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I mercanti del dubbio: la disinformazione contro la scienza

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Nel 2004 in tutti gli organi di informazione pubblici e privati degli Stati Uniti (ma lo stesso può dirsi per la maggior parte dei paesi europei) il cambiamento climatico era presentato come un’ipotesi ancora non scientificamente verificata; soprattutto, era considerato non provato che esso dipendesse dall’utilizzo di combustibili fossili e, più in generale, dalle attività umane. Per una parte dell’opinione pubblica, è così ancor oggi. 

Naomi Oreskes (attualmente docente di storia della scienza alla Harvard University), con una ricerca che ebbe grande risonanza, dimostrò che tutti i 928 articoli apparsi fino a quel momento su riviste scientifiche accreditate internazionalmente e soggette a peer review erano concordi nel ritenere che il clima si stava riscaldando e che la responsabilità ricadeva sull’uomo: ciò che era oggetto di dibattito era quando gli effetti del cambiamento climatico avrebbero cominciato a verificarsi e la loro entità.
Ma allora, perché nei mezzi di comunicazione rivolti alla pubblica opinione questa unanimità degli scienziati scompariva e venivano diffusi dati diversi e contrastanti?
È la strategia del tabacco, spiega in questo libro Naomi Oreskes con Erik Conway, storico ufficiale della NASA: è la tecnica applicata con successo negli anni Cinquanta del  secolo  scorso per impedire l’adozione di misure restrittive del consumo di tabacco.
In quegli anni cominciavano a comparire dati sperimentali e ricerche epidemiologiche che indicavano un collegamento tra consumo  di tabacco e cancro ai polmoni. In pochi anni in tutta la letteratura scientifica di livello internazionale questo collegamento era considerato scientificamente accertato. Tuttavia, ancora per decenni il tabacco non venne sottoposto a restrizioni o a limiti. Questo risultato è stato l’effetto di una  strategia posta in essere dalle imprese produttrici consistente semplicemente nel disseminare dubbi sulla certezza dei  risultati  scientifici  che andavano  accumulandosi.

Per sorreggere questo obiettivo e per dimostrare che la questione era ancora oggetto di studio sono stati erogati enormi finanziamenti a Università, centri sanitari e ospedali, sono state istituite centinaia di borse di studio, sono stati avviati diecine di progetti di ricerca, istituite fondazioni dotate di ingenti capitali. Sono state incaricate le più importanti agenzie di pubblicità e di comunicazione per convincere l’opinione pubblica che non c’erano prove conclusive che il tabacco fosse nocivo. Un elemento determinante  è stato, inoltre, l’utilizzazione di  scienziati  assai noti  all’opinione pubblica  (alcuni  avevano collaborato in posizione  di  responsabilità  alle  ricerche  sulla  bomba  atomica,  altri  avevano ricoperto incarichi di responsabilità in prestigiosi istituti di ricerca governativi, tutti avevano accesso ai più alti livelli decisionali nel Governo).
Inoltre, una componente fondamentale della strategia del tabacco è stata quella di imporre il principio che dovesse essere attribuita una eguale possibilità a tutte le parti interessate di esporre le proprie tesi in modo da offrire al pubblico una presentazione equilibrata dei fatti e tutti gli aspetti della questione. Il risultato di questa impropria traslazione di un principio valido per il confronto di opinioni politiche  al  dibattito scientifico è stato quello di far apparire legittime tesi prive di fondamento, ottenendo ampi spazi sui mezzi di comunicazione.

Ma il grande pregio del libro non è quello della minuziosa ricostruzione di questa strategia, ma la dimostrazione che essa è stata applicata, con poche varianti, alle successive emergenze ambientali. Prima per ritardare l’adozione delle misure e dei dispositivi volti a ridurre le emissioni di ossidi di zolfo e di azoto dalle centrali di produzione di energia elettrica alimentate a carbone, allorché i dati scientifici stabilirono che quelle emissioni erano la causa delle piogge acide che stavano distruggendo le foreste; poi, per ritardare la messa al bando dei prodotti a base di CFC, dopoché era emersa la prova che l’utilizzo massiccio di questi prodotti stava distruggendo lo strato di ozono che avvolge l’atmosfera. È stata poi applicata per evitare misure rivolte a contenere il cambiamento climatico.

C’è poi un altro dato, quasi incredibile, che il libro dimostra: dietro la strategia del tabacco, applicata poi alle emergenze ambientali, ci sono sempre state le stesse persone e gli stessi scienziati, specializzatisi quali “mercanti di dubbi”.
È un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di chi si occupa di ambiente e di cambiamento climatico, e anche nella biblioteca di chi si occupa di storia della scienza, anche se qui la storia confina e spesso si sovrappone con la cronaca. Purtroppo, difficilmente sarà tradotto in italiano, (già cinque anni sono passati dalla sua pubblicazione negli Stati Uniti): la meticolosa ricerca di documentazione degli autori è infatti polarizzata su dibattiti, intrighi e persone ben note nel mondo scientifico e politico degli Stati Uniti, ma insignificanti altrove: l’accuratezza investigativa degli autori lo ha condannato a una diffusione limitata al territorio nazionale.


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