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Un Google Maps per il corpo

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Si prospetta una vera e propria rivoluzione in campo biomedico: per la prima volta al mondo un gruppo di ricercatori dell’australiana University of New South Wales (UNSW) ha utilizzato una tecnologia precedentemente top-secret per ingrandire parti del corpo umano fino al livello di una singola cellula. La professoressa Melissa Knothe Tate, titolare della catterda Paul Trainor di Ingegneria Biomedica e capo del progetto, ha riportato i risultati del suo team presso il meeting annuale della società di ricerca ortpedica, tenutosi alla fine del mese di marzo a Las Vegas (Nevada, USA).

I ricercatori australiani hanno sfruttato i medesimi algoritmi dell’ormai famosissimo Google Maps (lo stesso che abbiamo anche sui nostri telefonini) e li hanno applicati alla tecnologia di imaging sviluppata da Zeiss, l’azienda tedesca leader internazionale nelle misurazioni ottiche ed optoelettroniche, una metodica originariamente ideata per scansionare wafer di silicio alla ricerca di eventuali difetti. Questo approccio ha consentito agli studiosi di esplorare a fondo l’osteoporosi e l’osteoartrite, ingrandendo le immagini a partire dall’intera articolazione fino ad arrivare al livello cellulare - proprio come si fa con Google Maps - e riducendo ad una questione di settimane analisi che avrebbero richiesto fino a 25 anni per essere completate.

Il team della professoressa Knothe Tate è stato il primo ad utilizzare tale tecnologia negli esseri umani, mentre ricerche simili sono in corso presso le Università di Harvard (Cambridge, Massachusetts, USA) e di Heidelberg (Germania) per mappare i percorsi e le connessioni neurali nel cervello dei topi. Per realizzare il suo progetto la Knothe Tate, esperta di biologia cellulare e medicina rigenerativa, ha organizzato una partnership con le aziende Zeiss e Google per gestire la grossa mole di dati, si parla addirittura di terabyte, raccolti dagli studi dell’anca umana.

La nuova tecnologia offre per la prima volta la possibilità di passare dalla visualizzazione di tutto il corpo fino ad arrivare alle cellule e al modo in cui si nutrono e di osservare come tutto ciò sia collegato. Ciò potrebbe aprire la strada a terapie ancora sconosciute e nuove tecniche preventive. Lo stesso gruppo di ricerca ha infatti già dimostrato un legame tra il trasporto molecolare attraverso sangue, muscoli e ossa e l’osteoartrite nelle cavie che, esattamente come gli esseri umani, sviluppano l’artrosi con l’avanzare dell’età. La malattia viene da sempre considerata come il risultato di una rottura della comunicazione cellulare; la nuova metodica permetterà di osservare nel dettaglio dove e come essa si interrompe.

Numerosi studi hanno esplorato il trasporto molecolare all'interno dei tessuti ossei, ma in pochi hanno esplorato lo scambio tra diversi tipi di tessuti quali la cartilagine e l'osso. Comprendere come avviene la segnalazione molecolare e il traffico di nutrienti tra i tessuti potrebbe perciò sbloccare una vasta gamma di trattamenti, tra cui terapie fisiche ed esercizi di prevenzione di routine.

Strumenti di ricerca avanzata come questi forniscono una piattaforma tecnologica per rispondere alle più difficili domande ancora senza risposta nella scienza, aprendo la strada a scoperte fondamentali le cui implicazioni sono insondabili allo stato attuale, ma che in futuro potranno permetterci di migliorare la nostra salute e qualità di vita

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