I cittadini europei riconoscono l’importanza di scienza e tecnologia ma reclamano maggiori garanzie e una migliore informazione. Questo è il sunto di una recente indagine Eurobarometro che dimostra che oltre tre quarti (77%) della popolazione europea pensa che scienza e tecnologia svolgano un ruolo positivo nella società, ma è preoccupata per possibili rischi a danno di ambiente e salute. Per questo motivo, secondo il campione di cittadini europei consultati, la ricerca dovrebbe essere condotta garantendo con più attenzione i principi etici (76%), la rappresentanza di genere (84%) e il dibattito pubblico (55%).
Sono oltre 27mila le persone di ogni strato sociale e gruppo demografico intervistate la scorsa primavera in tutta Europa. Le opinioni raccolte non si discostano sensibilmente dall’indagine condotta sullo stesso tema nel 2010.
Già allora quasi l’80% dei cittadini dichiarava di essere interessato alle scoperte scientifiche e al progresso tecnologico. Molti, però, esprimevano già preoccupazione in merito ai rischi posti dalle nuove tecnologie e al potere che la scienza conferisce agli scienziati. Più del 70% degli europei auspicava che aumentassero i finanziamenti concessi dalla UE e il 65% riteneva che i governi dovessero fare di più per stimolare l'interesse dei giovani verso le materie scientifiche.
Oggi l’interesse generale della popolazione per lo sviluppo di scienza e tecnologia appare piuttosto diffuso (53%), ma il 58% degli intervistati ritiene che si debba fare ancora di più.
Le principali fonti di informazione restano televisione (65%), quotidiani (33%), internet (32%) e riviste (26%).
I paesi scandinavi si confermano quelli a più alta scolarizzazione scientifica e con una maggiore quota di cittadini impiegati nel settore tecnologico. In generale, tuttavia, meno della metà (47%) degli intervistati dell’Unione ha una formazione tecnico-scientifica.
Le risposte del campione italiano, confrontate con quelle rilevate da simili sondaggi, nel 2010 ma soprattuto nel 2005, offrono un quadro particolarmente interessante e spunti di riflessione che dovrebbero guidare scelte programmatiche più lungimiranti.
Nel 2005 l’Italia era tristemente in testa alla classifica europea per alcuni aspetti del sondaggio: era il paese più superstizioso e fra quelli che riteneva che il proprio governo dovesse investire di più in scienza e tecnologia.
Allora il nostro Paese era anche uno degli stati meno preoccupati dall’etica della scienza e i suoi cittadini si distinguevano rispetto alla media europea per la bassa percentuale (10%) di lettori di articoli su temi scientifici.
Ancora oggi, rispetto alla media europea, gli italiani dimostrano minore fiducia nel ruolo positivo che scienza e tecnologia svolgono nella società. Anche se la necessità di prevedere misure a livello europeo per garantire l’eticità dell’operato dei ricercatori e un accesso equo al settore per entrambi i sessi sono temi avvertiti dagli italiani, sorprendentemente, il 34% degli interpellati nel nostro Paese ritiene che in nome di una nuova scoperta scientifica, sia plausibile violare diritti fondamentali. La differenza di genere è un altro ambito su cui riflettere, in Italia.
A informarsi con regolarità su scienza e tecnologia sono il 40% degli uomini e il 29% delle donne, nonostante l’interesse dichiarato per la materia sia quasi identico fra i due sessi (53% vs. 50%). Inoltre, un background di formazione scientifica appare più comune fra le donne (54% vs. 47%), eppure sono ancora gli uomini a risultare maggiormente impiegati nel settore. Del resto, nei Paesi Ocse le donne ottengono più della metà delle lauree universitarie, ma rappresentano solo il 30% di quelle scientifiche e tecnologiche. Non stupisce, invece, che una caratteristica piuttosto diffusa e uniformemente condivisa attraverso gli anni e i Paesi sia il livello di fiducia nei confronti dei diversi attori coinvolti nel settore.
Le categorie che riscuotono meno fiducia fra i cittadini restano gli industriali, i politici e gli intellettuali.
Al contrario, il 66% degli interpellati fa affidamento in coloro che fanno ricerca, soprattutto se impiegati nel settore pubblico, presso laboratori universitari, perché ritenuti più responsabili e più adatti a comunicare con la società.
I risultati dell’indagine, oggi, sono utili soprattutto in vista dell’avvio del prossimo programma europeo su ricerca e innovazione (Horizon 2020), che partirà nel 2014 investendo oltre 80 miliardi di euro in temi di impatto diretto sulla vita dei cittadini, come salute pubblica, trasporti, sicurezza alimentare ed energetica.
Uno dei suoi principali obiettivi sarà avvicinare alla scienza e alla tecnologia le nuove generazioni per incrementare l’ingresso nel mercato delle professioni di questo settore, con particolare attenzione alle donne, tuttora poco rappresentate.