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Verso Rio+20: economia ecologica e giustizia climatica

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Verso il summit Rio+20: un'economia più ecologica e solidale per una giustizia climatica e sociale.

Questo il titolo del seminario tenuto il 5 maggio scorso all'interno della festa  della Rete di Economia Solidale di Pisa. L'obiettivo degli organizzatori era di promuovere un momento di riflessione e discussione su quel che sarà Rio+20, continuando il percorso di lotta al cambiamento climatico e di superamento della crisi ambientale e sociale iniziato con l'Earth Summit del 1992.

Alberto Zoratti (Fair), moderatore dell'incontro, ha sottolineato che il percorso è lungo e recentemente ci sono state tappe importanti. Come i meeting a New York che hanno visto l'incontro della società civile e dei governi per portare avanti un'idea di sviluppo diversa rispetto a quella che abbiamo conosciuto fino a oggi. “Altra tappa, a livello nazionale, è rappresentata dal laboratorio per la sostenibilità, in cui diverse associazioni e realtà sindacali si sono date come obiettivo quello di mettere le mani in pasta per promuovere una transizione ecologica dell'economia” ha ricordato Zoratti, precisando: “L'idea dell'incontro è quella di cominciare a riflettere, ma anche a muoversi, perché non esiste nessun intervento locale che non sia collegato a problemi globali e non possono esistere soluzioni a problemi globali se non c'è il protagonismo delle persone e delle reti della società civile”.

Secondo il report OECD Environmental Outlook to 2050: The Consequences of Inaction di marzo 2012, in uno scenario business as usual, ovvero se niente cambiasse, le conseguenze del cambiamento climatico metterebbero a rischio la struttura stessa delle nostre società, oltre che numerose specie animali. Il problema ha necessariamente una doppia valenza: di sostenibilità ambientale e sociale, ha ricordato nel suo intervento Oriella Savoldi (responsabile dipartimento Ambiente e territorio CGIL).

Al summit di Rio una sessione sarà dedicata alla green economy. Un settore promettente, ma poco sfruttato, almeno in Italia, dove “si assiste a indifferenza e irresponsabilità anche negli ambiti che possono aiutare a risollevarci dalla crisi”, ha osservato ancora Savoldi registrando come le politiche governative in Italia non siano nella direzione della sostenibilità sociale e ambientale. Alle scelte economiche è legata a doppio filo la realtà occupazionale. Rio+20 è un momento importante per le ricadute che gli impegni internazionali potranno avere sulle scelte nazionali e sugli stili di vita personali.

Altro nodo toccato dall'incontro è stata la difficoltà nel mettere in discussione il paradigma delle fonti fossili. Maurizio Gubbiotti (coordinatore nazionale Legambiente) ha colto l'occasione per lanciare l'allarme: “siamo già troppo vicini al punto di non ritorno, ogni anno ci sono 6 milioni di profughi ambientali”, ovvero  persone costrette a lasciare le proprie terre rese inospitali da problemi legati al cambiamento climatico. Zone non più coltivabili, soggette a inondazioni, inaridite e in cui diminuiscono le produzioni agricole. Secondo le previsioni UNHCR si arriverà a 250 milioni di profughi entro il 2050 e queste persone non potranno far ritorno alle loro terre perchè ormai inabitabili. Lo sguardo critico di Gubbiotti va oltre: “pensando alla sostenibilità in questi 20 anni la situazione è peggiorata. Sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista tecnico: della produzione e dei consumi. Basta guardare, ad esempio, all'aumento delle emissioni di gas climalteranti.”

“Vanno segnalati alcuni protagonismi, come Cina, India e Brasile. La Cina in particolare sta seguendo un doppio binario. Da una parte investe in tecnologie rinnovabili, dall'altra crea una nuova centrale a carbone ogni settimana”. Anche in Italia le contraddizioni non mancano: “Siamo primi in Europa per la quantità di sussidi alle rinnovabili, ma agli ultimi posti se si guarda alla ricerca e al numero di brevetti nel campo. Questo evidenzia la mancanza di scelte politiche nel segno della sostenibilità”. Secondo il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) stiamo raggiungendo dei tipping point. “I sistemi atmosferici sono sistemi inerziali. Ci sono tanti fattori in gioco. Basta cambiarne uno per cambiarli tutto. Questa è la logica dei tipping point, dei punti di non ritorno. Quando un fattore raggiunge un livello critico si rischia un passaggio di stato quasi irreversibile” ha spiegato Zoratti. “Questi tipping point li stiamo già osservando attraverso eventi estremi che ci toccano da vicino, come l'alluvione in Liguria e Toscana nel 2011”.

Marco Balconi (Distretto di Economia Solidale della Brianza) ha raccontato l'esperienza del progetto Spiga&Madia, nato per costruire una filiera completa di pane biologico. Al momento è in corso una causa per ostacolare la costruzione della tangenziale Est esterna di Milano che andrebbe a sacrificare alcuni campi agricoli aderenti al progetto in una zona già fortemente cementificata. L'associazione si sta appellando alla convenzione di Arhus, secondo cui se ci sono problemi in materia ambientale la comunità di riferimento deve essere  informata.“Proposta e conflitto insieme. É questo l'unico modo per riuscire a cambiare rotta” suggerisce Balconi.

A conclusione dell'incontro Zoratti ha ricordato come la comprensione e l'informazione giochino un ruolo fondamentale, citando come esempio l'entusiasmo con cui, da parte del ministero, è stato annunciato l'ultimo inventario delle foreste italiane, promuovendolo come un passo importante per rispettare gli impegni di Kyoto. In quel documento si segnala, infatti, come le foreste in Italia siano aumentate considerevolmente. A ben guardare però dallo stesso documento emergono due grandi criticità: la diminuzione del suolo agricolo e l'aumento di quello cementificato. L'entusiasmo dovrebbe quindi essere ridimensionato.


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