Ogni cinque anni il MUR premia con finanziamenti extra 180 dipartimenti il cui lavoro di ricerca viene valutato "eccellente". Si tratta di dipartimenti che spiccano per la qualità della ricerca prodotta e per la qualità del progetto di sviluppo. L’obiettivo di questa competizione tra dipartimenti è quello di incentivare, tramite la concorrenza, un costante miglioramento della produzione di ricerca di alta qualità tramite progetti ad alto impatto. Tuttavia il sistema di valutazione mostra alcune criticità che potrebbero inficiare il meccanismo virtuoso immaginato dal legislatore. Ma soprattutto i finanziamenti premiali devono affiancare adeguati finanziamenti ordinari che, come indicato dal piano Amaldi, è necessario crescano molto nei prossimi anni se si vuole consentire alla ricerca italiana di competere in ambito internazionale.
L’ANVUR, l’agenzia di valutazione della ricerca, ha pubblicato l’elenco dei migliori dipartimenti delle università statali ai quali saranno destinati a ciascuno un finanziamento aggiuntivo da 1 a 1,6 milioni di euro all’anno per cinque anni. Sono finanziamenti diretti al dipartimento a differenza del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) che va agli atenei nel loro complesso.
I dipartimenti di eccellenza sono un’entità prevista dalla Legge 11 dicembre 2016, n. 232, approvata sotto la ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca Stefania Giannini. Come si legge sul sito del Ministero si tratta di dipartimenti “che spiccano per la qualità della ricerca prodotta e per la qualità del progetto di sviluppo”.
Tutto parte dalla VQR, la valutazione della qualità della ricerca affidata all’ANVUR, la cui prima edizione risale al 2011: vennero valutati i risultati nel quinquennio 2004-2010, e gli esiti pubblicati nel 2013. La valutazione è quinquennale, l’ultima ha riguardato gli anni 2015-2019 (qui gli esiti). Sulla base degli esiti della VQR viene definita la quota premiale del FFO.
Per selezionare i dipartimenti di eccellenza, l’ANVUR ha creato l’Indicatore standardizzato della performance dipartimentale (ISPD): durante la VQR a ogni lavoro di ricerca viene assegnato un punteggio standardizzato in riferimento al settore scientifico disciplinare (SSD), i risultati sono quindi aggregati per ciascun docente, e infine sommati tra i componenti del dipartimento, si ottiene così l’ISPD, da 1 a 100, per ciascuno dei 787 dipartimenti delle università pubbliche (il processo è spiegato nel dettaglio nella nota metodologia ANVUR del 2022).
Viene quindi redatta una prima graduatoria di 350 dipartimenti (su 787), all’interno della quale le università possono scegliere fino a un massimo di 15 dipartimenti che presentano al ministero un progetto di sviluppo quinquennale del dipartimento, accompagnato da un programma finanziario.
Viene anche stabilito il numero massimo di dipartimenti finanziabili per ciascuna delle 14 aree CUN stabilito dallo stesso Ministro, che per il 2023-2027 era questo:
- Scienze matematiche e informatiche: 11
- Scienze fisiche: 8
- Scienze chimiche: 11
- Scienze della Terra: 5
- Scienze biologiche: 14
- Scienze mediche: 20
- Scienze agrarie e veterinarie: 10
- Ingegneria civile ed Architettura: 13
- Ingegneria industriale e dell'informazione: 19
- Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche: 19
- Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche: 12
- Scienze giuridiche: 15
- Scienze economiche e statistiche: 18
- Scienze politiche e sociali: 5
I progetti dei dipartimenti in gara vengono sottoposti alla valutazione di una commissione, nominata dal MUR, di sette componenti di cui sei indicati dal MUR e uno dalla presidenza del consiglio. L’ultima commissione era così composta: Raffaella Sadun (presidente), Emiliana Borrelli, François Bougard, Alessio Figalli, Fabiola Gianotti, Michele Pagano, Paolo Samorì.
Questa commissione deve valutare il progetto del miglior dipartimento di ciascuna università: una volta avuta valutazione positiva del loro progetto questi “campioni” accedono direttamente ai finanziamenti. Deve poi assegnare un punteggio ai progetti rimanenti (massimo 30 punti), combinarlo con il punteggio ISPD (massimo di 70 punti) e stilare quindi una graduatoria finale dei 180 dipartimenti di eccellenza,
I risultati della tornata 2023-2027
Nella tornata 2023-2027 sono ben 13 i dipartimenti della Statale di Milano, che nella precedente tornata ne aveva 8 nei migliori 180. A seguire le altre grandi università statali. Dalla tabella si può vedere che le prime 10 posizioni sono sempre occupate dagli stessi atenei che in genere sono i più grandi. A grandi linee nei 180 si trovano i dipartimenti degli atenei maggiori: la qualità sembra andare di pari passo con la quantità. A eccezione di Milano Bicocca e Trento, atenei relativamente piccoli per numero di personale docente che però entrano nei 180 con ben 8 e 7 dipartimenti (in pratica metà dei loro dipartimenti sono eccellenti). Riguardo al confronto fra la prima e la seconda tornata (2018-2022 vs 2023-2027) va segnalata anche l’Università di Pisa, che balza da 2 a 7 dipartimenti, e la Federico II di Napoli (da 5 a 12 dipartimenti) che primeggia nel sud Italia.
Tabella1. Iscritti: Anagrafe MIUR; personale: http://dati.ustat.miur.it. Per il personale: collaboratori in attività di ricerca; collaboratori linguistici; personale docente a contratto; personale tecnico-amministrativo; professore I/II fascia; ricercatore a tempo indeterminato/determinato; titolare di assegno di ricerca.
Ci sono anche altre università molto grandi che hanno ottenuto poco, per esempio Palermo e Bari, con circa 3.400 persone impiegate, sono in classifica rispettivamente con 1 e 2 dipartimenti.
I fondi
Cosa accade ai 180 dipartimenti di eccellenza? Riceveranno, anche in proporzione al numero dei dipendenti, per cinque anni un contributo che va da 1 milione a 1,6 milioni all’anno. Sono 271 milioni di euro per cinque anni, 1,3 miliardi di euro in totale, con una media per ateneo di circa 4 milioni di euro all’anno.
Inoltre ai dipartimenti delle aree CUN da 1 a 9 (le materie scientifiche) sarà anche assegnato un budget di 250 mila euro annui “vincolato a infrastrutture di ricerca”.
Alla fine dei cinque anni è prevista anche una valutazione del progetto portato a termine. In caso di valutazione negativa il dipartimento non potrà partecipare alla prossima valutazione, 2028-2032.
Nel quinquennio 2018-2022 Bologna si è potuta aggiudicare con 14 dipartimenti circa 100 milioni di euro in 5 anni, quindi la Statale di Milano può aspettarsi di raddoppiare i 50 milioni ottenuti con 8 dipartimenti nel 2022.
Milano nel complesso è in vetta a questa classifica: tra Statale, Bicocca e Politecnico ha 28 dipartimenti finanziati. Poi Roma con 19 (Sapienza, Tor Vergata, Roma tre) e Napoli 14 (Federico II, l’Orientale, Parthenope). Se si considerano tutte e due le tornate Bologna si è garantita finanziamenti per 25 dipartimenti, Padova 24, Milano Statale 21.
Criticità
L’obiettivo di questa competizione tra dipartimenti era quello di incentivare, tramite la concorrenza, un costante miglioramento della produzione di ricerca di alta qualità tramite progetti ad alto impatto.
Tra le obiezioni della prima ora il timore che in realtà questo meccanismo premiasse i dipartimenti di atenei già ricchi ed efficienti e non desse modo agli ultimi di riallinearsi. In realtà si può vedere che nel nuovo elenco dei primi 350 dipartimenti circa un terzo non compariva nel precedente, segno che chi era rimasto escluso ha comunque avuto gli strumenti per contendere i fondi alla seconda tornata. Tuttavia sia nella prima sia nella seconda edizione la distribuzione dei fondi si è concentrata soprattutto nelle università del nord. Inoltre non è noto il punteggio dei dipartimenti dalle posizioni dalla 350 in giù e nulla si sa di eventuali azioni intraprese per migliorare la loro situazione.
Una classifica troppo corta
Alcune critiche più radicali contestano l’assunto che il meccanismo creato da ANVUR sia in grado di rilevare la qualità della ricerca e il suo impatto, e quindi selezionare i dipartimenti eccellenti, e individuano difetti nella formula per creare l’ISPD (si veda per esempio Lucio Bertoli Barsotti dell’Università di Bergamo su ROARS).
Vero è che, se si analizzano i punteggi dei primi 350 dipartimenti, si può notare che la classifica è molto schiacciata verso la parte alta: ben 195 dipartimenti con punteggio tra 99 e 100).
Figura 1. Distribuzione dei punteggi ISPD per i 350 dipartimenti con punteggio più alto. Si può vedere che la gran parte dei dipartimenti, tre quarti, ha un punteggio compreso tra 94 e 100, e la mediana (la linea orizzontale più scura) è sopra a 99. Pochi altri dipartimenti, un terzo, hanno punteggi compresi tra 73 e 94.
Questo rende difficile il compito di selezionare i migliori 180 come appare da una nota del 2017 dell’università di Padova in cui si esplicita la difficoltà, interna, di scegliere tra i 15 dipartimenti da inviare alla competizione finale “in un contesto di forte incertezza-competitività complessiva determinato dallo schiacciamento delle posizioni in termini di ISPD”.
I criteri di selezione sembrano caratterizzati da una certa arbitrarietà e non sono sufficienti per stilare una graduatoria accurata per la parte alta della classifica: restano esclusi molti eccellenti e l’unica ragione sembra essere il caso, producendo così un effetto lotteria che non contribuisce a stimolare la competizione sulla base di nuove idee e del merito.
Da notare anche che, nel caso dei dipartimenti di eccellenza, i fondi a disposizione sono rimasti al palo dopo cinque anni (gli stessi 271 milioni del 2018). Se la ricerca italiana è in generale di ottimo livello, anche i fondi, ordinari e premiali, dovrebbero adeguarsi come indicato dal piano Amaldi e chiesto dalla commissione tecnica del MUR nel 2022.
Di seguito la tabella con tutti i 180 dipartimenti di eccellenza (fonte: MUR)