Un sondaggio condotto dall’Ipsos rivela che la maggioranza degli italiani non è contraria alla sperimentazione sugli animali. I risultati sono stati presentati martedì 20 novembre nel corso del convegno “Perché è ancora necessario sperimentare sugli animali prima che sugli umani”, organizzato dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
Mario Pagnoncelli ha spiegato che, secondo la ricerca, gli intervistati indicano la tendenza a rivedere l’atteggiamento di scetticismo nei confronti delle procedure di sperimentazione sugli animali, ma solo se raggiunti da una corretta informazione a riguardo. A dispetto, infatti, della stima indicata generalmente dagli animalisti di un 86% di italiani favorevoli all’abolizione delle cavie animali in ricerca, alla prima domanda del sondaggio proposto sul ricorso agli animali per testare i medicinali, il responso degli intervistati è stato di un 39% che ritiene la procedura abbastanza accettabile, 27% poco accettabile, 15% abbastanza accettabile, 18% del tutto accettabile. A questo bisogna aggiungere un dato essenziale per chiarire il quadro dell’atteggiamento della popolazione in merito. “Solo il 32% degli intervisti” spiega Paglioncelli, “ritiene di essere informato sull’argomento. Infatti passando a domande che indirettamente introducono informazioni, l’orientamento degli intervistati muta gradualmente”. Quando ne sanno di più, cambia radicalmente opinione sull’utilità e opportunità della sperimentazione animale: “Se prima era solo il 33% degli italiani a ritenerla accettabile, dopo è il 56% del campione ad essere di questa opinione, con una significativa riduzione di coloro che si dichiarano comunque contrari passando dal 39% al 24%”.
Chi è impegnato in questo tipo di ricerca non è quindi un ‘torturatore’. Si tratta, insomma, di un luogo comune che è generato solo da cattiva informazione. Gianni Betto, il direttore del Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva, ha portato un esempio emblematico di questa situazione: durante il monitoraggio nel corso di un anno sui media, l’unica notizia in fatto di sperimentazione animale che è passata è stata quella relativa al caso di Green Hill, l'azienda che alleva cani beagle per i laboratori, considerando che si tratta di un evento di cronaca che garantisce una forte e inevitabile componente emotiva sugli ascoltatori.
Il direttore dell’Istituto Mario Negri e membro del gruppo2003 Silvio Garattini, ha sottolineato proprio come sia necessario “evitare l’emotività, cercando invece di utilizzare il raziocinio, perché se commuove e fa male guardare gli occhi di un beagle, io chiedo anche di guardare gli occhi di un bambino malato”. Quello che si può fare, secondo Garattini, è utilizzare meno animali grazie alla tecnologia che migliora e offre metodologie più accurate. Oggi su un cervello di un topo possiamo utilizzare diverse metodologie diverse un tempo non era così.
Ignazio Marino, medico chirurgo e senatore, ha portato poi la sua esperienza professionale nel trapianto di organi negli Stati Uniti, ricordando un episodio che lo vide vittima di una protesta di animalisti, nei primi anni ’90, davanti alla sua abitazione e all’Università di Pittsburgh, dove venne eseguito un trapianto da un babbuino: “Tutti i farmaci sono sperimentati sugli animali e per coerenza chi è contrario non dovrebbe curarsi con i farmaci”.
Durante il convegno è stata, inoltre, discussa la Legge comunitaria 2011 che prevede “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”. Secondo Garattini si tratta di una legge comunitaria perfetta per come formulata e che andrebbe recepita come tale, dal momento che l’Unione Europea individua un compromesso che permette la sperimentazione per ridurre al massimo le eventuali sofferenze degli animali.