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Un’idea strategica per il Paese

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Nel luglio 1945, mentre la guerra in Europa era finita e nel Pacifico continuava, il matematico Vannevar Bush, presidente della Carnegie Institution di Washington e consigliere scientifico di Franklin D. Roosevelt, rendeva noto un documento, Science, the Endless Frontier, che, a detta di molti analisti, costituisce il manifesto della società della conoscenza.

Il documento di Vannevar Bush si fondava su due idee, per così dire, strategiche. Primo, se a guerra finita gli USA vogliono diventare il Paese leader del nuovo ordine mondiale devono sviluppare una imponente attività di ricerca scientifica e tecnologica. Secondo, se gli USA vogliono sviluppare un’economia leader al mondo fondata sulla conoscenza devono andare oltre l’antica tradizione di non intervento dello Stato e sviluppare un’imponente struttura di ricerca scientifica pubblica.
Per realizzare l’ambizioso programma, Vannevar Bush progettò la nascita di un’agenzia – un ente di stato federale – che finanziasse i progetti di ricerca, di base e applicata, in ogni campo delle scienze, matematiche e naturali, in totale autonomia e sulla base solo del merito. Nacque così la National Science Foundation (NSF).
Le idee di Vannevar Bush sono state davvero importanti perché, prima negli Stati Uniti d’America, poi in quasi tutto il mondo, hanno cambiato i rapporti tra scienza, Stato, economia e società e dato vita, addirittura, a una nuova era definita, appunto, della conoscenza.
Ma non sono state idee del tutto originali. In Europa quelle idee erano maturate prima. E tra quelli che le avevano maturate c’era un italiano, Vito Volterra. Anche lui matematico. Anche lui politico (era senatore del Regno).
Anche lui presidente di importanti istituzioni scientifiche (l’Accademia dei Lincei, tra le altre).
Dopo la fine della prima guerra mondiale Volterra maturò l’idea, appunto, di creare un ente pubblico, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che avesse il compito di promuovere la scienza, applicata ma anche fondamentale, in tutti i più diversi settori al fine di creare un sistema di ricerca analogo a quello dei grandi Paesi e in grado di modernizzare l’economia dell’Italia, puntando non solo sull’industria, ma sull’industria avanzata.

Il CNR di Volterra aveva, forse più della NSF di Bush, un’ulteriore propensione: l’internazionalità.
Per uno scherzo della storia il CNR nacque il 18 novembre 1923 (trent’anni prima della NSF), mentre al governo era già andato Benito Mussolini, il capo del fascismo che in termini di autonomia, internazionalità e modello di sviluppo aveva progetti affatto diversi. Oggi il CNR compie novant’anni. Lo riteniamo un compleanno importante. Per certi versi decisivo. E, infatti, al passato, al presente e al futuro del Consiglio Nazionale delle Ricerche dedichiamo un intero fascicolo. È importante ricordarlo, il compleanno, perché in questi novant’anni il CNR ha realizzato tre dei quattro obiettivi di Volterra. Obiettivi che restano di straordinaria attualità.
È diventato la più grande struttura di ricerca italiana. Con una capacità di lavoro, sia in termini di quantità che di qualità, che, a dispetto di tanti critici poco informati, è tra le maggiori d’Europa e del mondo.
Ha modificato la sua natura (non ha più le funzioni di agenzia) ma è stato un ottimo incubatore di nuove idee e di nuove strutture. Sono nati nel CNR, o grazie al CNR, altri enti sia nell’ambito della scienza di base, come l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), sia nell’ambito della scienza applicata, come il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN poi diventato ENEA). Il CNR ha incubato la Biologia molecolare italiana (con il LIGB di Napoli) così come la ricerca aerospaziale (è grazie al CNR che l’Italia è stato il terzo paese a inviare nello spazio un satellite artificiale). Ma ancora oggi i ricercatori e gli istituti del CNR partecipano a grandi progetti internazionali.
E, infine, ha avuto una marcata vocazione per l’internazionalità. È anche grazie all’aiuto del CNR che Edoardo Amaldi ha potuto dare un formidabile contributo a realizzare il CERN di Ginevra, il più grande laboratorio di Fisica al mondo e la prima espressione tangibile dell’Europa finalmente unita dopo la tragedia della guerra. Dunque il bilancio è largamente positivo. E in futuro il CNR continuerà ad avere un ruolo primario nell’ambito della ricerca italiana se saprà continuare lungo il percorso indicato da Volterra di ente generalista e interdisciplinare, capace di realizzare buona scienza e promuovere nuove idee, con una forte tensione internazionale.
Tuttavia bisogna dire che la seconda parte del progetto di Volterra – quella di un Paese che persegue un modello di sviluppo economico (ma anche sociale e civile) fondato sulla ricerca – non si è realizzato. Il sistema Paese non ha saputo rispondere al progetto di Vito Volterra così come gli Stati Uniti (e, ormai, una costellazione di altri Paesi distribuiti in tutti i continenti) hanno risposto al progetto di Vannevar Bush.

L’Italia resta ai margini della società della conoscenza. E da trent’anni ne paga un prezzo salatissimo. Quello del sostanziale declino. La colpa del mancato ingresso dell’Italia nella società della conoscenza non è certo del CNR.
Al contrario, è proprio questa condizione di marginalità che assegna al CNR un ruolo decisivo per il futuro del Paese: aiutare l’Italia a recuperare il tempo perduto.

Tratto da Scienza & società - Novant'anni di CNR 1923-2013


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