La condizione della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico nell'Unione Europea, così come emerge dal rapporto A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness. Key figures report 2008/2009 pubblicato di recente a Bruxelles presso le European Communities a cura dal Direttorato Generale per la Ricerca della Commissione europea, può essere sintetizzata in tre numeri: 1,84; 1.300.990; 37,6.
1,84 è relativo all'intensità di ricerca e indica la percentuale della ricchezza totale prodotta in un anno (il 2006) dai 27 paesi dell'Unione europea investita in ricerca e sviluppo (R&S). Con questo risultato l'Europa non perde solo il confronto con il paese leader della ricerca scientifica nel mondo, gli Stati Uniti, che investono in R&S il 2,61% del Pil (Prodotto interno lordo). Ma perde il confronto con il resto del mondo: la media planetaria degli investimenti in R&S, infatti, ammonta ormai al 2,1% del Pil prodotto sulla Terra.
Lo stesso indicatore, nell'anno 2000, era pari a 1,86%. Il che significa che in sette anni l'intensità di ricerca in Europa è rimasta sostanzialmente stabile. Contravvenendo allo spirito del cosiddetto «obiettivo di Lisbona» - l'Europa leader mondiale dell'economia della conoscenza - che i paesi europei avevano assegnato a se stessi proprio nell'anno 2000. E contravvenendo alla lettera del cosiddetto «obiettivo di Barcellona» - investimenti in R&S pari al 3,0% del Pil entro il 2010 - che i medesimi paesi europei hanno assegnato a se stessi nell'anno 2002.
Con quel numero - 1,84 - tendente a una piatta stabilità, il rapporto ci dice che non solo l'Europa stenta a imporsi come leader della società e dell'economia della conoscenza, ma che addirittura perde il passo degli altri: gli Stati Uniti, il Giappone e le economie emergenti dell'Asia orientale e anche dell'America meridionale. Perché? I motivi sono, essenzialmente, due: da un lato i governi non riescono a proporre politiche espansive della ricerca; dall'altro le imprese europee tendono a produrre beni e servizi a minore intensità di conoscenza rispetto alle imprese di altre regioni più dinamiche del mondo.
Il secondo numero che vi proponiamo è 1.300.990 e indica il numero di ricercatori che lavorano nei 27 paesi europei. Il nostro continente, dunque,ospita il 22,5% dei ricercatori di tutto il mondo. Un numero alto, in assoluto. In Europa ci sono solo 100.000 ricercatori meno che negli Usa e ci sono 100.000 ricercatori più che in Cina. Ma è un numero piuttosto basso in termini relativi. Ogni 1.000 lavoratori ci sono 5,6 ricercatori. Negli Usa sono 9,3 e in Giappone 10,7. Ancora una volta l'indicatore ci dice che l'Europa della conoscenza fatica a tenere il passo della parte più dinamica del mondo.
Il terzo numero è 37,6 e indica la percentuale di articoli scientifici pubblicati su riviste con peer review a firma di scienziati europei rispetto al resto del mondo. In questo settore siamo primi assoluti. Gli scienziati europei, infatti, precedono sia i colleghi americani (che hanno firmato il 31,5% degli articoli complessivi), sia - in maniera decisamente più netta - i colleghi cinesi (che hanno firmato l'8,4% degli articoli totali) e giapponesi (che hanno firmato il 7,8% del totale degli articoli).
Questo significa che in Europa, per ragioni complesse da studiare e su cui converrà ritornare - c'è tuttora un'alta produttività scientifica e una buona qualità della ricerca. Ed è da questi dati che bisognerà ripartire se vogliamo che l'Europa recuperi presto il ritardo che va accumulando e si proponga davvero come leader della società e dell'economia della conoscenza.