Il
22 agosto 1913, pochi spiccioli e fanno cent’anni, a Marina di Pisa nasceva
Bruno Pontecorvo, il «cucciolo» che ha navigato il «secolo breve» come su una
nave in tempesta. Il fisico che ha attraversato la cortina di ferro nel senso
oggi ritenuto sbagliato, da Ovest a Est. Forse il maggior esperto al mondo
della particella più elusiva che, al momento, si conosca: il neutrino.
Manca meno di un mese al compleanno e sono
in preparazione a Pisa, a Roma e a Dubna le meritate celebrazioni di questo
scienziato che, a causa delle sue scelte politiche, «non poteva vincere il
Nobel». La complessa vicenda umana di
questo genio, talvolta ingenuo, nato in una famiglia di geni è stata raccontata
da Miriam Mafai in un bel libro, intitolato Il
lungo freddo. Ma sarebbe bello – sarebbe giusto – non dimenticarsi dello
scienziato straordinario. Sarebbe pertanto bello – sarebbe giusto – se, in
occasione dei cent’anni dalla nascita, il più importante centro al mondo di
fisica dei neutrini, il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, gioiello
dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), gli fosse dedicato.
Ma intanto a Pisa sarà degnamente
ricordato con una mostra e con un simposio, dal 18 al 20 settembre. E a Roma
con un grande convegno internazionale in due giorni, dall’11 al 12 settembre.
Il convegno romano sarà aperto da Carlo Bernardini e chiuso da Carlo Rubbia e
vedrà la partecipazione di fisici delle alte energie ed esperti di fisica del
neutrino provenienti da tutto il mondo. Tra loro il premio Nobel americano Jack
Steinberger, il russo Samoil Bilenky, l’inglese Frank Close, il tedesco Till
Kirsten, il giapponese Yoichiro Suzuki. Tra gli altri italiani: Luciano Maiani,
Ettore Fiorini, Luigi Di Lella, Ugo Amaldi.
A coordinare il tutto sarà Carlo
Dionisi, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e docente presso
l’università La Sapienza di Roma. È lui a sottolineare i motivi, strettamente
scientifici, che ci impongono di rinnovare la memoria di Bruno Pontecorvo. I
motivi sono semplici quanto numerosi, spiega. «Bruno Pontecorvo è stato uno
scienziato davvero geniale. La sua vita da fisico è stata caratterizzata dalla
forza delle sue anticipazioni scientifiche: per primo ha capito l'uguaglianza
dei comportamenti dei muoni rispetto agli elettroni aprendo la strada a quella
che oggi è indicata come la "universalità delle interazioni di Fermi».
Era il 1947. Tre italiani (Marcello
Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni) avevano condotto un esperimento che
è considerato l’atto di nascita della fisica delle particelle: avevano
dimostrano che una particella presente nei raggi cosmici, il muone, si comporta
come il "fratello più grasso" dell'elettrone. In altri termini, muone
ed elettrone appartengono a una medesima famiglia di particelle. Pontecorvo
dimostra che la cattura del muone da parte del nucleo atomico, proprio come la
cattura dell'elettrone, produce neutrini. E, quindi, che l'interazione debole
scoperta da Enrico Fermi ha una validità molto più generale di quello che lo
stesso “papa della fisica” aveva ipotizzato.
Inoltre, spiega ancora Dionisi: «il
nome di Pontecorvo è indissolubilmente legato alla fisica del neutrino: è
lui che ha messo a punto il primo metodo radiochimico per la rivelazione dei
neutrini solari; è lui che ha proposto di verificare se il neutrino del
decadimento beta, legato all'elettrone fosse diverso da quello legato al muone ottenuto
dal decadimento della particella nota come pai carico (neutrino e neutretto)».
In pratica Pontecorvo ha dimostrato in via teorica che esistono diversi tipi di
neutrino. E, infatti, sulla sua lapide al cimitero degli inglesi di Roma è scritto:
«neutrino e diverso da neutrino mu», ovvero il neutrino elettronico è
diverso dal neutrino muonico. Jack Steinberger ha vinto il premio Nobel,
insieme a Leo Lederman e a Max Schwartz, proprio per aver mostrato per via
sperimentale che i due neutrini sono diversi. Infine, ricorda ancora Carlo
Dionisi, c’è: «l'anticipazione geniale del fenomeno della oscillazione dei
neutrini tra diverse famiglie». Pontecorvo ha ipotizzato che i neutrini hanno
capacità trasformistiche, che nessun’altra particella ha: possono trasformarsi
l’uno nell’altro. Proprio al Gran Sasso l’esperimento Opera ha di recente
dimostrato che, ancora una volta, che Bruno aveva ragione.
Da notare che fra i tre motivi
principali che Carlo Dionisi ha indicato per testimoniare la genialità di
Pontecorvo non c’è l’esperimento dei neutroni lenti condotto negli anni ’30 dai
“ragazzi di via Panisperna” che ha fruttato al loro leader, Enrico Fermi, il
premio Nobel. Bruno, soprannominato “il cucciolo”, era stato uno dei
protagonisti di quel esperimento e apparteneva a pieno titolo al gruppo che,
tra il 1934 e il 1938, fece di Roma la capitale mondiale della fisica nucleare.
Il fatto che questa esperienza non
faccia parte dei tre motivi principali per ricordarlo, testimonia
dell’importanza di quei tre motivi. «Non bisogna certo dimenticare che Bruno è
stato uno del gruppo di Fermi – spiega Carlo Dionisi – e il convegno di settembre è un doveroso omaggio
alla memoria del “ragazzo di via Panisperna”. Un momento di incontro e di
riflessione sulle sue geniali idee scientifiche, ma anche una testimonianza del
suo impegno civile. Voglio sottolineare che l’11 e il 12 settembre verranno
percorse le tappe che hanno portato Bruno Pontecorvo a
risultati scientifici di straordinaria importanza, presentando anche nuovi
risultati di una ricerca storico scientifica che il Dipartimento di Fisica di
Roma insieme a quello di Pisa ha intrapreso visitando gli archivi di Roma,
Pisa, Parigi, Londra, Chicago e Dubna. L'idea è di presentare un quadro di
Bruno a tutto tondo».
Il convegno sarà scientifico. Ma si chiuderà con un Tributo alla famiglia Pontecorvo aperta al pubblico con una rappresentazione teatrale, le testimonianze di figli, parenti e amici di Bruno, la proiezione della Battaglia di Algeri del fratello cui Bruno era più legato, Gillo. «Sì, vogliamo sottolinearne l'enorme forza morale di una famiglia che ha saputo affrontare e superare le tragedie rappresentate dal regime nazifascista, dalla guerra e dalla emigrazione forzata. L’originalità e, appunto, la genialità di alcuni suoi membri. Ma anche la forza di coesione che ha mantenuto uniti questi geni nonostante la tempesta che li ha dispersi per il mondo».
Fonte: L'Unità, 27 giugno 2013