta la quasi totalità delle mele vendute nei supermercati italiani e non. Il paesaggio è quasi “lunare”, pure se verde, perché monotematico, così come il carattere della (mono)coltura che vi si ritrova.
Oltre ad essere un bravo comunicatore della scienza, Andrea Zignin è anche una ottima guida di bicicletta e ci conduce, dopo un breve tratto su strada provinciale a bassa quota intorno ai 300 m s.l.m., ad una salita su strade secondarie, che ci porta intorno agli 800 m s.l.m. Qui parte un bellissimo percorso sterrato sviluppato da Dolomiti Brenta Bike e che corre a mezzacosta tra i boschi. L'acqua che scorre naturalmente dai pendii tagliati dalla pista viene convogliata in canalette che costeggiano la pista stessa. Anche se ha piovuto, la pista è in ottime condizioni. Nel nostro cammino, incontriamo numerose vasche di raccolta delle acque che provengono dal massiccio di Brenta e che servono ad irrigare i numerosissimi meli in valle; piante che scorgiamo dall'alto incolonnate in maniera regolare in filari lunghissimi. Il pezzo forte del nostro bel giro però deve ancora arrivare.
Nei pressi dell'abitato di Terres, incontriamo una galleria, scavata in pochi mesi tra il 2003 e il 2004 per portare in Val di Non l'acqua raccolta dalle montagne che la sovrastano.
Ora, questo lungo tunnel di 2.5 km, non più utilizzato per l'approvvigionamento idrico, serve i turisti, a piedi o in bici. Imbocchiamo la galleria illuminata al passaggio ben coperti, poiché all'interno la temperatura è sempre pari a 10°C. Sopra di noi, 400 metri di roccia. L'acqua scorre dalla pareti. Un po' per farsi coraggio, un po' spinti dalla situazione quasi dantesca, alcuni di noi recitano il “Canto di Ulisse” della Divina Commedia, facendo vibrare l'aria con le proprie voci. La galleria ha una pendenza lievissima. Riflettiamo su quanto fosse imponente la sua portata, a regime: sicuramente commisurata alla “sete” agricola dell'area.
“E infin uscimmo a riveder le stelle”. Con ancora negli occhi gli sterminati meleti della Val di Non, all'uscita dal tunnel ci ritroviamo immersi in un paesaggio completamente diverso. Una stretta valle incassata tra ripidi pendiii, di nuovo conifere, un ruscello montano, l'aria umida, il sole nascosto da boschi e declivi. Da qui parte la strada per il Lago di Tovel. Ci aspettano 7 km con pendenze fino al 20%. Dai 900 m s.l.m. dell'uscita del tunnel ci arrampichiamo fino ai 1200 del Lago di Tovel, scalando la stretta valle dove è ancora visibile, brulla e grigia di materiale dolomitico, l'immensa frana che ha portato verso valle il materiale che ha “creato il vuoto” poi riempito dal lago di Tovel. Siamo quasi annichiliti dai segni della potenza della natura, oltre che dalla fatica di pedalare su pendenze così dure. Sugli alberi ai lati della strada si notano ampi e profondi squarci. Ci piace immaginare che siano segni lasciati dell'orso bruno, il vero padrone di queste foreste.
All'ultimo chilometro della nostra scalata, varchiamo finalmente la porta d'ingresso del Parco Naturale Adamello Brenta e il piccolo altopiano bagnato dal Lago di Tovel si apre magicamente sotto le nostre ruote.
Foto di Antonio Bergamino
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