Viene presentata domani 9 maggio, presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche (piazzale Aldo Moro 7 – Roma, ore 10,00-16,30), la pubblicazione scientifica che raccoglie i risultati del Progetto ‘Sepias - Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica’. Lo studio del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie del Ministero della salute è coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr), di cui è responsabile Fabrizio Bianchi, ed è pubblicato sulla rivista 'Epidemiologia & Prevenzione' in un supplemento disponibile on line da domani.
La ricerca ha riguardato 282 residenti in aree del Monte Amiata, nel viterbese, a Taranto e Gela.“Nelle urine dei soggetti controllati abbiamo misurato il contenuto di diverse specie organiche e inorganiche di arsenico, alcune delle quali sono riconosciute cancerogene certe per l’uomo”, spiega Fabrizio Bianchi. “Sono stati misurati inoltre parametri di rischio cardiovascolare mediante ecodoppler carotideo e cardiaco e, nel sangue, numerosi biomarcatori di suscettibilità genetica, di danno al DNA, di effetto precoce”. Ad ogni partecipante è stato sottoposto un questionario.
Dallo studio emergono numerose informazioni di carattere scientifico e sanitario. “Le quattro aree risultano caratterizzate diversamente per distribuzione e tipologia di arsenico assorbito dai partecipanti al biomonitoraggio e anche per alcune caratteristiche genetiche”, prosegue Bianchi. “Per quanto riguarda l’arsenico inorganico sono stati osservati valori medi di concentrazione elevati, sulla base di quelli di riferimento nazionali e internazionali per il biomonitoraggio umano, in un soggetto su quattro sul totale, ma con rilevanti differenze: 40% Gela, 30% Taranto, 15% viterbese, 12% Amiata. Questi dati, da usare con cautela in considerazione dei piccoli campioni, non sono marcatori di malattia ma testimoniano l’avvenuta esposizione”.
Sono emerse alcune associazioni statisticamente significative tra concentrazione di arsenico e fattori di rischio indagati col questionario. “Principalmente con l'uso di acqua di acquedotto e di pozzo, ma anche con esposizioni occupazionali e con consumo di alimenti quali pesci, molluschi o cereali, che dovranno essere indagati con studi specifici”, continua il ricercatore Ifc-Cnr. “La preoccupazione per i rischi ambientali per la salute appare peraltro acutissima, specie nelle due aree industriali. A Taranto e Gela circa il 60% del campione giudica la situazione grave e irreversibile e oltre l’80% ritiene certo o molto probabile che in aree inquinate ci si possa ammalare di tumore o avere un figlio con malformazioni congenite”.
Diversificato il livello di fiducia negli enti locali: “Nel 40% dei casi nell’Amiata e nel 27 a Viterbo, ma solo nel 6% a Taranto e nel 16 a Gela”, conclude Bianchi. “Lo studio ha fornito indicazioni importanti per la definizione di sistemi di sorveglianza nelle aree studiate che includano interventi di prevenzione sulle fonti inquinanti conosciute e la valutazione della suscettibilità individuale all'arsenico. Si suggerisce la prosecuzione del monitoraggio periodico a iniziare dai soggetti con i valori più elevati, per i quali si propone un protocollo di presa in carico, assieme a un’informazione costante e attenta da parte delle autorità, avvalendosi dei ricercatori e degli operatori della sanità pubblica”.
Ufficio Stampa Cnr