Davide Massari ha ottenuto una menzione speciale al Premio giovani ricercatori edizione 2020 categoria Astrofisica e spazio: "Origin of the system of globular clusters in the Milky Way", Astronomy and Astro-physics 2019.
Motivazione: per l'utilizzo innovativo dei dati di Gaia, relativi agli ammassi globulari, per tracciare la storia della formazione della nostra galassia.
Secondo il modello cosmologico attualmente più accettato, ovvero quello del Big Bang, le galassie oggi più massive, come la nostra Via Lattea, hanno raggiunto la loro dimensione fondendosi con galassie più piccole.
Il numero e le caratteristiche degli eventi di fusione che hanno plasmato la Via Lattea sono rimasti a lungo un mistero, poiché gli sciami stellari che si originano dalla disgregazione delle galassie cannibalizzate si mescolano presto alle stelle “indigene”, ed è quindi estremamente difficile riconoscerli. La caratteristica più importante che questi mantengono inalterata, e che li rende distinguibili dal resto delle stelle della nostra Galassia, è il loro movimento.
Il modo migliore per identificare stelle nate in galassie esterne è quindi ricercare sciami stellari che si muovono nello stesso modo. Misurare il moto delle stelle è stato per molto tempo un obiettivo irraggiungibile, poiché la precisione richiesta superava le possibilità dei telescopi esistenti. Tuttavia ciò è diventato recentemente possibile grazie alle osservazioni del satellite Gaia, che ha rivoluzionato la comprensione di come la nostra Galassia si è evoluta. Infatti, grazie a Gaia e alle misure di moti stellari che esso ha fornito, sono state scoperte quattro galassie oggi completamente distrutte, fusesi con la Via Lattea miliardi di anni fa.
Purtroppo, Gaia non può rilevare la presenza di galassie distrutte nelle regioni esterne (troppo distanti) e in quelle centrali (troppo oscurate dalle polveri interstellari) della Via Lattea. In queste zone, infatti, le stelle sono troppo deboli per poterne misurare il movimento. Per questo motivo, nel nostro studio abbiamo investigato queste regioni con un metodo innovativo, ovvero utilizzando dei traccianti molto più brillanti delle stelle: gli ammassi globulari.
Gli ammassi globulari sono infatti dei sistemi stellari che contengono centinaia di migliaia, a volte milioni di stelle, e la loro luminosità è di conseguenza proporzionalmente maggiore. Nella nostra Galassia ne sono stati scoperti circa 160, ma non necessariamente questi sono tutti “indigeni”. Infatti, se una galassia cannibalizzata dalla nostra in passato avesse ospitato un sistema di ammassi globulari, questi avrebbero potuto sopravvivere all’evento di fusione, apparendo oggi indistinguibili da quelli nati nella Via Lattea.
Studiando le loro proprietà, siamo riusciti a determinare la galassia originaria per più di 150 ammassi globulari. La maggior parte di quelli nati in galassie esterne sono stati associati agli eventi di fusione galattica conosciuti o scoperti dal satellite Gaia. Invece, un gruppo piuttosto numeroso di essi, una ventina, ha mostrato moti, età e metallicità coerenti, ma la loro galassia progenitrice non corrisponde ad alcuna di quelle ad oggi conosciute. Date le caratteristiche degli ammassi globulari ad essa associati, questa galassia doveva essere particolarmente massiva e si è probabilmente fusa con la Via Lattea più di 11 miliardi di anni fa, dissolvendosi completamente. Ciò significa che con il nostro studio abbiamo scoperto il primo evento significativo di fusione di cui la Via Lattea ha avuto esperienza nella sua vita, il cui sciame stellare è tutt’ora nascosto nelle regioni Galattiche più interne.
Questa conclusione, stilata al tempo della domanda per partecipare al premio organizzato dal Gruppo 2003, ha da poco ottenuto una importantissima conferma. Proprio nelle regioni più centrali della Via Lattea, è stato infatti trovato lo sciame stellare associato all’evento di fusione da noi scoperto tramite gli ammassi globulari. Questo conferma la veridicita’ della nostra scoperta, ed apre un nuovo fronte di indagine volto a studiare la storia evolutiva della Via Lattea sfruttando gli ammassi globulari, stavolta nelle regioni Galattiche a noi più lontane.