Una galassia osservata quando l'Universo aveva 880 milioni di anni appare particolarmente attiva nella produzione stellare. Il ritmo forsennato con cui HFLS3 sforna le stelle, però, rischia di mettere in crisi quanto si crede di sapere del cammino evolutivo delle galassie.
La scoperta, pubblicata nei giorni scorsi su Nature,
è opera del nutrito team di astronomi coordinati da Dominik Riechers
(California Institute of Technology e Cornell University) che hanno scrutato le
profondità dello spazio con Herschel, il telescopio orbitante dell'ESA
progettato per osservare la radiazione infrarossa. Si tratta di uno dei primi
frutti raccolti grazie alla campagna osservativa denominata HerMES
(Herschel Multi-tiered Extragalactic Survey), un progetto che vede impegnati
oltre a Herschel anche altri osservatori in ogni parte del mondo. Tra le
migliaia di galassie individuate nella survey, un oggetto in direzione della
costellazione del Drago aveva quasi subito impressionato i ricercatori: un
piccolissimo punto di luce particolarmente rossastro denominato HFLS3. Quel
colore è una caratteristica molto importante per chi si occupa di cosmologia:
indica infatti che la luce di quella sorgente è stata bistrattata
dall'espansione dell'Universo che ne ha “stirato” la lunghezza d'onda
trasformandola in radiazione più rossa (è il ben noto fenomeno del red-shift
cosmologico).
La prima preoccupazione dei ricercatori è stata quella di verificare se vi
potessero essere altri meccanismi in grado di rendere HFLS3 così brillante. La
campagna di osservazione condotta sia con il Gran Telescopio Canarias (Isole
Canarie) sia con il Keck Telescope (Hawaii), però, indicava senz'ombra di
dubbio non solo che la luminosità della sorgente non era amplificata da nessun
artificio, ma anche che si era di fronte a una galassia posta nelle profondità
del cosmo e osservata quando l'Universo aveva 880 milioni di anni, circa un
sedicesimo dell'età attuale. Altre sorprese sono poi giunte da ulteriori
osservazioni nelle onde radio, compiute con l'interferometro del Plateau de
Bure sulle Alpi francesi e con il Very Large Array, il sistema di 27 antenne
attivo dagli anni Ottanta a Socorro, nel Nuovo Messico.
I dati raccolti, infatti, indicavano che la massa di quella galassia, benchè in
un'epoca così prossima al Big Bang, era già vicina a quella della nostra Via
Lattea. Questo significa che la sua continua crescita nei miliardi di anni
seguenti l'avrebbe portata ad accumulare una massa paragonabile a quella delle
più massicce galassie di cui abbiamo conoscenza. Un autentico gigante cosmico,
dunque. Peccato però che, secondo le attuali teorie evolutive delle galassie,
in un'epoca così remota un mostro come HFLS3 proprio non ci dovesse essere.
C'era però anche dell'altro. I dati spettroscopici rivelavano la presenza di
100 miliardi di masse solari di gas, equivalenti almeno al 40% della massa
barionica (cioè della materia visibile) della galassia. Lo studio della luce
della galassia, inoltre, aveva indicato ai ricercatori la consistente presenza
di molecole complesse, quali monossido di carbonio, ammoniaca e persino
acqua.Una presenza talmente massiccia che si poteva giustificare solamente
imponendo a quella galassia un ritmo di produzione stellare davvero forsennato.
Secondo Riechers e collaboratori quell'antichissima galassia starebbe
sfornando stelle a un ritmo 2000 volte maggiore di quello della nostra Via
Lattea - una produzione stellare tra le più alte mai osservate in ogni epoca
dell'Universo - e sarebbe proprio questa potentissima accensione di milioni di
astri il motivo della luminosità così elevata di HFLS3.
Secondo i modelli correnti, però, in quell'epoca così vicina al Big Bang le
galassie non potevano essere così gigantesche e indaffarate nella produzione
stellare. Si ritiene infatti che fossero relativamente piccole e poco massicce
e solo successivamente, per effetto di violenti fenomeni di accorpamento
reciproco, abbiano raggiunto le loro definitive dimensioni. In uno studio
proposto per la pubblicazione a The Astrophysical Journal Letters e
dedicato ai meccanismi di costruzione delle galassie come la nostra, Pieter
van Dokkum (Yale University) e collaboratori sostengono che le galassie che
ora presentano una massa di qualche decina di miliardi di masse solari hanno
costruito il 90% della loro massa stellare a partire da circa 11 miliardi di
anni fa. Questo significa che il grosso della loro crescita è iniziato quasi
due miliardi di anni più tardi rispetto all'epoca in cui osserviamo HFLS3.
Come spiegare, dunque, l'eccezionale presenza di questa antica galassia che sta
letteralmente esplodendo di nascite stellari? Una via d'uscita potrebbe essere
quella di suggerire che il cammino evolutivo delle galassie “normali” potrebbe
non adattarsi alle galassie più grandi dell'Universo. HFLS3, insomma, potrebbe
essere una galassia incredibilmente grande, una mostruosa eccezione per la cui
crescita ha costituito un motore particolarmente efficace proprio quella
anticipata e violenta accensione di stelle. Un'altra spiegazione potrebbe
invece invocare il fatto che, in quell'epoca così remota, le condizioni fisiche
e chimiche di quell'ambiente così fecondo di stelle non fossero esattamente
come noi crediamo. Oppure - giusto per mettere in discussione anche altre
certezze - che dovremmo in parte rivedere i nostri scenari di formazione
stellare.
Duro lavoro in vista, dunque. Non solo per scoprire se HFLS3 è davvero
un'eccezione - e in questo campo le incredibili qualità di ALMA potranno
giocare un ruolo decisivo - ma anche per mettere mano ai modelli teorici. Ma a
questi imprevisti gli astronomi ci sono abituati.
Per approfondimenti:
Herschel-ESA