fbpx A ognuno il suo magnete | Page 3 | Scienza in rete

A ognuno il suo magnete

Read time: 2 mins

Molecular Biology di dicembre svela il meccanismo con cui i batteri magnetotattici rompono i magneti interni quando si dividono distribuendone pari quantità alle cellule figlie. Questa classe di batteri ha la particolarità di disporsi lungo le linee del campo magnetico terrestre (magnetotassi) grazie alla presenza di organelli intracelluari chiamati magnetosomi, costituiti da cristalli di magnetite (Fe3O4) e/o grigite (Fe3S4) altri minerali magnetici. Nessun singolo magnetosoma produce un campo magnetico abbastanza forte per allineare un batterio al campo magnetico terrestre, così gli organelli si uniscono in una catena per formare un magnete più forte. Quando le cellule si dividono, tuttavia, si deve creare abbastanza forza per dividere i magneti. I magnetosomi probabilmente aiutano i batteri ad orientarsi nell’acqua e tra i sedimenti dove la concentrazione di composti come ossigeno e solfuro cambia velocemente spiega Dirk Schüler, microbiologo dell’Università Ludwig–Maximilians di Monaco, che ha condotto lo studio. Il gruppo di Schüler, utilizzando il microscopio ottico ed elettronico, ha monitorato la divisione in Magnetospirillum gryphiswaldense. Inizialmente, il processo segue la normale coreografia della divisione batterica: la cellula si allunga e poi lentamente la parete cellulare si costringe al centro. Successivamente, tuttavia, le due future cellule figlie si piegano l'una con l’altra a formare un angolo di circa 50 gradi, e si separano. I ricercatori hanno calcolato che la flessione della catena osservata dovrebbe  indebolire le forze magnetiche che tengono uniti i magneti, favorendo così la rottura della catena in due. Nel lavoro viene anche spiegato che M. gryphiswaldense è in grado di distribuire pari quantità di magnetosomi alle cellule figlie grazie all’azione delle proteine del citoscheletro che tirano la catena al centro della cellula all’inizio della divisione cellulare assicurando un’equa divisione.

Katzmann, E. et al., Mol Microbiol. 82, 1316-1329 (2011)      

Autori: 
Sezioni: 
Batteri

prossimo articolo

La COP29 delude. Ma quanti soldi servono per fermare il cambiamento climatico?

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. I 300 miliardi di dollari all'anno invece dei 1.300 miliardi considerati necessari per affrontare la transizione sono stati commentati così da Tina Stege, inviata delle Isole Marshall per il clima: «Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui i paesi vulnerabili al clima hanno urgentemente bisogno. Non è neanche lontanamente sufficiente.