fbpx Mario Draghi troverà il suo Vannevar Bush per mettere la ricerca al centro della politica? | Scienza in rete

Spediamo a Draghi la lettera di Vannevar Bush per rilanciare la ricerca

Nel suo discorso programmatico al Senato, Mario Draghi ha fatto riferimento alla necessità di un adeguato finanziamento della ricerca scientifica - «non escludendo quella di base» - per la rinascita del Paese. Un riferimento che richiama alla mente il documento redatto da Vannevar Bush e indirizzato al presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt nel 1945 (Science - The endless frontier), con cui lo scienzato perorava un massiccio investimento da parte dello Stato nella ricerca, come «leva dello sviluppo economico, sanitario e militare delle nazioni». Nell'articolo, l'epidemiologo Luigi Bisanti ricorda la sintesi della proposta di Vannevar Bush fatta da Pietro Greco, che nell'introduzione al libro analizzava anche le ragioni per cui in Italia la ricerca scientifica non ha mai avuto il giusto riievo politico. Ma quello che non è successo in passato potrebbe succedere adesso, con Next Generation EU e il governo Draghi?

Nella foto, il dottor Vannevar Bush in laboratorio (AP).

Tempo di lettura: 14 mins

Caro Presidente, 

è iniziata la sfida per il futuro. Dobbiamo decidere il ruolo che avrà il nostro Paese nel nuovo ordine mondiale. Se vogliamo che sia di primo piano, come ci compete, dobbiamo puntare sulla scienza, che è la leva per lo sviluppo economico, oltre che per la sicurezza sanitaria e militare, delle nazioni. Noi non abbiamo un programma nazionale di sviluppo scientifico. Nel nostro Paese la scienza è rimasta dietro le quinte, mentre andrebbe portata al centro dell’attenzione, perché a essa si legano le speranze per il futuro. Non possiamo attenderci che questa lacuna venga colmata dall’industria privata. L’industria si occupa d’altro. L’impulso alla ricerca può venire solo dal Governo. È il Governo che deve investire molto di più e molto meglio se vogliamo vincere la sfida del futuro.

Questa è la sintesi estrema di una lunga lettera scritta da Vannevar Bush a Franklin D. Roosevelt nel 1945. L’autore della sintesi è Pietro Greco, l’anno il 2013, il destinatario un generico Presidente del Consiglio dei ministri italiano, come potrebbe essere Mario Draghi. La lettera non è stata mai spedita; probabilmente per irreperibilità di un interlocutore attento. Con questa lettera Pietro Greco - che definisce l’originale clamoroso perché straordinariamente attuale - comincia e conclude la sua lunga Introduzione al libro di Vannevar Bush Science - The endless frontier, tradotto e pubblicato per la prima volta in Italia nel 2013 da Bollati Boringhieri con il titolo Manifesto per la rinascita di una nazione - Scienza, la frontiera infinita. Il libro, conosciuto già da decenni in molti Paesi europei e altrove, appare in Italia con un ritardo di quasi settant’anni dalla sua prima pubblicazione a Washington nel 1945, a riprova dello scarso interesse anche solo culturale all’argomento qui da noi. Si tratta di un libro agile di sole 140 pagine, equamente distribuite tra la profonda e documentata analisi storica contenuta nell’Introduzione di Pietro Greco e quello che è stato poi ricordato come il rapporto Bush.

L’antefatto del rapporto, in breve, è il seguente. Il Presidente degli Stati Uniti d’America, Franklin D. Roosevelt, consapevole della prossima conclusione vittoriosa per il suo Paese della guerra mondiale, riflette sulla necessità di riconvertire a usi civili l’enorme apparato scientifico e tecnologico messo in piedi in quegli anni a fini bellici. Con una lettera del 17 novembre 1944 Roosevelt pone il problema e chiede consigli dettagliati su come risolverlo a Vannevar Bush, brillante ingegnere, matematico, informatico, vice presidente del MIT fino a quando, nominato consigliere scientifico del Presidente, viene posto a capo dell’Office of Scientific Research and Development, struttura che opera in segretezza a cui sono stati affidati due obiettivi strategici principali: la supervisione del Manhattan Project e l’ideazione e realizzazione di una partnership tra lo stato, il mondo della scienza e l’industria, finalizzata allo sviluppo delle tecnologie necessarie alle esigenze belliche.

Le due domande principali che Roosevelt rivolge a Bush nel 1944 sono:

  • Che cosa può fare il Governo da qui in avanti per favorire la ricerca scientifica tramite organizzazioni pubbliche e private? Occorre considerare attentamente il ruolo della ricerca pubblica e privata, analizzando il rapporto fra le due realtà.
  • È possibile proporre un programma efficace volto a individuare e sviluppare il talento scientifico nei giovani americani? Nuove frontiere della mente si aprono davanti a noi e se le supereremo […] potremo ottenere migliori e più feconde condizioni lavorative, e migliori e più feconde condizioni di vita.

Per meglio cogliere il valore dirompente del progetto di Roosevelt bisogna richiamare uno dei pilastri dell’ordinamento federale degli Stati Uniti: il non intervento dell’amministrazione centrale sugli assetti organizzativi e finanziari delle principali strutture sociali comprese l’economia, la scienza e l’istruzione, domini anch’esse della libera impresa. Non sorprende quindi che l’articolata risposta ai quesiti del Presidente - il rapporto Bush - che prefigura un’alleanza tra Stato, Scienza e Società, con un inedito ruolo leader del primo, abbia causato meraviglia e qualche sconcerto in quanti (politici, imprenditori, scienziati e cittadini) la interpretavano piuttosto come un’ingerenza e una minaccia all’autonomia dell’impresa e della scienza.

Cosa succede quando lo scienziato giusto incontra il politico giusto

Ma in quella circostanza accadde l’improbabile: lo scienziato giusto trovò il politico giusto, e viceversa. Roosevelt fu eletto Presidente nel 1933 ed ebbe subito chiaro che per uscire dalla perdurante depressione economica iniziata nel 1929 bisognava infrangere il mito del non intervento con azioni sistemiche dell’amministrazione centrale volte a rianimare una domanda e un mercato esangui. Scrive Pietro Greco nella sua Introduzione: per la prima volta nella storia degli Stati Uniti lo Stato irrompe nella vita sociale della nazione americana. È il New Deal. Roosevelt resta in carica 12 anni, dal ’33 al ’45, vincendo per quattro volte le elezioni presidenziali. Sotto la sua guida lo Stato interviene con enormi finanziamenti in tutti i settori dell’economia ma fatica a coinvolgere le università, gli istituti di formazione e il mondo della ricerca scientifica che si arroccano a difesa della tradizionale autonomia. Fino al’41, quando gli Stati Uniti entrano in guerra e tutto cambia. L’economia diventa una economia di guerra e il coinvolgimento delle università e della ricerca scientifica è imposto dalla necessità di prevalere sul nemico con tecnologie sempre nuove. Quando a novembre ’44 Roosevelt fa la sue richieste a Bush, l’anima americana è ancora e continuerà ad essere liberista, ma il clima è cambiato. Sia il politico, sia lo scienziato manager della ricerca, ma anche la società nel suo insieme, hanno fatto esperienza diretta dei vantaggi prodotti da una visione nazionale della ricerca scientifica, dall’azione di stimolo, facilitazione e sostegno dell’amministrazione federale a favore di tale visione, dal coordinamento delle strutture produttive per lo sviluppo tecnologico dei risultati della ricerca scientifica. Quegli anni sono stati, scrive Pietro Greco, il banco di prova di quella che noi oggi chiamiamo l’economia e la società della conoscenza.

Nascono l'economia e la società della conoscenza

Bush e Roosevelt erano particolarmente in sintonia su due punti richiamati nell'Introduzione: 1) la crescita dell’economia e del benessere sociale […] richiedono che gli Stati Uniti trasformino la loro specializzazione produttiva puntando sulla ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica; 2) per sviluppare il settore della ricerca scientifica è necessario un intervento diretto e importante del Governo federale.

Bush incarica una commissione, da lui stesso presieduta, di redigere le risposte ai quesiti del Presidente dando loro la forma di linee guida della nuova politica scientifica del Governo federale degli Stati Uniti d’America per i prossimi anni e, forse, decenni. Il lavoro della commissione sarà lungo e dettagliato. Il rapporto che ne scaturisce, Science - The endless frontier, definito da Pietro Greco una sorta di manifesto sia per la politica di ricerca sia, più in generale, per la politica economica di un Paese, verrà spedito al nuovo Presidente degli U.S.A. Harry S. Truman il 25 luglio 1945. La guerra in Europa è appena finita, il bombardamento atomico - e la conseguente resa - del Giappone avverranno nelle tre settimane successive. Roosevelt è morto il 12 aprile dello stesso anno, a meno di tre mesi dall’inizio del suo quarto mandato presidenziale.

La ricerca di base è strategica per il Paese

Il rapporto si sviluppa lungo quattro linee principali: la ricerca di base ha valore strategico per il Paese; solo il merito deve guidare l’accesso degli studenti ai livelli superiori dell’istruzione e degli scienziati al lavoro di ricerca; un’unica agenzia ha in carico il governo e il finanziamento del programma nazionale per lo sviluppo della scienza; l’autonomia della ricerca è feconda e, perciò, irrinunciabile.

La ricerca di base ha valore strategico per la tutela della salute e del benessere dei cittadini, per lo sviluppo tecnologico che è premessa necessaria per nuove, migliori e più economiche produzioni e, di conseguenza, per la piena occupazione e per la crescita economica. Bush scrive nel suo rapporto: Se la ricerca di base venisse trascurata, il progresso dello sviluppo industriale finirebbe nella stagnazione. Una nazione che dipende dall’esterno per il suo sapere scientifico di base si troverà, indipendentemente dalle proprie capacità tecniche, rallentata nel progresso industriale e debole nella competizione commerciale.

È necessario potenziare il capitale scientifico

È interesse dello Stato formare e reclutare un alto numero di giovani scienziati, selezionandoli solo per merito. Il mantenimento e l’accrescimento del capitale scientifico che deriva dalla ricerca di base è possibile se il Governo favorisce la formazione e il reclutamento di un gran numero di giovani scienziati, selezionati solo per merito, attraverso un piano nazionale di finanziamento delle università e degli istituti di ricerca. Bush cita a riguardo James B. Conant, presidente in quegli stessi anni della Harvard University: in ogni settore dell’area che possiamo correttamente definire “scienza”, il fattore limite è sempre quello umano. Il nostro progresso avanzerà rapidamente o lentamente, in una direzione o in un’altra, a seconda di quanti uomini realmente capaci vi risulteranno impegnati. In ultima analisi, il futuro della scienza in questo Paese sarà determinato dalla nostra politica di fondo sul tema dell’istruzione.

Bush, inoltre, affida allo Stato il compito di vigilare che non vi siano altri vincoli, se non di merito, alla progressione negli studi, per evitare che discriminazioni economiche e di altra natura sottraggano alla scienza coloro che hanno le qualità intellettive richieste. Se fossero le capacità, e non il destino famigliare, a stabilire chi debba ricevere un’istruzione superiore in campo scientifico, sarebbe garantito un costante miglioramento qualitativo a ogni livello dell’attività scientifica.

Un programma nazionale per lo sviluppo della scienza

Tocca al Governo, quindi, assumere la responsabilità di ispirare, coordinare e finanziare un’azione combinata di promozione della ricerca scientifica e di sviluppo del talento scientifico dei giovani scienziati. Per adempiere efficacemente queste nuove responsabilità occorrerà il totale impegno di un’agenzia trasversale preposta a questi obiettivi. A questa agenzia spetta il compito di procurare e assegnare i fondi per la ricerca di base a istituzioni senza scopo di lucro, coordinare programmi di ricerca su temi di particolare importanza per il benessere del Paese, formulare per il Governo una politica nazionale di sviluppo della scienza, sponsorizzare l’interscambio di informazioni scientifiche fra scienziati e laboratori nazionali ed esteri e assicurare il mantenimento degli incentivi per la ricerca nell’industria e nell’Università. Indipendentemente dalla loro entità i finanziamenti assegnati dall’agenzia dovranno mantenersi stabili per alcuni anni in modo da consentire l’avvio di programmi ad ampio raggio.

La ricerca non può che essere libera, ma finanziata dallo Stato

La ricerca scientifica non può che essere autonoma nella scelta dei temi, dei tempi e delle modalità della ricerca. L’agenzia sarà finanziata con fondi pubblici ma beneficerà di autonomia gestionale. A dirigere l’agenzia saranno chiamati uomini esperti di management della scienza e dell’istruzione. Ad essi spetterà il compito di decidere in autonomia l’allocazione delle risorse, guidati esclusivamente dall’eccellenza e dall’esperienza di ricerca dei centri candidati. Dovrebbe trattarsi di un organismo composto da persone di ampi interessi e vasta esperienza, capaci di comprendere le peculiarità della ricerca e della formazione scientifica.

Questa asserzione è all’inizio del rapporto di Vannevar Bush:

Senza progresso scientifico nessun risultato in altre direzioni, per quanto grande, potrà mai assicurarci la salute, la prosperità e la sicurezza necessarie a una nazione del mondo moderno.

E questa previsione lo conclude:

Dalla saggezza con cui sapremo mobilitare il sapere scientifico per risolvere i problemi degli anni a venire dipenderà in ampia misura il futuro della nostra nazione.

Entrambe fanno intendere quanto innovative siano state la sua visione della scienza e le sue proposte di politica della scienza.

La ricerca deve essere libera o rispondere a indirizzi politici? Truman e il rapporto Steelman

Il rapporto Bush è stato argomento di discussione nei dieci anni successivi alla sua pubblicazione. Il punto più controverso ha riguardato l’autonomia della ricerca scientifica che Bush reclamava dover essere non solo intellettuale ma anche gestionale. Rimarchevole, quindi, è il fatto che le dispute, per quanto aspre, non siano state sul se ma sul come tradurre in pratica il nuovo concetto esposto da Bush sulla centralità strategica della scienza per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Nella visione di Bush lo Stato interviene nel programma nazionale di sviluppo della scienza come un mecenate (sostegno disinteressato) non come un investitore (sostegno per un profitto).

Bush non coglie il punto di vista di Truman, convinto assertore della centralità della scienza, che però rifiuta l’idea che lo Stato possa intervenire con ingenti finanziamenti pubblici in deroga però, in nome dell’autonomia gestionale della ricerca, all’obbligo costituzionale di controllo della spesa pubblica. Se si riscrivono i rapporti tra scienza e società (e su questo sono tuti d’accordo) affidando alla prima un ruolo strategico per l’economia, la salute, la sicurezza e lo sviluppo sociale e impegnando per questo grandi risorse pubbliche, è velleitario pensare che tale progetto possa sottrarsi al controllo del popolo attraverso le sue articolazioni democratiche.

La sintesi di Pietro Greco nella sua Introduzione è: Truman dimostra di non voler cambiare cavallo, ma solo di volerlo guidare. Truman incarica John R. Steelman, a capo di una commissione consultiva insediata ad hoc, di redigere un accurato rapporto sullo stato della ricerca scientifica nella federazione e di formulare proposte che tengano conto del nuovo ruolo che lo Stato è chiamato a svolgere per dare seguito alla politica della scienza delineata da Bush. Occorre trovare un punto di equilibrio tra la necessità per gli scienziati di sviluppare la ricerca in assenza di vincoli esterni e la necessità dello Stato finanziatore di esercitare i controlli che ad esso competono.

Il Rapporto Steelman è pubblicato nel 1947 con il titolo Program for the nation; per molti costituisce il punto di equilibrio che faticosamente si andava cercando. Per dirla ancora con Pietro Greco: la ricerca ha assunto il ruolo di leva dello sviluppo, come indicato da Bush, guidata dal Governo federale, come indicato da Steelman. Bisognerà aspettare il 1950 perché venga istituita l’agenzia voluta da Bush alla quale verrà dato il nome di National Science Foundation e, per decisione di Truman, una dotazione pari all’1% del PIL (il doppio di quanto previsto da Bush nel documento Science - The endless frontier). L’agenzia avrà un Consiglio e un Presidente, indicati dalla comunità scientifica e direttamente nominati dal Presidente degli Stati Uniti.

La sottovalutazione politica della scienza in Italia

Nella parte conclusiva della sua lunga Introduzione, Pietro Greco conduce un’analisi storica accurata sull’andamento parallelo registrato in Italia, dal dopoguerra ad oggi, dello sviluppo economico e dello sviluppo scientifico e tecnologico. In Italia non sono mancati innovatori e pensatori di una politica della scienza commisurata ai bisogni di sviluppo economico e sociale del Paese. Fa riferimento a riguardo a Vito Volterra, Edoardo Amaldi e Antonio Ruberti. Difettavano piuttosto gli interlocutori politici. Insomma qualche Bush e Steelman c’è stato, sono i Roosevelt e i Truman che non si trovavano.

Pietro Greco non addebita ciò a carenze soggettive o culturali quanto piuttosto a una diffusa carenza di domanda sociale ed economica di scienza. Dopo il ’45 l’Italia è passata da un’economia agricola a una economia industriale ma il modello di sviluppo adottato, già all’inizio degli anni ’60, si è caratterizzato come anomalo rispetto a quello dei Paesi ad economia avanzata. Pietro Greco definisce quello italiano uno sviluppo senza ricerca. Grazie al basso costo relativo del lavoro e alla possibilità di ricorrere di frequente alla svalutazione competitiva della lira, l’industria si è specializzata nella produzione di beni a media e bassa tecnologia che non aveva bisogno del quel flusso continuo di innovazione che solo la scienza, come sosteneva Vannevar Bush, può dare. Un piccolo cabotaggio che ha permesso al nostro Paese di mantenere la posizione del più povero tra i ricchi.

Ma la nuova globalizzazione degli anni ’80 ha interrotto sia il vantaggio del basso costo del lavoro, per l’irruzione sulla scena dell’industria dei Paesi poveri, sia il vantaggio della svalutazione competitiva, per l’avvento in Europa prima del sistema di cambi fissi tra le monete e poi della moneta unica. È l’inizio del declino lungo dell’economia italiana che dura ancora. Se si esclude l’opzione di competere con i Paesi poveri sul costo del lavoro attuando un clamoroso dumping sociale, la sola alternativa che rimane è quella prospettata da Vannevar Bush: cambiare la specializzazione produttiva della nostra economia, passando da un modello di sviluppo senza ricerca a un modello di sviluppo fondato sulla conoscenza. I Paesi europei che da tempo hanno fatto questa scelta hanno uno sviluppo economico forse scarso, forse rallentato o tormentato da durature contingenze, ma non cronicamente stagnante come è il nostro. Ancora Pietro Greco: siamo un Paese che da alcuni decenni pone sistematicamente la scienza dietro le quinte e che, di conseguenza, da alcuni decenni non sa immaginare il proprio futuro.

Next Generation EU e il rilancio della scienza in Italia

Il rapporto Bush è un’ulteriore prova della possibilità di volgere in opportunità una crisi.

Ogni analogia tra la pandemia attuale e la guerra mondiale in cui ha operato Bush è impropria; la sola ammissibile è l’enormità di entrambi gli eventi. Anche in questa occasione, come in altre occasioni catastrofiche, ricorre l’espressione “nulla sarà più come prima”. Ma c’è da temere che l’esito più probabile della crisi, come nelle precedenti catastrofi, sia che tutto torni com’era prima. Lo fa temere l’uso preferenziale, a tutti i livelli, di Recovery fund - che fa pensare al passato, al ripristino delle condizioni precedenti la pandemia - invece di Next generation EU - che fa pensare al futuro, all’opportunità di non riprodurre le condizioni che sono state concausa o che hanno aggravato gli effetti della pandemia. Entrambe le espressioni fanno riferimento a grandi risorse messe a disposizione dall’UE a condizioni eccezionalmente vantaggiose, ma solo la strategia Next generation EU lascerebbe spazio a un tentativo di attualizzazione italiana del rapporto Bush, giacché, come ci ricorda Pietro Greco, il rapporto Bush è un programma politico ed economico, prima ancora che scientifico. L’unico programma che può invertire il lungo cammino di declino del nostro Paese e iniziare a costruire finalmente un futuro.

Investire nella scienza non ha una resa a breve termine; può interessare agli statisti, ma non ai cacciatori di consensi per mestiere. Pietro Greco non ha trovato a chi mandare la sua lettera nel 2013 e tanto meno negli anni successivi. Anche il nuovo Governo italiano non pullula di statisti ma non sono pochi i ministri esperti di scienza e di management della ricerca; questi hanno dalla loro due fatti e, chi più chi meno, due presunzioni: si trovano ad essere allo stesso tempo uomini di scienza e decisori. Il Presidente Draghi ha chiesto la fiducia del Senato includendo nel programma di Governo il sostegno alla ricerca di base e la promozione dell’eccellenza del capitale umano della scienza (qui il discorso integrale). Allora forse è questo il momento di mandare questa lettera, per dare una nuova opportunità al rilancio della centralità strategica della ricerca.

 

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