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Polvere gelida

Titolo originale: 
Planck sees tapestry of cold dust
Data: 
17 March, 2010

#LLL# Filamenti di polvere interstellare a 500 anni luce dal Sole

Miniatura: 
Planck sees tapestry of cold dust

Planck LFI
#LLL# Immagine a falsi colori della polvere fredda
nella Via Lattea. Questa immagine, ottenuta
dallo strumento ad alta frequenza di Planck
(a 857 GHz) copre una porzione di cielo di
circa 55 gradi. La linea scura orizzontale è
la sezione del piano della nostra galassia.
I colori rappresentano l'intensità dell'emissione
termica della polvere.

La Via lattea è percorsa da filamenti di polvere gelida. E' l'informazione che gli scenziati che seguono la sonda Plank hanno ricavato dalle immagini inviate dalla camera sensible a emissioni di particolari lunghezze d'onda.

L'immagine è stata ottenuta combinano le informazioni di Plank con quelle raccolte dalla sonda IRAS che nel 1983 aveva scandagliato la stessa porzione di cielo. Le camere delle due sonde sono sensibili a diverse frequanze. Assegnando un colore alle varie frequenze catturate è stato possibile sommare  le informazione e ottenere una immagine rappresentativa delle temperature di questa porzione di universo.

Si tratta di una combinazione di tre colori utile a visualizzare l'emissione terminca della polvere in modo molto efficace: la polvere è più calda nel piano della galassia (-261 gradi C, solo 12 gradi sopra allo zero assoluto) mentre le poleveri più distanti sono via via più fredde.

 
Il riquadro rosso indica la regione
di cielo compresa nell'immagine
di Planck. L'immagine di sfondo
è un globo che rappresenta
la metà del cielo, come ripreso
dal satellite IRAS.

Non siamo ancora riusciti a comprendere pienamente il motivo della forma caratteristica di queste strutture», dice Jan Tauber, dell’Esa, che di Planck è il project scientist. E fra le tante domande che questi primi dati sollevano, una particolarmente affascinante riguarda la singolare somiglianza fra i filamenti a grande scala osservati da Planck e quelli a scala assai più ridotta osservati dal suo “satellite gemello”, Herschel, sempre dell’Esa (Planck e Herschel sono stati lanciati in orbita insieme, a bordo dello stesso razzo Ariane V).

Dati preziosi non solo per i cosmologi, dunque, che da Planck si attendono di rispondere alle grandi domande sull’universo nel suo complesso (la sua origine, la sua composizione, il suo destino), ma anche per gli astrofisici, ai quali le singole sorgenti che popolano l’universo mostrano, nelle mappe di Planck, un volto inedito. «Planck è un satellite dedicato alla cosmologia. E in particolare allo studio dei primissimi istanti dell’universo, subito dopo il Big Bang. È stato costruito per questo», sottolinea Reno Mandolesi, direttore dell’INAF-IASF Bologna e responsabile di LFI, lo strumento di Planck per le basse frequenze (30, 44 e 70 GHz). «Però, al tempo stesso, è anche il primo osservatorio astrofisico in grado di compiere un’osservazione completa del cielo a nove frequenze diverse (da 30 a 857 GHz), mai osservate da Terra con altrettanta continuità». 


Strutture filamentose sono evidenti su larga scala (come mostrato
nell’immagine Planck, a destra) e piccola scala (come si vede
nell'immagine di Herschel di un regione nella costellazione dell'Aquila,
a sinistra) nella Via Lattea. La banda scura orizzontale è il piano
di nostra Galassia, visto in sezione trasversale dal nostro punto
di vista. I colori rappresentano l'intensità delle radiazioni
di calore dalla polvere.

«I risultati di tipo astrofisico», spiega Mandolesi, «sono i primi a uscire, perché richiedono un lavoro minore circa il trattamento degli effetti sistematici. Tutte le volte che i rivelatori di Planck “passano” su una sorgente, la osserviamo, la vediamo, la possiamo calibrare in modo estremamente preciso con il dipolo, il cui effetto è ben noto. Inoltre, la sensibilità di Planck è tale da averci permesso di trovare una quantità di sorgenti mai vista finora, soprattutto nel piano galattico».

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