La prestigiosa rivista Nature Cell Biology ha pubblicato i risultati di uno studio che
identifica in una proteina telomerica il possibile bersaglio per terapie contro
i tumori. La parte terminale del DNA è molto instabile: si degrada chimicamente
ed è soggetta a ricombinazioni più frequenti del resto della molecola.
La
funzione dei telomeri è quella di impedire all’elica di sfibrarsi e per la loro
funzione possono essere considerati come l’orologio biologico della cellula.
Si
accorciano costantemente a ogni duplicazione finché, divenuti criticamente
corti, inducono un blocco della duplicazione e avviano la cellula verso un
processo di senescenza.
Mentre le cellule sane ricorrono l’invecchiamento
cellulare, quelle tumorali impiegano un sistema diverso: attivano la telomerasi. L’espressione di questo
enzima è repressa nelle cellule somatiche a contrario delle cellule germinali e
staminali che possiedono una regolazione specie-specifica. La riattivazione
della telomerasi in cellule in cui normalmente è repressa porta a trasformazioni
neoplastiche dovute a un incontrollata aggiunta di sequenze telomeriche. Assente quindi nelle cellule somatiche ma attiva, però, nell'80%
di quelle tumorali. “Il gruppo da
me coordinato – spiega Annamaria Biroccio del laboratorio di Chemioterapia
Sperimentale del Regina Elena - studia i telomeri e i suoi componenti,
telomerasi e proteine telomeriche, quali potenziali bersagli terapeutici per il
trattamento dei tumori umani.”
L’attenzione dell’équipe di Birocco si è soffermata
sul complesso proteico Shelterin. Tre componenti di questo complesso, TRF1,
TRF2 e POT1 riconoscono in maniera specifica la sequenza TTAGGG impedendo alla
telomerasi di accedere al DNA, salvaguardando così l'integrità dei telomeri.
“La novità
dello studio – prosegue Biroccio - è legata al meccanismo d’azione attraverso
cui TRF2 modula la tumorigenicità.
Abbiamo dimostrato che l’inibizione di TRF2 è in grado di bloccare la crescita
tumorale, non attraverso meccanismi intrinseci legati alla disfunzione del telomero
(attivazione di apoptosi o induzione di senescenza), ma attivando le difese
immunitarie e in particolare le cellule natural
killer. Pertanto TRF2 può avere funzioni non-telomeriche implicate nella
tumorigenesi ed essere un importante bersaglio molecolare per terapie
antitumorali.”
Lo studio multidisciplinare ha visto la collaborazione del gruppo di Carlo Leonetti sempre
Regina Elena e di Antonella Stoppacciaro
dell’Università di Roma.
“Questo studio – sottolinea Ruggero De Maria,
Direttore Scientifico dell’IRE - è un chiaro esempio di come la ricerca di base
possa fornire informazioni preziose per la conoscenza dei meccanismi
responsabili di importanti patologie, contribuendo in modo decisivo al
miglioramento delle strategie terapeutiche.”
La ricerca è stata possibile grazie
ai fondi messi a disposizione dall’AIRC.