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Ma cosa c'entra Cure Alliance con Vannoni?

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“Cure Alliance”: cos’é?  “Is an international not-for-profit, collegial association of scientists, physicians, surgeons, and other professional and/or committed individuals who share the vision and primary objective to develop effective strategies for the cure and eventual eradication of disease conditions now afflicting humankind, and to do so in the fastest, most efficient and safest ways possible”. 

Insomma, tutto bellissimo sulla carta: un’organizzazione non-profit di scienziati e altri professionisti che vorrebbero eliminare le malattie che affliggono l’umanità, trovando nuove cure e lo vogliono fare in fretta. E' quello che vorremmo tutti a dire il vero, medici e scienziati. Ma la scienza ha le sue regole che Cure Alliance vorrebbe semplificare. Come? Con protocolli innovativi da approvare senza le lentezze burocratiche delle agenzie regolatorie come succede con l’FDA negli Stati Uniti o con l’AIFA da noi.  E gli studi sugli animali? E le prove di sicurezza? E quelle di efficacia? Di questo nei documenti di Cure Alliance non si parla. Certo per gli ammalati e per le loro associazioni - su cui fa leva Cure Alliance - la loro proposta è più allettante; la scienza è fatta di regole, piccoli passi, verifiche, cambi di rotta. E allora forse non sorprende che Cure Alliance abbia attirato l’interesse o forse solo la curiosità di grandi medici, da Anthony Atala a Giulio Cossu a Bruno Gridelli a James Shapiro, ne fanno parte persino Thomas Starzl e Andreas Tzakis. E di grandi imprenditori come Guido e Luca Barilla, Matteo Marzotto, Luca Cordero di Montezemolo, Maria Luisa Trussardi. E persino di  Francesca Pasinelli di Telethon e Sergio Dompè che di scienza se ne intendono. 

A un certo punto però le strade di Cure Alliance  si incrociano con quelle di Stamina, un metodo “che vorrebbe curare con cellule staminali mesenchimali malattie neurologiche gravissime, dalla leucodistrofia metacromatica (la malattia di Sofia, quella da cui è partito tutto) al Parkinson, alla malattia del motoneurone, al coma”.   

Fa capolino Vannoni

Per la malattia di Sofia non ci sono cure e nulla di quello che è stato fatto finora ha mai dato nessun risultato; il trapianto di midollo qualche volta aiuta ma solo se lo si fa nelle primissime fasi della malattia; sulle cellule staminali mesenchimali ci sono diversi studi pubblicati ma nessuno è mai stato capace di dimostrare che questa cura portasse qualche vantaggio agli ammalati; Luigi Naldini sta provando a correggere il difetto del gene malato, è stato fatto un primo passo - il lavoro è appena stato pubblicato su Science - vale la pena di andare avanti. Ma la gente crede a Vannoni e il parlamento decide di autorizzare una sperimentazione purché le cellule siano preparate con le regole della scienza e in laboratori autorizzati.  Lo studio durerà 18 mesi e costerà allo Stato, cioè a tutti noi, 3 milioni di Euro.

E’ stata una decisione giusta? Io penso di sì. Di fronte alla pressione dell’opinione pubblica, al desiderio degli ammalati di essere curati, ai giudici che ti impongono di farlo, il parlamento non aveva scelta. Imporre a Stamina le regole della scienza e farlo in laboratori che rispettino quelle che ormai tutti chiamano buone pratiche di laboratorio era un modo per proteggere gli ammalati. Stamina protesta, fanno riferimento a un brevetto depositato negli Stati Uniti e poi all’autorizzazione dell’Aifa.  Le cose non stanno proprio così. La richiesta di brevetto è stato depositato ma non è mai stato approvato e, da quanto risulta dai documenti, l’Aifa non ha mai rilasciato un’autorizzazione formale. Ha solo ricevuto un’autocertificazione dell’Ospedale di Brescia: poche righe scritte male e che forzano i termini della normativa. Nature però scopre una serie di cose (vedi qui). Il metodo non c’è. Non solo: le fotografie allegate alla richiesta di brevetto non sono originali e non sono nemmeno di Stamina. Le hanno prese - come riferisce Nature - da due lavori pubblicati anni prima da ricercatori ucraini e russi, le hanno copiate insomma, come fanno a scuola i bambini svogliati. Qualcuno s’è preso la briga di chiedere ai russi se fosse vero che quelle foto erano il frutto del loro lavoro con Vannoni, non è vero nemmeno quello (si veda a questo proposito l'articolo di Roberta Villa su Scienzainrete). E Cure Alliance? “Cure Alliance supporta Stamina”, scrive Paolo Bianco sul Sole 24 Ore, “e ne condivide l’obiettivo di allentare le regole e la vigilanza di organi regolatori come l’AIFA, e di facilitare la commercializzazione di ‘terapie’ prima (senza) che ne sia provata l’efficacia”.

L’Articolo di Paolo Bianco - uno dei massimi esperti di cellule mesenchimali al mondo - spiega come e perché la cura Vannoni non potrà mai funzionare. Non ci sono dati negli animali e mancano persino i presupposti teorici. Non solo, ma le cellule mesenchimali poi non possono essere iniettate agli ammalati con la scusa delle cure compassionevoli e della legge Turco (come sostengono quelli di Stamina). Le cure compassionevoli sono un’altra cosa: si tratta di cure in fase di sperimentazione che vengono impiegate al di fuori degli studi clinici in pazienti che non hanno i requisiti per essere ammessi a un certo studio. Insomma, compassionevole non vuol dire dare non-si-sa-bene-che-cosa a qualcuno che sta per morire con la scusa che la scienza non può far nulla e usare fondi pubblici o peggio ancora farsi pagare.

Contemporaneamente  all’articolo di Paolo Bianco Cure Alliance cerca adepti via Facebook. “Da qui al 2020 tu o qualcuno dei tuoi cari avrà una malattia incurabile. Vivrà? dipende da quello che succederà da adesso ad allora, da quali ostacoli si sovrapporranno a possibili cure”. Iscriviti a “Cure Alliance e cureremo milioni di persone” come dire più tanti siamo più riusciremo a semplificare le regole.

Stamina, Medestea e Camillo Ricordi

E adesso facciamo un salto indietro. Da qualche anno Stamina è in contatto con Medestea, una multinazionale dei farmaci fondata da Gianfranco Merizzi, che si occupa di moltissime cose, dall’Aids, ai vaccini, alle cure anticancro, alla cosmetica (soprattutto) e per molte di queste cose utilizza cellule staminali. Nel 2012 Medestea Stem Cells elabora un business model pronto per essere lanciato nel 2013 e nel loro sito scrivono letteralmente: “This is by far the project with the highest business potential”. Insomma, le cellule consentono di fare affari, forse, come null’altro. Da qui in poi è persino difficile distinguere tra Stamina e Medestea di Gianfranco Merizzi, entrambe in contatto con Cure Alliance attraverso Camillo Ricordi, che a sua volta fa riferimento in molti dei suoi scritti e delle sue relazioni ad Arnold Caplan, fondatore di Osiris. Ma Camillo Ricordi ha un passato di scienziato, scienziato vero, un po’ ottimista forse. Ha battuto il diabete con le cellule staminali già dal 2005 e a Miami arrivano da lui ammalati da “ogni angolo del mondo”. Ma davvero le cellule staminali curano il diabete? Chissà, forse in futuro, non adesso.

Quest’anno l’International Symposium of the Cell Transplant Society si è fatto a Milano. L'hanno organizzato Livio Luzi e Camillo Ricordi. Si parla di isole pancreatiche (uno dei cavalli di battaglia di Ricordi, nel bene e nel male) e di cellule staminali. Ma tutti aspettano la relazione di Paolo Bianco che parte benissimo, dalla sua review sulle cellule mesenchimali pubblicata su Nature Medicine e stabilisce alcuni punti fermi: cosa sono queste cellule, cosa possono fare e cosa no e in che cosa si trasformano, qualche volta, non sempre, e in che condizioni. E finisce con Stamina. Racconta di Vannoni, Merizzi, Caplan e Ricordi. Svela gli imbrogli di Stamina e certe uscite enfatiche di Caplan su Cell Stem Cell, anche le grandi riviste prendono cantonate qualche volta. E’ la relazione più elegante, più colta e più argomentata a cui mi sia mai capitato di assistere negli ultimi dieci anni. In sala c’è Ricordi.

Un endorsement imbarazzante al "metodo" Vannoni

L’atmosfera è da cavalleria rusticana. Appena Paolo Bianco finisce di parlare interviene Ricordi. Per chiedere? Per commentare? No, la sua è una contro relazione che pare non debba finire mai, elegante però. Altri dati? Altre evidenze? No, tutt’altro. “Ho visto il protocollo, è un buon protocollo” (Camillo, perché tu sì e il Ministro no?). “Ho parlato con i neurologi che hanno in cura i bambini di Vannoni. Vedono dei miglioramenti che non si sarebbero mai aspettati”. Non è scienza questa, sono aneddoti di nessun valore. Camillo Ricordi lo sa bene. Proprio mentre a Milano si discute di Stamina e di Vannoni l’International Society for Cellular Therapy diffonde un libro bianco per mettere in guardia gli ammalati dal turismo di cellule. Cosa c’è scritto? Che i malati devono essere informati sui costi, sui rischi e sui potenziali benefici e su come vanno a finire i trattamenti con le cellule. Che un solo tipo di cellule non potrà mai trattare una moltitudine di malattie. Che i malati devono firmare un consenso dove c’è scritto tutto quello che gli sarà fatto e che devono sapere come sono andati a finire gli studi fatti finora e essere certi che tutti questi studi siano stati approvati dell’ente regolatorio (FDA o AIFA per intenderci). E poi devono sapere se i medici che fanno questo trattamento hanno rapporti economici con le industrie che preparano le cellule ed eventualmente che tipo di rapporti. Insomma, tutto molto diverso da quello che sta succedendo qui da noi con Stamina e che potrà succedere se questi trattamenti si svilupperanno attraverso Medestea.

Ma Camillo Ricordi va avanti per la sua strada, fonda un giornale per chiedere “che la pratica di infondere cellule diventi trapianto e possa essere così somministrata fuori dalle regole” e anche “cosa c’entra l’FDA se un medico decide di trattare un paziente con le sue cellule?”. Insomma, l’editoriale di Camillo Ricordi, pubblicato a pagina 1 del primo numero del giornale di Camillo Ricordi, non ha nulla di scientifico. Peccato, perché Ricordi una volta era uno scienziato, che adesso però scrive “sarebbe criminale non valutare il metodo Vannoni e non fare chiarezza”. Ma così non rischia uno scivolone proprio nel momento in cui prende la guida di Ri. Med, un grande istituto di ricerca che sorgerà a Palermo destinato a diventare un vanto per l’Italia della scienza e per il Sud? Perché lo fa? Non lo so. A me pare che Ricordi stia sbagliando questa volta, forse più che in passato. Camillo: “Would you reconsider?

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Ringrazio Alessandria e colleghi per i loro commenti. Ovviamente, Scienza in rete non è una rivista di epidemiologia; la sintesi editoriale voleva evidenziare la difficoltà incontrata nel seguire la storia di questo dataset e naturalmente ben vengano integrazioni e arricchimento di informazioni. Francamente però trovo che la lamentela ormai abituale sulla mancanza di spazio nei media sia ripetitiva e piuttosto noiosa.