fbpx Le mummie famose si raccontano | Scienza in rete

Le mummie famose si raccontano

Tempo di lettura: 5 mins


#LLL#
 Figura 1 | Volto giovanile
di Tutankhamon ricostruito in base
alle immagini CT Scan (figura 2)


#LLL#
 Figura 2 | La tecnologia CT Scan
non è invasiva e permette un'analisi
approfondita delle mummie senza
danneggiarle, rivelandone
informazioni preziose come,
per esempio, età ipotetica
o patologie del loro proprietario.
Questa tecnica è in grado di produrre
circa 1.500 immagini a sezione
trasversale per ogni corpo,
permettendo la sua ricostruzione
completa in 3D.

A quasi vent'anni dal ritrovamento della mummia del Similaun, il suo patrimonio genetico è stato mappato interamente dagli esperti dell'Accademia Europea di Bolzano che, in collaborazione con scienziati egiziani, hanno permesso anche l'identificazione dei genitori di Tutankhamon.

La decodifica del patrimonio genetico di Ötzi, che segna un punto di svolta nella ricerca sulla famosa mummia, è stata possibile grazie all'apporto di competenze multidisciplinari e al lavoro di squadra di tre esperti appartenenti a diverse istituzioni: Albert Zink, direttore dell'Istituto per le Mummie e l'Iceman dell'EURAC di Bolzano, Carsten Pusch dell'Istituto di genetica umana dell'Università di Tubinga e Andreas Keller, bioinformatico della azienda specializzata in biotecnologia febit di Heidelberg. Il binomio professionale fra Albert Zink e Carsten Pusch è già collaudato e ha pubblicato recentemente l'esito delle ricerche su Tutankhamon e sulla sua famiglia, in collaborazione con il team egiziano guidato da Zahi Hawass. Le tecnologie di sequenziamento di ultima generazione rese disponibili da Andreas Keller hanno poi consentito di identificare in breve tempo milioni di sequenze del genoma dell'Iceman, che con le tecnologie tradizionali avrebbero richiesto un impegno di numerosi decenni. I tre ricercatori hanno prelevato un campione dall'osso pubico di Ötzi e, grazie alla nuova tecnologia di sequenziamento SOLiD, ne hanno estratto la più grande quantità di DNA mai prelevata dal corpo mummificato, ricavandone una vera e propria biblioteca del DNA. Si è trattato di uno studio pilota che ha impiegato questa tecnologia per la prima volta per analizzare dei campioni della mummia venuta dal ghiaccio.

«Il DNA sul quale interveniamo ha più di 5.000 anni ed è estremamente frammentato. Tuttavia con l'ausilio di queste tecnologie avanzate, che garantiscono un margine minimo di errore, siamo riusciti a identificare con grande rapidità il genoma completo dell'Iceman», sottolinea Albert Zink, responsabile della conservazione della mummia. La parte più entusiasmante del lavoro deve tuttavia ancora iniziare, perché l'enorme quantità di dati ora disponibile dopo la rielaborazione bioinformatica schiude nuovi scenari investigativi. Ci sono fra noi ancora discendenti di Ötzi e dove abitano? Quali mutazioni genetiche si sono verificate nel passaggio dalle popolazioni antenate e quelle moderne? Le risultanze delle analisi genetiche e di un'eventuale predisposizione a determinate malattie ereditarie note potranno aiutare a comprendere l'evoluzione del diabete o del cancro? Quali gli effetti di queste scoperte sulla ricerca in medicina genetica? Forse le risposte le avremo già il prossimo anno, quando Ötzi festeggerà il suo ventesimo anniversario dal suo ritrovamento.

Affascinanti risposte che gli esperti dell'EURAC, insieme a ricercatori tedeschi e a un gruppo di scienziati egiziani coordinato da Zahi Awass, ci hanno invece appena fornito sul conto di Tutankhamon, il faraone più famoso dell'Antico Egitto. Le origini del giovane re, morto a soli 19 anni, erano rimaste sconosciute fino a tempi recenti. Sotto la guida del tandem già collaudato formato da Albert Zink e Carsten Pusch i ricercatori hanno svolto indagini genetiche su 16 mummie utilizzando le tecniche più moderne. Le ricerche si sono svolte in due laboratori all’avanguardia per il sequenziamento del DNA, uno nei sotterranei del Museo Egizio del Cairo, l’altro presso la Facoltà di Medicina dell’Università del Cairo, dopo aver convinto dell'integrità dei metodi d'analisi Zahi Awass, Segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie. Ed ecco svelato il mistero: il padre di Tutankhamon è il famoso faraone Akhenaton, il cui corpo mummificato viene identificato nella Valle dei Re con il numero KV (King Valley) 55. La madre è la cosiddetta Younger Lady, la mummia KV35, rinvenuta assieme a un'altra mummia più anziana. I mummiologi stanno ora cercando di capire se la Younger Lady sia la famosa Nefertiti.

Nel settembre 2007 i dieci ricercatori del team avevano iniziato a prelevare campioni di tessuto dall'interno delle ossa di undici mummie scelte tra i parenti di Tutankhmon e da altre cinque mummie, riuscendo in soli due anni a estrarne il DNA e le impronte digitali genetiche. I risultati hanno indicato la pista da seguire. Grazie a queste impronte genetiche si è potuto infatti ricostruire l'albero genealogico della famiglia Tutankhamon fino alla quinta generazione. Le ricerche hanno permesso inoltre di fare passi avanti nell'individuazione delle cause che hanno portato alla morte del giovane faraone. Con l'aiuto del radiologo bolzanino Paul Gostner, nel corpo di Tutankhamon sono state diagnosticate diverse malattie tra cui una necrosi ossea al piede sinistro che ha portato a una scarsa irrorazione sanguigna dell'osso e alla sua progressiva degenerazione. «Questa malattia da sola non può aver portato il faraone alla morte, ma ha limitato molto la sua mobilità», chiarisce Albert Zink. Si spiega così anche perché nella tomba siano stati trovati ben 130 bastoni da passeggio, ritenuti originariamente un simbolo di potere del faraone. Più insidiosa era invece la seconda malattia di cui gli scienziati hanno trovato traccia: «Tutankhamon soffriva di una forma acuta di malaria, la malaria tropica», continua Albert Zink. «Questo, assieme alla necrosi ossea, potrebbe averlo portato alla morte». I resti di piante rinvenuti nella sua tomba confermano la diagnosi, essendo conosciute in larga parte ancor oggi per le loro proprietà analgesiche e antipiretiche. Risolto dunque l'enigma sui rapporti di parentela del famoso faraone bambino, rimane ora da chiarire quello di Nefertiti, dall'antico egizio la «bella che è arrivata», potente consorte di Akhenaton dell'epoca eretica amarniana.

Un laboratorio per le mummie

Il laboratorio di genetica del DNA antico dell'Accademia Europea di Bolzano è stato ufficialmente inaugurato il 10 settembre scorso alla presenza del Presidente della Provincia Luis Durnwalder, del presidente dell'EURAC Werner Stuflesser e del direttore dell'Istituto delle Mummie e dell'Iceman Albert Zink. Questo istituto è l'unico al mondo a dedicarsi esclusivamente allo studio delle mummie dall'Oetzi – l'uomo venuto dai ghiacci – a Tuthakamun. Le sue ricerche vengono finanziate annualmente con 250.000 euro dalla Provincia Autonoma di Bolzano e con 100.000 euro dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Le apparecchiature sono state messe a disposizione dall'Ospedale Regionale di Bolzano e dalla Scuola Superiore di Sanità Claudiana. L'accesso al laboratorio è sottoposto a regole severissime: ogni collaboratore deve sottoporsi preventivamente a un analisi del sangue per l'individuazione del suo DNA personale. Questo permette di identificare eventuali contaminazioni del DNA antico dall'esterno che falserebbero le analisi rendendole inutilizzabili: basta infatti il respiro ad alterare l'integrità dei campioni.

http://iceman.eurac.edu

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il soffocamento delle università e l’impoverimento del Paese continuano

laboratorio tagliato in due

Le riduzioni nel Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) limitano gli investimenti essenziali per università e ricerca di base: è una situazione che rischia di spingere i giovani ricercatori a cercare opportunità all'estero, penalizzando ulteriormente il sistema accademico e la competitività scientifica del paese.

In queste settimane, sul tema del finanziamento delle università e della ricerca, assistiamo a un rimpallo di numeri nei comunicati della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e del MUR (Ministero della Università e della Ricerca). Vorremmo provare a fare chiarezza sui numeri e aggiungere alcune considerazioni sugli effetti che la riduzione potrà avere sui nostri atenei ma anche sul paese in generale.