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Prove INVALSI…sì o no?

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Il 10 maggio 2011 gli studenti delle classi seconde degli Istituti d’Istruzione Secondaria di Secondo Grado, sono stati chiamati, per la prima volta, a sottoporsi alle tanto discusse prove INVALSI. Ma perché sono così temute dai docenti? E dagli studenti? È molto difficile riuscire a rispondere a queste due domane, ma tenteremo di fornire alcuni spunti di riflessione, iniziando dalla presentazione di tre elementi normativi circa la valutazione.

Già il D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419, sulla “Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e professionale ed istituzione dei relativi istituti” prevedeva, all’articolo 2, le sperimentazioni metodologico-didattiche e la loro documentazione e valutazione (articolo 6). Al suo interno si faceva riferimento alle eventuali ricerche sui problemi dell’apprendimento e sulla relativa valutazione, forse al fine di migliorare i metodi educativi.

Il D.P.R. del 21 settembre 2011, n. 313, sul “Regolamento recante organizzazione dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione, attuativo degli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258” trasforma il Centro Europeo dell’educazione, previsto dal precedente D.P.R., nell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione. L’obiettivo dell’Istituto è quello di valutare l’efficacia del sistema di istruzione nel suo complesso ed analiticamente, studiando le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica con riferimento al contesto sociale. Inoltre, deve valutare gli esiti delle iniziative di innovazione promesse in ambito nazionale.

La Legge n. 53 del 28 marzo 2003, “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, all’articolo 3 stabilisce come criteri direttivi per la valutazione degli apprendimenti degli allievi i seguenti:

  • valutazione periodica e annuale degli apprendimenti e del comportamento degli studenti;
  • qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche;
  • predisposizione di prove gestite dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento.

Dal 2003 a oggi sono stati emanati altri decreti che regolamentano il sistema di valutazione e l’INVALSI. È bene osservare che si parla di valutazione sin dal 1974! Ma perché ancora oggi in Italia manca una vera e profonda cultura della valutazione? Perché si valuta? Cosa si valuta? Ogni tanto ci si potrebbe anche porre una domanda del tipo “Quando sottopongo un allievo a una verifica orale, cosa valuto? La quantità di nozioni conosciute o come esse vengono applicate?”

L’obiettivo della valutazione dovrebbe essere non solo quello di misurare lo stato cognitivo dell’allievo, ma anche quello di misurare l’efficacia della propria azione didattica. È proprio questo il passaggio che più spaventa? Un’analisi dei dati che presenta una situazione disastrosa, metterebbe sicuramente in discussione l’efficacia dell’insegnamento nelle scuole.

Quando l’insegnante opera in classe, gli allievi si abituano a un linguaggio specifico e si stabilisce quello che nella didattica della matematica viene chiamato “contratto didattico”. La valutazione effettuata da un valutatore esterno potrebbe comportare delle difficoltà legate all’uso di un linguaggio differente, nonché al differente modo di trattare determinati segmenti curricolari. Se tutti i docenti non sono concordi nel perseguire lo stesso obiettivo, ciò che viene richiesto non coincide con gli apprendimenti raggiunti dagli allievi. Si rischia quindi di creare delle prove che vanno a valutare tutt’altro rispetto a quella che è la usuale didattica. Quindi, le prove INVALSI sono coerenti con le azioni educative?

Le Nuove Indicazioni Nazionali hanno forse l’obiettivo di mettere un po’ di ordine all’interno di questa confusione di metodologie, cercando di orientare tutti verso il raggiungimento delle competenze già dichiarate all’interno del Decreto del 22 Agosto 2007 sull’adempimento dell’obbligo di istruzione?

A questo proposito si ricorda che la competenza viene definita come “la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termine di responsabilità e autonomia”.

In relazione all’asse matematico, nel Documento Tecnico viene esplicitato il suo obiettivo: far acquisire agli studenti saperi e competenze che li pongano nelle condizioni di possedere corrette capacità di giudizio e di sapersi orientare consapevolmente nei diversi contesti del mondo contemporaneo. Per arrivare a ciò non bastano i soli saperi, ma gli allievi devono essere in grado di applicare le giuste procedure per affrontare le situazioni problematiche, ricorrendo anche alla modellizzazione matematica del pensiero, alle rappresentazioni grafiche e simboliche, etc.

Alla luce di ciò, vengono poste le seguenti competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione:

  • utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico e algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica;
  • confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni;
  • individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi;
  • analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico.

Quando si menziona la certificazione delle competenze al termine del biennio della scuola secondaria di secondo grado, ci si riferisce alle competenze sopra riportate e che sono state poste già nel 2007. Purtroppo, le Nuove Indicazioni Ministeriali sono del 2010 e la Riforma degli Istituti d’Istruzione Secondaria di Secondo Grado è partita solo in quest’anno scolastico 2010/2011. Le seconde attuali non hanno usufruito dell’allineamento dei programmi al raggiungimento delle competenze, quindi ci si può aspettare di tutto dalle rilevazioni INVALSI di quest’anno. È naturale che gli allievi si aspettino delle prove coerenti con quanto affrontato con il proprio insegnante. Ma quest’ultimo si sarà soffermato sui radicali, sulla risoluzione di tutti i casi possibili e immaginabili delle equazioni di secondo grado (ma le equazioni di secondo grado sono poi così tante?), sul teorema di Pitagora… e la modellizzazione matematica? L’allievo si sente smarrito, perché nei quesiti INVALSI deve modellizzare e, anche se conosce benissimo l’enunciato del teorema di Pitagora, nello stesso tempo non ha (spesso) idea di come esso si applichi, né sa riconoscere che il suo inverso è ancora un teorema. Inoltre, è giusto che la prova sia identica per tutti gli indirizzi di studio? Se le Indicazioni Ministeriali differenziano, seppur leggermente, i contenuti matematici in base ai corsi di studio, perché le prove INVALSI devono essere uguali per tutti?

Quest’anno si sono presentate ben quattro situazioni distinte da gestire:

  1. riforma degli Istituti d’Istruzione Secondaria di Secondo Grado;
  2. certificazione delle competenze sulla base del D.M. del 22 agosto 2007;
  3. prove INVALSI per le classi II della Scuola Secondaria di Secondo Grado;
  4. scelta di alcune scuole per la valutazione per merito dei docenti.

Sarà proprio il 4) punto la causa di molti malcontenti da parte degli insegnanti? Questa mancanza di chiarezza nella valutazione può generare il dubbio del sentirsi valutati da queste prove? Forse sì.
Oppure il boicottaggio delle prove nasce dal fatto che i test nelle scuole dovevano essere somministrati e corretti dagli insegnanti in maniera volontaria e, quindi, senza alcuna retribuzione?

Fortunatamente su 2.300 classi campione solo in tre classi ci sono stati problemi, per cui la percentuale del campione che non ha permesso la rilevazione è solo pari allo 0,13%. Ma quanto è alta la percentuale delle classi che non fanno parte del campione e che non si sono sottoposte alle prove INVALSI?

Si ritiene che la valutazione sia uno degli strumenti assolutamente necessari ai fini del miglioramento del sistema educativo stesso, non perché ci si deve assolutamente allineare con l’Europa. È necessario un investimento in termini sia economici sia di innovazione metodologica, quindi oggi la prova INVALSI si scontra con una realtà scolastica non ancora preparata a fronteggiarla. In teoria, le seconde del prossimo anno scolastico dovranno rispondere meglio alle prove, perché, come detto, le Indicazioni Ministeriali tengono conto del raggiungimento di quelle competenze dichiarate nel Documento Tecnico del 2007.

Malgrado ciò, molti studenti hanno sostenuto che i quesiti erano semplici e molto vicini ai contenuti trattati durante il corso di studi secondario di primo grado. L’affermazione è forse da prendere con il beneficio del dubbio, anche se erano presenti diverse tipologie di problema che richiedevano capacità logiche, comprensione del testo e, forse, un’ottima dose di spirito d’avventura.


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