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L’immagine più famosa di questa pandemia è stata pubblicata su Twitter il 28 febbraio da Drew Harris, assistant professor al Thomas Jefferson University College of Population Health. Nota come flatten the curve (appiattisci la cura), è la riproposizione di un grafico chiamato "Goals of community mitigation", che rappresenta gli effetti degli interventi di distanziamento sociale sulla diffusione di un virus simile a Covid-19.
If you only learn one thing about #COVID19 today make it this: everyone's job is to help FLATTEN THE CURVE. With thanks to @XTOTL & @TheSpinoffTV for the awesome GIF. Please share far & wide. pic.twitter.com/O7xlBGAiZY
— Dr Siouxsie Wiles (@SiouxsieW) March 8, 2020
Seppur rielaborata, si tratta di un'immagine di 13 anni fa, realizzata per un documento dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) statunitensi dal titolo “Interim pre-pandemic planning guidance: community strategy for pandemic influenza mitigation in the United States: early, targeted, layered use of nonpharmaceutical interventions” – sostituito dall’aggiornamento del 2017 “Community Mitigation Guidelines to Prevent Pandemic Influenza – United States, 2017”.
Immagine del report nel 2007
Immagine del report nel 2017
La differenza tra l’immagine pubblicata su Twitter e le precedenti è l’aggiunta di una semplice riga orizzontale che non solo rappresenta la capacità di risposta dei sistemi sanitari ma, soprattutto, rende concreta l’urgenza di intervenire per proteggerli. Harris, che ha fatto parte del gruppo di lavoro CDC del 2007, ha deciso di aggiungere la riga e ripubblicare l’immagine dopo aver visto un riadattamento del grafico originale sull’Economist –nell’edizione del 29 febbraio, con una grafica leggermente modificata per essere in linea con i colori del giornale e leggibile anche dalle persone daltoniche.
Se una sola riga ha reso chiaro a tutti il razionale del distanziamento sociale, un ulteriore passo avanti nella divulgazione è stato fatto grazie a un articolo del 9 marzo, a firma di Siouxsie Wiles, sul sito neozelandese The SpinOff. Docente alla Università di Auckland e divulgatrice scientifica, Wiles ha lavorato con un illustratore per realizzare una gif basata sul grafico di Harris. Il risultato è un’immagine da 4,5 milioni di impression che alla sua prima pubblicazione su Twitter, l’8 marzo, ha ottenuto oltre 27 mila retweet, quasi 38 mila like e 315 commenti. Grazie al talento creativo di un illustratore, un concetto tecnico si è infine trasformato in un piccolo prontuario di facile lettura per la popolazione, dimostrando come la data visualization possa aiutare politici e tecnici a comunicare concetti in apparenza astratti e lontani dal senso comune.
If you only learn one thing about #COVID19 today make it this: everyone's job is to help FLATTEN THE CURVE. With thanks to @XTOTL & @TheSpinoffTV for the awesome GIF. Please share far & wide. pic.twitter.com/O7xlBGAiZY
— Dr Siouxsie Wiles (@SiouxsieW) March 8, 2020
La data visualization in cinque nomi
Non deve stupire che l’idea di Flatten the curve sia venuta a uno scienziato: era necessaria una profonda conoscenza dei dati e del sistema sanitario per semplificare il concetto senza banalizzarlo. Tuttavia, il vero salto di qualità è avvenuto grazie all’intervento di una persona attenta alla divulgazione (e un illustratore non guasta mai). Guardando al passato la storia della data visualization è ricca di esempi di scienziati che hanno “inventato” nuovi modi per rappresentare i loro dati e, come nel caso di Florence Nightingale, li hanno usati per salvare vite umane. Pescando tra i grandi nomi che si sono fatti aiutare dalla data visualization per le rappresentazioni ne abbiamo scelto cinque a cavallo tra la fine del 1700 e la fine del 1800, quando questo campo (così come il data journalism) era ancora inesplorato.
Nel 1782 Charles de Fourcroy, matematico francese, ha realizzato un’analisi visiva del lavoro degli ingegneri civili francesi e un confronto demografico delle città europee nota come Tableau Poléometrique (modalità di rappresentazione delle informazioni oggi ampiamente usata).
Pochi anni dopo, nel 1786, l’economista scozzese William Playfair ha pubblicato il libro “The Commercial and Political Atlas” in cui ha affiancato i testi con grafici e rappresentazioni dei dati più originali (Playfair ha anche inventato i grafici e barre e a linee e gli si attribuisce anche il grafico a torte). In quest’immagine paragona le importazioni di Danimarca e Norvegia verso l’Inghilterra tra il 1700 e il 1780.
Ottant’anni dopo (1869), l’ingegnere civile Charles Joseph Minard rappresenta la campagna di Russia del 1812 attraverso il numero di soldati che sono morti durante l’avanzata verso Mosca in quella che viene considerata tra le prime forme di giornalismo data-driven.
Nello stesso secolo anche un’altra guerra, quella di Crimea, viene rappresentata visivamente. Il merito è di Florence Nightingale, che ha utilizzato grafici e infografiche per comunicare informazioni mediche. La sua data visualization più famosa, chiamata coxcomb, illustra le cause di morte tra i soldati mettendo in luce il ruolo dell’ambiente ospedaliero nella moria dei militari. Un lavoro che ha portato a rivoluzionare la sanità militare.
Un ulteriore passo avanti nella rappresentazione dei dati si deve a un italiano. Nel 1879, Luigi Perozzo pubblica uno stereogramma rappresentante la piramide tridimensionale della popolazione basato sui censimenti svedesi 1750-1875.
Volendo andare ancora più indietro nel passato spingerci sino al 6200 aC, quando è stata dipinta la mappa della città di Chania, in Turchia, ritenuta una delle prime forme di data visualization: in fondo stiamo ancora migliorando una tecnica inventata migliaia di anni fa!