Caro Presidente Chiamparino,
le conclusioni dell’ultima relazione della Corte dei Conti (CdC) sull’operato dell’Istituto superiore di sanità (Iss) (presentano la seguente affermazione: “Resta sostanzialmente costante l’indice di dipendenza finanziaria dalle pubbliche contribuzioni che supera il 90% … delle entrate. Andrebbero, pertanto, potenziate, a giudizio della Corte dei conti, le entrate connesse alla “vendita di beni e prestazioni di servizi” costituite principalmente dalle somme derivanti dai servizi a pagamento resi a terzi …”.
Potrebbe apparire una richiesta ovvia. A fronte di un calo delle risorse trasferite attraverso il bilancio statale – da 124 milioni di euro del 2010, a 110 nel 2012, a 104 nel 2014 – oltre a rendere più efficiente il funzionamento, bisogna rimboccarsi le maniche e trovare finanziamenti aggiuntivi.
In questo modo è stata infatti recepita anche dal Presidente dell’Iss, Walter Ricciardi, il quale ha voluto ricordare, in una email al personale, che “La Corte … ci ammonisce a non dipendere esclusivamente dal finanziamento pubblico” sottolineando che “Poiché le indicazioni della Corte dei Conti sono prescrittive dell'azione di governo degli enti pubblici vi invito caldamente a tenerne conto…”.
Il fatto è che la richiesta della CdC dà per scontati due vincoli che non dovrebbero essere affatto scontati: il primo, è che il bilancio pubblico dell’Iss possa non essere sufficiente a coprire le spese; il secondo, che la copertura vada trovata aumentando la vendita di servizi a terzi.
Nel 1978, quando è stato varato il Servizio sanitario nazionale, è stato attribuito all’Iss il ruolo di organo tecnico-scientifico. Per svolgere questa funzione serve un livello di competenza scientifica che può essere acquisito solo se si svolge un’attività di ricerca – di base e applicata - nelle materie sulle quali ci si esprime. È poi necessario che i giudizi espressi siano indipendenti, liberi da condizionamenti. Finora, le norme che regolano l’Iss hanno sancito l’autonomia scientifica, e i finanziamenti statali hanno garantito che l’attività dell’Iss fosse libera da quei condizionamenti inevitabilmente presenti quando la sopravvivenza è legata alle singole prestazioni fornite.
Il rischio, è noto, riguarda i conflitti di interesse. I quali diventano evidenti a tutti quando il finanziamento proviene da aziende private che hanno un interesse diretto ad ottenere risultati che vadano in una direzione anziché in un’altra. Ma possono anche riguardare finanziamenti pubblici, se i finanziamenti ad hoc sono necessari alla sopravvivenza di una istituzione e possono essere subordinati al sostegno diretto o indiretto di posizioni del Ministro o del Governo pro-tempore.
La credibilità di una istituzione non si perde a causa di singoli errori: chiunque può sbagliare e anche una istituzione di ricerca può trovarsi a correggere giudizi espressi in precedenza. Il grado di fiducia, la credibilità, possono però essere compromesse anche solo per il sospetto che la posizione dell’Iss, ad esempio sugli effetti sulla salute di una esposizione a fattori di rischio, sia condizionata dalla presenza concomitante di finanziamenti da parte di una multinazionale alimentare, o di un’azienda farmaceutica, o di un produttore di dispositivi medici.
Non si tratta di esempi a caso. Ogni giorno l’Iss è chiamato a esprimersi su queste e altre delicate materie con potenziale impatto sulla salute: lo fa attraverso pareri, linee guida, partecipazione a comitati tecnici nazionali e internazionali nei quali vengono stabiliti standard condivisi. Non serve una grande fantasia per comprendere come l’Iss potrebbe trovarsi a vendere servizi proprio nelle materie nelle quali è più delicato il suo ruolo. E quasi certamente, a nulla varrebbe cercare di separare formalmente le attività inerenti la vendita dei servizi da quelle “istituzionali”. I conflitti di interesse finiscono per colpire l’intera istituzione, se non altro per il fatto che coloro che la dirigono sarebbero costretti a indossare continuamente un doppio cappello.
Le Regioni, per il ruolo fondamentale svolto nel SSN, dovrebbero essere particolarmente interessate al buon funzionamento dell’Iss. Se questo Istituto non fosse in grado di svolgere le sue funzioni, ciascuna Regione si troverebbe costretta a duplicare, all’interno della propria realtà regionale, il tipo di competenze oggi coperte dall’Iss: un’opzione in tutta evidenza irragionevole e inefficiente.
In queste settimane è in corso, a poco meno di un anno e mezzo dal commissariamento avvenuto a luglio 2014, il rinnovo degli organismi dell’Iss: Consiglio di amministrazione e Comitato scientifico. Fra gli altri compiti, questi due organi si troveranno immediatamente ad approvare i nuovi regolamenti organizzativi. Le Regioni dovranno indicare 2 dei 5 componenti del CdA e 2 degli 11 componenti del Comitato scientifico. Non si tratta solo di scegliere persone che condividano l’importanza dell’attività di ricerca per produrre nuove conoscenze e come strumento per la tutela della salute dei cittadini. Si tratta anche di utilizzare questa occasione per rendere pubblica la discussione sull’Iss, sulle sue funzioni e sull’entità delle risorse necessarie.
Se ci sono inefficienze da recuperare, o nuovi compiti da coprire, tutti coloro che sono chiamati a dare indirizzi e a gestire l’Iss hanno l’obbligo di attuare gli interventi necessari. Va però evitato il rischio che una scelta presentata come “tecnica”, come quella del ricorso a finanziamenti alternativi a quelli pubblici, possa avere effetti negativi sulla credibilità e sulla collocazione dell’Iss. Oggi, nonostante tutti i suoi limiti, l’Iss è ancora l’organo tecnico-scientifico del SSN e uno strumento di garanzia di tutti i cittadini. Le Regioni hanno tutto l’interesse a promuovere una discussione con Governo e Parlamento per rafforzare le funzioni che devono essere assolte dall’Iss e rendere esplicite le risorse pubbliche per garantire l’attività.
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