fbpx Memoria e Progetto | Scienza in rete

Memoria e Progetto

Tempo di lettura: 4 mins

Ogni serio obiettivo di rilancio, del Mezzogiorno come dell’intero Paese, non può prescindere dalla memoria. Si fa presto oggi a parlare di innovazione e interdisciplinarità. Sono parole che corrono sulla bocca di tutti. Suonano bene, sembrano addirittura godere di effetti taumaturgici: basta dire di un’iniziativa, anche la più claudicante, che è innovativa e multidisciplinare e, statene certi, guadagnerà d’un tratto tutte le credenziali del caso. Eppure, ad avere un po’ di memoria, l’innovazione e l’interdisciplinarità sono concetti che qui più che altrove dovrebbero essere maneggiati con cura e giudizio. Sì perché aldilà di ogni rarefatta retorica, in Campania l’innovazione e la multidisciplinarità hanno davvero rappresentato qualcosa, sono stati gli ideali fondativi e gli assi portanti dell’Istituto di Cibernetica del CNR.

 Pensato, voluto e fondato alla fine degli anni Sessanta da Eduardo Caianiello, il fisico napoletano che ha portato in Italia, non solo nel Sud, la disciplina che ha rivoluzionato la mentalità di gran parte degli scienziati e le metodologie di gran parte delle discipline scientifiche del secolo scorso, l’Istituto di Arco Felice è stato per decenni, come lo è tuttora, uno dei fiori all’occhiello della ricerca italiana. E lo è stato innanzitutto per l’impulso, ora sì che certe parole vanno usate, “innovatore” e “multidisciplinare” dato da Caianiello all’ente di ricerca.

Caianiello è stato un fautore della scienza di eccellenza (ecco un’altra parola che oggi andrebbe adoperata con maggiore criterio) nel Mezzogiorno. È grazie a lui che è stata fondata anche la prima sezione meridionale dell’istituto di Fisica Nucleare e una scuola di fisica post-laurea, la Scuola di specializzazione in Fisica Teorica e Nucleare, inaugurata cinquant’anni fa dal suo grandissimo amico Norbert Wiener, fondatore della Cibernetica e antesignano di quella rivoluzione che avrebbe portati dritti alle “macchine pensanti” di oggigiorno. “Caianiello – ricorda Aldo de Luca, ordinario di Teoria dell'Informazione alla Federico II di Napoli e all’epoca suo giovanissimo collaboratore – vedeva la Cibernetica come il nuovo umanesimo scientifico, cioè l’uomo era al centro della ricerca scientifica. Egli distingueva la scienza in tre sole categorie: le scienze della natura inanimata, le scienze della vita e le scienze dell’intelligenza. La Cibernetica doveva giocare in quest’ultimo un ruolo simile a quello della fisica teorica nel campo delle scienze della natura. L’ambiente del nostro gruppo era interdisciplinare, c’erano fisici, logici, matematici, biologi e ingegneri”.

Intercettando alla perfezione la prospettiva di Wiener e in parte condizionandola, Caianiello capì prima di moltissimi altri che il futuro della scienza sarebbe stato nella sua capacità di rispondere alla complessità del reale con una strategia fondata su una rete di saperi e non sulla loro settorializzazione. È così che nascono, nello stesso istituto, laboratori che si occupano di visione artificiale, di rivelatori superconduttivi, di biologia informatica, di reti neurali e di molto altro ancora.

Per un serio obiettivo di rilancio, si diceva, c’è bisogno di memoria. Sì, ma non basta. C’è bisogno anche di progetto. Ed ecco ancora Caianiello e il suo istituto. Egli, infatti, “pensava alla scienza – sottolineano Pietro Greco e Settimo Termini – anche come a una leva, la leva principale per lo sviluppo del Mezzogiorno”. Nell’assordante silenzio delle classi dirigenti, l’idea che fu di Caianiello è oggi ancor più urgente di allora. “L’idea – sottolinea Greco – è che il modello per lo sviluppo del Sud non può essere centrato né sull’agricoltura, più o meno di qualità, né sul turismo. Si tratta di due settori importanti, ma non possono essere l’asse portante dell’economia di una regione così estesa e variegata com’è il Mezzogiorno d’Italia. Il modello non può essere nemmeno la proposta di una nuova industrializzazione fondata sul modello Nord, oggi anch’esso in crisi. E allora – continua – non c’è scelta: occorre accettare la sfida dell’economia della conoscenza”. Molte indicazioni e analisi e, in fin dei conti, anche molte suggestioni su come progettare questa economia, così come tanti contributi su cosa è stato uno dei più grandi incubatori di conoscenza del Mezzogiorno, sono contenute nel volume curato da Greco e da Termini “Memoria e Progetto. Un modello del Mezzogiorno che serva a tutto il Paese” (Edizioni Gem, 2010), che raccoglie gli atti del Convegno celebrato in occasione del quarantennale dell’Istituto di Cibernetica. Un volume che, neanche a dirlo!, raccoglie gli interventi di scienziati e umanisti. Tra gli altri, Enric Trillas, Leone Montagnini, Ernesto Burattini, Aldo de Luca, Enrico Pugliese, Guglielmo Tamburrini, Giovanni Paoloni, Adriano Giannola, Alfredo Reichlin, Ugo Leone, Andrea Geremicca, Giuseppe Lupo. Un altro merito maturato dall’Istituto è stato quello di aver considerato sul serio la scienza come un bene sociale e, di conseguenza, di essersi preoccupato di comunicare la scienza in esso prodotta anche al di fuori delle sue mura. Il che non serve solo alla società ma alla scienza stessa, perché, come spiega Stefano Pisani, scrittore e giornalista scientifico, “La comunicazione della scienza è divenuta nella società contemporanea un aspetto sempre più imprescindibile della produzione stessa di conoscenza, oltre che della sua valorizzazione”.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Parigi val bene una messa: le Olimpiadi tra conflitti estremi e sogni di riscatto

olimpiadi e riscatto

Al di là delle passerelle e delle controversie costruite ad arte per distrarre dai giochi, la partecipazione alle Olimpiadi per gli atleti che provengono da Paesi coinvolti in conflitti definiti “estremi”, ha il significato di testimonianza e di ricerca di un’identità. Avranno vinto se saranno riusciti a far parlare della loro terra e dei loro popoli. Raccontare la loro storia vuol dire prendere parte al vero spirito olimpico.

Giorgia Meloni non è Enrico di Navarra, che abiurò il calvinismo per il cattolicesimo pur di conquistare Parigi, nella quale fu incoronato re nel 1594. Né Angela Carini è Nino Benvenuti, campione olimpico dei pesi welter nel’60. Alla fine del ‘500 la Francia era devastata dalla guerra civile, oggi (luglio 2024) sono oltre 50 i conflitti in corso nel mondo, 10 dei quali definiti “estremi” per letalità, pericolo, diffusione e frammentazione del territorio e della popolazione.