fbpx Ghiaccio lunare a iosa | Page 5 | Scienza in rete

Ghiaccio lunare a iosa

Read time: 2 mins

Pubblicata l'analisi dei dati raccolti dal Diviner Lunar Radiometer Experiment, lo spettrometro a bordo della sonda LRO che ha seguito con attenzione il primo impatto controllato sul suolo lunare.
E' passato poco più di un anno dallo schianto controllato dello stadio superiore del vettore Centaur e della sonda LCROSS nei pressi del Polo Sud lunare e finalmente si ha la conferma di quanto già trapelato: il suolo lunare nei dintorni del cratere Cabeus, obiettivo dell'impatto, mostra una diffusa presenza di ghiaccio d'acqua.
Sul numero di Science dello scorso 22 ottobre sono stati pubblicati ben sei lavori scientifici riguardanti quell'impatto artificiale, la sua analisi e i risultati ottenuti. I dati non provengono unicamente dalla strumentazione a bordo della LCROSS (Lunar Crater Observation and Sensing Satellite), ma anche da Diviner, lo spettrometro infrarosso di cui dispone la sonda LRO (Lunar Reconnaissance Orbiter).
Lo studio dei gas liberati nell'impatto – i dati hanno indicato un innalzamento della temperatura di almeno 950 gradi – ha permesso ai ricercatori di ricostruire composizione e abbondanza del materiale lunare. Un aspetto interessante, sottolineato dallo studio di David Paige (UCLA) e collaboratori, è che le regioni potenzialmente in grado di conservare depositi di ghiaccio si estendono ben oltre i confini delle porzioni di superficie perennemente in ombra. Ampie zone delle regioni polari, cioè, sarebbero fredde a sufficienza da intrappolare sotto la superficie lunare grandi quantità di ghiaccio d'acqua, proprio come avviene per alcune regioni terrestri caratterizzate dalla presenza di permafrost.

UCLA - Diviner LRE

Autori: 
Sezioni: 
Astronomia

prossimo articolo

Scoperto un nuovo legame chimico carbonio-carbonio

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Hokkaido ha fornito la prima prova sperimentale dell'esistenza di un nuovo tipo di legame chimico: il legame covalente a singolo elettrone, teorizzato da Linus Pauling nel 1931 ma mai verificato fino ad ora. Utilizzando derivati dell’esafeniletano (HPE), gli scienziati sono riusciti a stabilizzare questo legame insolito tra due atomi di carbonio e a studiarlo con tecniche spettroscopiche e di diffrattometria a raggi X. È una scoperta che apre nuove prospettive nella comprensione della chimica dei legami e potrebbe portare allo sviluppo di nuovi materiali con applicazioni innovative.

Nell'immagine di copertina: studio del legame sigma con diffrattometria a raggi X. Crediti: Yusuke Ishigaki

Dopo quasi un anno di revisione, lo scorso 25 settembre è stato pubblicato su Nature uno studio che sta facendo molto parlare di sé, soprattutto fra i chimici. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Hokkaido ha infatti sintetizzato una molecola che ha dimostrato sperimentalmente l’esistenza di un nuovo tipo di legame chimico, qualcosa che non capita così spesso.