fbpx Diagnosticare col telefono | Page 2 | Scienza in rete

Diagnosticare col telefono

Primary tabs

Read time: 2 mins

RDT è l’acronimo inglese per test diagnostico rapido, uno strumento che, grazie alla sua semplicità d’uso, si è rivelato fondamentale per la diagnosi precoce di malattie infettive. Il principio è semplice: mettendo il campione da analizzare – urina, sangue, feci, eccetera – su una striscia dove si trova uno specifico reagente, si produce una reazione che si traduce in una variazione di colore, da confrontare con una scala cromatica specifica per interpretare il risultato. Un gruppo di ricercatori in ingegneria e nano-sistemi dell’Università della California, guidati dal professor Aydogan Ozcan, ha pensato di implementare questo semplice ed efficace test appoggiandosi a uno strumento sempre più diffuso e sempre più sfruttato dalla telemedicina: il cellulare. Ozcan e i suoi colleghi hanno così creato un piccolo lettore di RDT che può essere collegato a uno smartphone e, tramite la sua videocamera e un’applicazione apposita, salvare la variazione di colore dell’RDT come un’immagine digitale. Tale immagine viene poi analizzata verificando la validità del test e rilevandone il risultato, che viene in seguito spedito e archiviato in un server centrale.

Tre i principali vantaggi di questo strumento: innanzitutto, l’analisi digitale dell’immagine consente di ovviare al principale difetto degli RDT, ovvero la lettura dei risultati fatta ad occhio e quindi più soggetta a errore. In secondo luogo, l’immagine digitale può essere salvata per essere analizzata in seguito, cosa attualmente non fattibile dal momento che la variazione di colore di un RDT permane di norma per poche ore. Combinando questa procedura con Google Maps, infine, è possibile creare delle mappe grazie alle quali monitorare in tempo reale la diffusione geografica e temporale delle malattie infettive. Inutile sottolineare quanto un simile strumento possa essere utile per chi si occupa di salute globale e opera in quelle zone povere e remote del pianeta dove vi è scarsa disponibilità degli strumenti medici adatti. Tanto il letture quanto l’accessorio che consente la mappatura dei risultati sono stati implementati su iOS e Android, mentre i risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Lab on chip.

Autori: 
Sezioni: 
Innovazione

prossimo articolo

Il nemico nel piatto: cosa sapere dei cibi ultraprocessati

Il termine "cibi ultraprocessati" (UPF) nasce nella metà degli anni '90: noti per essere associati a obesità e malattie metaboliche, negli ultimi anni si sono anche posti al centro di un dibattito sulla loro possibile capacità di causare dipendenza, in modo simile a quanto avviene per le sostanze d'abuso.

Gli anni dal 2016 al 2025 sono stati designati dall'ONU come Decennio della Nutrizione, contro le minacce multiple a sistemi, forniture e sicurezza alimentari e, quindi, alla salute umana e alla biosfera; può rientrare nell'iniziativa cercare di capire quali alimenti contribuiscano alla salute e al benessere e quali siano malsani. Fin dalla preistoria, gli esseri umani hanno elaborato il cibo per renderlo sicuro, gradevole al palato e conservabile a lungo; questa propensione ha toccato il culmine, nel mezzo secolo trascorso, con l'avvento dei cibi ultraprocessati (UPF).