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Il mercato di armi italiane non conosce crisi

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Quest’anno, in ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge 185/90, il governo ha presentato il rapporto sull’esportazione di armi italiane nel 2011.
L’anno scorso, il Ministero degli Affari Esteri ha rilasciato 2.497 autorizzazioni all’esportazione di materiali d’armamento per un valore complessivo di 3.059.831.372,25€, a fronte dei 2.906.288.705,85€ del 2010, segnando un incremento su base annua del 5.28%. Il dato è reso ancor più positivo se si pensa che, nel 2010, il valore delle autorizzazioni erano crollate del 40.86%. Una forte accelerata si registra anche nelle autorizzazioni alle esportazioni legate ai programmi intergovernativi, che passano da 345.430,38€ nel 2010 a 2.201.889.500,00, nel 2011. In poco più di un anno l’importanza di questi programmi si è riportata quasi sui valori del 2009 superando di fatto la crisi economica.

Peccato che lo stesso discorso non valga per i mercati civili alle prese con una crisi che non allenta la sua morsa.

Per facilitare l’analisi, le autorizzazioni alle esportazioni sono suddivise in tre fasce, in base al loro diverso valore: la prima fascia a «valore limitato» (fino a 10 milioni di €) riguarda in gran parte accessori e pezzi di ricambio; la seconda fascia a «valore medio» (tra 10 e 50 milioni €) riguarda apparati tecnologici di una certa entità e parti integranti di grandi sistemi d’arma; la terza e ultima fascia a «valore rilevante» (oltre 50 milioni €) riguarda i grandi sistemi d’arma tecnologicamente avanzati. Negli ultimi anni, l’Italia ha provato ad incrementare la terza fascia, proprio per accreditarsi a livello mondiale come grande esportatrice di sistemi d’arma complessi. Nel 2011, il numero di autorizzazioni di questa categoria è lievemente cresciuto rispetto al 2010 ed è pari al 1,49% dell’intero ammontare, per un valore complessivo di 3.881,92 milioni di euro. L’elevato numero di autorizzazioni nelle altre due fasce permette di comprendere come il nostro Paese sia un buon esportatore di accessori e pezzi di ricambio. Questa situazione espone le industrie belliche italiane a gravi rischi in caso di importanti fluttuazioni del mercato; in pratica se la domanda estera si riducesse le nostre industrie avvertirebbero una crisi maggiore rispetto ai giganti della difesa inglesi o tedeschi.

Le dieci imprese che nel 2011 hanno ottenuto i maggiori guadagni, al netto dei programmi intergovernativi, sono riportate nella tabella seguente, con riferimento all’ammontare delle rispettive commesse e della percentuale delle stesse sul totale.

Imprese

Valore Autorizzazione in mln di €

% sul totale

AgustaWestaland spa (100% Finmeccanica)

756,19

14,37

 Orizzonte Sistemi Navali spa (49% Finmeccanica)

416,17

7,915

Iveco spa

292,13

5,55

Alenia Aermacchi (100% Finmeccanica)

252,95

4,81

Alenia Aeronautica (100% di Finmeccanica)

226

4,30

OTO Melara spa (100% Finmeccanica)

139,50

2,65

Elettronica spa ( 31,33% di Finmeccanica)

122,96

2,345

Whitehead Alenia Sistemi Subacquei spa (100% Finmeccanica)

101,79

1,93

Selex Galileo spa (100% Finmeccanica)

83,96

1,60

Avio spa

56,53

1,07

Fonte: Presidenza del Consiglio (2012).

Come si può notare, Finmeccanica, tramite le sue controllate e/o partecipate, continua ad essere la principale beneficiaria delle autorizzazioni rilasciate dal Ministero per l’esportazione di materiali d’armamento.

Dove finiscono le armi italiane?

I primi dieci destinatari dei sistemi d’arma italiani sono riportati nella tabella sottostante.

Paesi

Valore autorizzazioni in mln di €

% sul totale

Algeria

477,52

9,08

Singapore

395,28

7,459

Turchia

170,80

3,255

Arabia Saudita

166

3,157

Francia

160,93

3,06

Messico

135,83

2,58

Stati Uniti d’America

134,73

2,56

Germania

133,35

2,53

Austria

115,98

2,20

Regno Unito

90,42

1,72

Fonte: Presidenza del Consiglio (2012).

Come si nota le autorizzazioni all’esportazione di armi sono destinate a quasi tutto il mondo. Per il 2011, la maggior parte sono state rilasciate verso i Paesi dell’Unione Europea ed OSCE destinatari di autorizzazioni all’esportazione per un valore di 1.100,82 mln, pari al 35,98% del totale.

I principali acquirenti NATO/UE sono riportati nella seguente tabella.

Paesi

Valore autorizzazioni in mln di €

% sul totale

Turchia

170,80

16,84

Francia

160,93

15,87

Stati Uniti d’America

134,73

13,28

Germania

133,35

13,15

Austria

115,99

11,44

Fonte: Presidenza del Consiglio (2012).

Dopo i Paesi europei, seguono il Medio Oriente e l’Africa Settentrionale con il 24,03%, l’Asia 22,94%, l’America centro meridionale 9,77% e l’America settentrionale 4,59%. Per quanto riguarda il Medio Oriente e l’Africa settentrionale si sono autorizzate esportazioni per un valore totale di 735,18 mln. L’Algeria e l’Arabia Saudita rimangono i principali alleati strategici dell’Italia in questo settore. L’Africa centrale e meridionale resta una regione marginale e per il 2011 sono state rilasciate autorizzazioni per un valore di 41,86mln pari all’1,73%. Le esportazioni verso i Paesi asiatici ammontano a 701,85 mln. Il valore delle autorizzazioni è cresciuto grazie all’intenso scambio commerciale con Singapore ed India.

L’America centrale e meridionale rimane un’aria commerciale di grande interesse per il nostro Paese. Nel 2011, sono state rilasciate autorizzazioni per un valore complessivo di 298,83 mln. Il principale acquirente, per quest’anno, è stato il Messico. Una mancanza molto grave, nella relazione del 2011, è la totale assenza delle tabelle in cui per ogni Paese venivano descritti l’ammontare di esportazioni autorizzate ed il tipo di sistema d’arma venduto. Di certo questo non migliora il già precario e poco chiaro quadro delle esportazioni belliche italiane.

Autorizzazioni vs. Operazioni

Come si evince dal rapporto, tra autorizzazioni e operazioni esiste una profonda differenza. Le autorizzazioni indicano una componente del portafoglio ordini estero dell’industria della difesa italiana. Le operazioni doganali, invece, indicano la quantità di materiale effettivamente esportato dal nostro Paese in un anno. Questa differenza è dovuta, principalmente, al fatto che tra la firma del contratto e l’esportazione del materiale acquistato possono passare anche diversi anni. Il 2011 ha fatto segnare un lieve decremento nel valore delle operazioni che ammontano a 2.664,61 milioni, a fronte dei 2.754,24 milioni di materiale bellico esportato nel 2010. Questi dati indicano che il nostro Paese ha incrementato le sue capacità produttive e negli ultimi anni è riuscito ad esportare una quantità maggiore d’armi e componenti. A fronte della ripresa del portafoglio ordini è ipotizzabile, per i prossimi anni, un ulteriore aumento delle armi italiane in circolazione per il mondo.

Conclusioni

Dopo anni in cui i governi passati hanno cercato in tutti i modi di ridurre la trasparenza nelle esportazioni di armi, la relazione del governo tecnico è quella che brilla di più per l’assenza di dati importanti. Da anni ormai non è più contenuta la tabella con le principali banche coinvolte nel commercio d’armi, ma da quest’anno sono scomparse anche le liste di armi vendute ai singoli Paesi. Non si hanno più notizie sul processo di riforma della l.185/90, che regola le esportazioni in questo settore, che dovrebbe essere modificata dal governo tramite un decreto legislativo.

In un periodo in cui la crisi economica regna sovrana e nel quale le industrie civili arrancano senza molte prospettive per il futuro è giunto il momento di rivedere le priorità strategiche. Se l’Europa vuole uscire da questa crisi deve comprendere che le priorità sono altre. Un esempio è rappresentato dal caso greco. Il Paese ellenico è stato sottoposto a vere e proprie purghe per ottenere gli aiuti dall’Unione Europea ma i principali Stati dell’eurozona hanno esplicitamente richiesto che Atene continui ad acquistare i sistemi d’arma ordinati negli anni scorsi. In questo modo Germania e Francia hanno garantito una continuità per le proprie industrie belliche pericolosamente esposte con la Grecia.

Se gli Stati europei continueranno a vivere uno a spese dell’altro credo proprio che la nostra Unione Europea nata sotto le migliori aspettative sia destinata a fallire.

 

 


 


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