fbpx L'illusione dell'arsenico | Scienza in rete

L'illusione dell'arsenico

Read time: 2 mins

Due studi indipendenti mettono definitivamente fine alla controversia dei batteri estremofili del Mono Lake: non vivono solo di arsenico, ma per il loro metabolismo è indispensabile la disponibilità di fosforo.

Fin dalla sua pubblicazione su Science nel dicembre 2010 lo studio di Felisa Wolfe-Simon e collboratori in cui si suggeriva che il batterio GFAJ-1 (appartenente alla famiglia delle Halomonadaceae) potesse impiegare in alcuni processi biochimici arsenico al posto del fosforo aveva destato non poche perplessità. La possibilità di essersi imbattuti in un organismo in grado di incorporare nel suo DNA e sfruttare a suo vantaggio una sostanza altamente tossica come l’arsenico non aveva convinto del tutto e due lavori appena pubblicati su Science dimostrano che i dubbiosi avevano ragione.

Nel primo studio, opera del team di Marshall Louis Reaves (Princeton University), si dimostra non solo che non v’è traccia di arsenico nel DNA del batterio, ma anche che in un ambiente privo di un minimo contenuto di fosforo non si verifica alcuna sua crescita. A identiche conclusioni giungono anche Tobias Erb (Institute of Microbiology, ETH Zurich) e collaboratori, che nel loro studio sottolineano l’elevata capacità di resistenza del batterio in un ambiente così ostile per l’elevata concentrazione di arsenico, ma rimarcano come il metabolismo di GFAJ-1 sia strettamente dipendente dalla disponibilità del fosforo.

Il batterio, insomma, è stato bruscamente declassato dal rango di “alieno” a quello meno altisonante di organismo estremofilo. Un declassamento che mette da parte il sogno di essersi finalmente imbattuti in una forma biologica completamente diversa da quelle che popolano il

Nature News

Autori: 
Sezioni: 
Biologia

prossimo articolo

Sanità più sostenibile: le raccomandazioni SIAARTI per una anestesia green

Immagine di una sala operatoria con un anestesista e un paziente addormentato sullo sfondo di elementi vegetali

Nel contesto della campagna Green Choosing Wisely, sostenuta da Slow Medicine, con la finalità di rendere i sistemi sanitari più sostenibili, la Società italiana di anestesia ha pubblicato le cinque raccomandazioni per rendere le attività legate all’anestesia e all’analgesia meno impattanti sull’ambiente. A partire dalla scelta dei gas utilizzati per addormentare i pazienti, di cui alcuni hanno un effetto serra che supera di migliaia di volte quello della CO2.

Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni: il 5% circa delle immissioni in atmosfera di gas clima-alteranti di origine antropica è riconducibile ai servizi sanitari, un valore equivalente a circa il doppio delle immissioni legate all’intero trasporto aereo mondiale (si veda, per questi dati, il Lancet).