Molte persone in
età avanzata sperimentano un declino della capacità mnemonica, un sintomo
comune anche alla fase precoce della malattia
di Alzheimer (AD). Di quest’ultima non sono note le cause ma le recenti
teorie vedono l’accumulo di peptide beta-amiloide (Ab)
nelle regioni cerebrali implicato nelle fasi precoci della patogenesi.
Alcuni
studi hanno però dimostrato, sia attraverso indagine autoptica che in vivo mediante PET, la presenza di
estese placche Ab anche in molti anziani con funzioni cognitive normali,
suggerendo che essi possano trovarsi in una fase preclinica di AD.
Studi effettuati
mediante risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI) hanno poi riportato
un’aumentata attività neuronale durante il processo cognitivo in individui con
depositi Ab e processi cognitivi normali e in pazienti con
lievi disturbi cognitivi (MCI) rispetto ad individui senza placche Ab.
In un articolo
recentemente apparso su Nature un
gruppo di ricercatori dell’Università di
Berkeley diretto da William Jagust
si sono chiesti se questi aumenti di attività neuronale dipendente dai depositi
Ab avessero un ruolo benefico o dannoso sul processo
cognitivo.
Lo studio è stato condotto su un gruppo di 22 giovani sani e 49 anziani con
capacità cognitive normali, questi ultimi suddivisi tramite PET in 33 soggetti senza
depositi amilioidi e 16 con presenza di placche Ab.
Durante l’acquisizione dei dati fMRI, ai volontari sono state mostrate alcune
immagini. Dopo circa 15 minuti i soggetti sono stati interrogati sul
significato generale dello stimolo ricevuto (“memoria sostanziale”) e poi sulla
presenza di alcuni dettagli nella scena visualizzata.
L’analisi fMRI ha
valutato le attivazioni cerebrali durante la codifica degli elementi (hits) successivamente
ricordati durante la funzione “sostanziale” in confronto al basale, oltre agli incrementi
o decrementi lineari nell’attività legati al numero di dettagli ricordati.
Per
distinguere gli incrementi e i decrementi relativi rispetto al basale, gli
autori hanno mascherato i risultati di questi confronti con mappe di funzionalità
positiva e negativa derivanti dal confronto della media basale degli hits in
tutti i gruppi.
Per valutare gli
effetti parametrici, gli autori hanno comparato gli incrementi e i decrementi
lineari attraverso il numero dei dettagli correttamente identificati per gli
elementi ricordati nella memoria sostanziale tra i gruppi.
Considerando solo
l’età, rispetto agli anziani senza placche Ab i giovani hanno
mostrato un maggior aumento parametrico relativo ai dettagli lungo la corteccia
occipitale laterale e ventrale, la corteccia parietale superiore e mediale e la
corteccia temporale inferiore. Rispetto ai giovani, gli anziani senza placche Ab
hanno invece mostrato una modulazione relativamente scarsa delle regioni a
funzionalità positiva e un’ampia inattivazione nella corteccia parietale
mediale che fa parte del network di funzionalità negativa.
Questi dati indicano
che i giovani hanno una maggiore attivazione rispetto agli anziani per il recupero
della memoria sostanziale e ciò contribuisce a formare ricordi più ricchi e
dettagliati; mentre i soggetti anziani mostrano questi effetti per la
disattivazione.
Gli scienziati della Berkeley hanno poi esaminato gli effetti dei depositi amiloidi sugli incrementi parametrici nell’attività di codifica. Coloro che hanno placche Ab mostrano effetti parametrici più forti nella corteccia parietale e occipitale, soprattutto nell’emisfero destro. Mostrano inoltre maggiori incrementi attraverso la corteccia parietale superiore e laterale e la corteccia occipitale mediale e laterale in relazione al numero di dettagli codificati. Il gruppo di anziani senza placche Ab mostrano una risposta parametrica minima nelle regioni a funzionalità positiva e maggiori decrementi lineari nelle regioni a funzionalità negativa, incluso il giro angolare destro e la corteccia parietale mediale. I soggetti con depositi amiloidi hanno invece mostrato un decremento lineare relativamente inferiore in queste aree.
Il rapporto
parametrico tra attività neurale e ricchezza della memoria è la prova che
l'aumento dell'attività neurale in soggetti con placche Ab
è un processo benefico che riflette la plasticità neurale e serve da funzione
compensatoria. I depositi amiloidi interferiscono anche con numerose funzioni
neurali, incluso il potenziamento a lungo termine, e inducono proprietà
aberranti nei circuiti locali. Sono inoltre associati a ridotta connettività dei
circuiti di funzionalità positiva e la funzione anormale dei circuiti positivi
e negativi potrebbe tradursi in processi neurali inefficienti che richiedono
maggiore attività neurale.
Meccanismi analoghi sono stati proposti per spiegare
i cambiamenti dovuti all'età e potrebbero riflettere il meccanismo in base al
quale le persone anziane con depositi amiloidi sono in grado di rimanere
cognitivamente normali, mentre quelli non in grado di reclutare queste risorse
vadano incontro al declino cognitivo.
Le conseguenze a
lungo termine dei depositi amiloidi non sono ancora state comprese completamente.
È possibile che individui con placche Ab e funzione
cognitiva normale siano destinati al declino cognitivo poiché l’inefficienza
neurale aumenta al punto in cui la compensazione non è più efficace.
In realtà,
questa stessa inefficienza neurale può portare alla deposizione di una maggiore
quantità di placche Ab, rilasciate attraverso attività neurale alla
sinapsi.
Il ridotto rapporto parametrico tra l'attivazione e la performance in
soggetti con più alti livelli di deposizione suggerisce che queste regioni
contribuiscono al declino della formazione della memoria attraverso il continuo
accumulo di amiloide. Se e come gli individui con placche Ab
possano rimanere cognitivamente sani per lunghi periodi di tempo è una
questione che richiede l'osservazione longitudinale del comportamento e della
funzione neurale.