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I ricercatori non crescono sugli alberi

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Sono molti i libri usciti negli ultimi anni che trattano della crisi della ricerca scientifica e dell’Università in Italia e recentemente sembra vi sia stata addirittura una accelerazione nella pubblicazione di questa saggistica. Già questo può essere considerato un indicatore del crescente malessere di chi, per una ragione o per un’altra, si relaziona con questo settore, così importante, della nostra società. I titoli sono istruttivi: L’università dei tre tradimenti; Tre più due uguale a zero; La scienza negata; La ricerca tradita; L’università italiana: un irrimediabile declino?; L’università truccata; ….

I ricercatori non crescono sugli alberi di Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi (Saggi Tascabili Laterza, 118 pagine per 12,00 €) si è recentemente aggiunto alla lista contribuendo, con un altro tassello,  a un quadro sempre più deprimente che descrive il declino di un paese incapace di riconoscere all’Università e alla ricerca scientifica l’importanza che loro deriva dall’essere, soprattutto al tempo della società della conoscenza, i cardini su cui ruotano lo sviluppo e il benessere futuro di un paese.

Sylos Labini e Zapperi, due fisici che si occupano l’uno di astrofisica, cosmologia e fisica teorica presso l’Istituto dei sistemi complessi del CNR a Roma, e l’altro di fisica dei materiali disordinati presso il CNR-INFM di Modena, applicano al loro saggio lo stesso rigore cui sono abituati nel lavoro quotidiano di ricerca e forniscono numeri e dati per documentare la loro analisi. Toccano sì i temi su cui anche altri si sono soffermati: l’ormai cronica mancanza di risorse, le baronie e i nepotismi, la burocratizzazione del sistema, la mancanza di una politica organica di reclutamento – e lo fanno con grande chiarezza e consecutio logica – ma offrono anche una puntuale analisi della demografia universitaria (su cui gli autori vanno insistendo da tempo) e un lucida spiegazione della necessità della gestione e del finanziamento pubblico alla ricerca. Leggete il secondo capitolo del libro – un’università invecchiata – e capirete come sia possibile che gli autori, maturi quarantenni, siano, per il nostro sistema, ancora ragazzi. Sul tema della valutazione poi offrono una discussione critica dell’utilizzo di indicatori classici come il numero di citazioni e l’indice di Hirsch o dell’impact factor.

È un libro, questo  I ricercatori non nascono sugli alberi, che vale senz’altro la pena leggere (e si legge rapidamente e con interesse) e che raccomando a coloro che vogliono capire come mai, anno dopo anno, il nostro Paese perde posizioni nelle classifiche internazionali costruite per valutare la crescita, la capacità di innovazione, le prospettive di sviluppo, lo stato di benessere dei vari paesi.

Perché per dirla con Sylos Labini e con Zapperi  “il finanziamento alla ricerca, se ben gestito, non è un costo ma l’investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e quello delle nuove generazioni”. Ma questo concetto, in Italia, è purtroppo ancora patrimonio di pochi.


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In queste settimane, sul tema del finanziamento delle università e della ricerca, assistiamo a un rimpallo di numeri nei comunicati della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e del MUR (Ministero della Università e della Ricerca). Vorremmo provare a fare chiarezza sui numeri e aggiungere alcune considerazioni sugli effetti che la riduzione potrà avere sui nostri atenei ma anche sul paese in generale.