fbpx Da politica segnali di apertura verso l'editing genomico vegetale

Aria (e acqua) nuova per il genome editing vegetale

piante

Sta cambiando il clima politico che circonda il miglioramento genetico vegetale. Due, in particolare, le novità incoraggianti: l'articolo 9bis del Decreto Siccità, che apre la strada a 18 mesi di sperimentazione di piante da genome editing, e la proposta di cui si dibatte all'Europarlamento dedicata a “sicurezza alimentare e un'agricoltura dell'UE resiliente”.

Crediti immagine: Francesco Gallarotti/Unsplash

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A ripetizione si susseguono iniziative, votazioni e dichiarazioni, a livello sia europeo sia nazionale, che segnalano che il clima attorno al miglioramento genetico vegetale è improvvisamente cambiato. Ma è cambiato il clima per adesso, non sono ancora davvero cambiate le regole e non ancora i dettagli tecnici che consentano di sbloccare la ruggine accumulata su una tematica paralizzata da un quarto di secolo. Detto questo, ci sono diverse significative novità incoraggianti che vanno segnalate, anche perché la materia è parecchio ostica.

Intanto si deve fare una collezione di quasi-sinonimi, che rende arduo seguire la terminologia usata (Anna Meldolesi ne ha già scritto). Io mi appiglio al temine genome editing come a un'ancora, perché mi sembra uno dei termini più neutri, ma fioriscono le terminologie parallele. Si va dalle NGT (new genomic techniques) alle NBT (new breeding techniques), al genome editing (correzione delle bozze), alla mutagenesi sito-diretta (site-directed mutagenesis), alle italianissime TEA (Tecniche di evoluzione assistita), ma talvolta si sentono anche termini come piante “crispate”. Osservo che si vuole includere lo scopo dell’intervento nella sigla: la mutazione, l’incrocio oppure l’evoluzione. Quello che accomuna tutte queste definizioni è che stabiliscono una distanza lessicale dai reietti OGM (organismi geneticamente modificati) e scelgono tutte un termine femminile al posto del maschile di OGM: quasi a dire che le “metamorfosi” o il rimescolamento di caratteri tra vertebrati siano leciti al femminile (si pensi alla sensualità di una sirena), mentre nella versione maschile sono orrendi, mostruosi e perversi (basti l’esempio del Minotauro). Ma forse sono solo io a vederci questi pregiudizi.

Le avvisaglie si erano già percepite alla fine della scorsa legislatura con due iniziative dei rispettivi presidenti delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato (Gallinella, M5S e Vallardi, Lega) che si erano pubblicamente esposti a favore delle tecnologie del genome editing, cui si unisce ora la più complessa “cisgenesi”.

Dopo quasi un anno d’incubazione, tra il 31 maggio e il 9 giugno, l’articolo 9bis del Decreto Siccità apre la strada a 18 mesi (dico diciotto) di sperimentazione di piante da genome editing. Ricordo che, per una prova di campo, sarebbe opportuno fosse ripetuta per tre anni di fila. Leggendo il testo è arduo capire cosa sia davvero mutato: come dicevo il clima, ma anche qualche dettaglio che può essere discriminante. L’articolo 9bis incide su una legge penale italiana, la 224/2003, che inizialmente stabiliva tre anni di reclusione per chi piantava piante OGM senza autorizzazione, ma dovendo rispettare un iter scritto apposta per essere impossibile da esaudire.

Le unghie a quella legge sono state tagliate dal coraggio, dalla perseveranza, dall’ostinazione alla disobbedienza civile di tre agricoltori friulani: Giorgio Fidenato, Silvano Dalla Libera e Duilio Campagnolo. Fidenato ha piantato mais OGM (il tipo Bt, Mon 810, l’unico mais modificato autorizzato per la coltivazione in tutta Europa) e quindi si è autodenunciato nel 2010. Si è così innescato un processo penale contro di lui, che rischiava oltre alla reclusione fino a 100.000 euro di multa. Il giudice penale, ascoltando i vari testi (io ero uno dei periti a difesa delle scelte di Fidenato), ha capito che la materia esorbitava dalle sue competenze e ha chiesto un’opinione alla Corte Europea di Giustizia che ha dato pienamente ragione a Fidenato. Quindi la Commissione Europea ha scritto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri osservando che le leggi italiane 212/2001, 224/2003 (appunto) e la legge Regionale del Friuli n.5 del 2011 non erano state mai né notificate né approvate da Bruxelles, come devono fare tutte le normative degli stati nazionali che interferiscono col trattato costitutivo sul libero scambio delle merci all’interno dell’Unione. L’Italia ha così scoperto di aver legiferato in nero, abrogando parte delle tre leggi. Nel 2013, Silvano Dalla Libera ha lecitamente piantato mais Bt nel suo campo, raccolto (io stesso ero sulla mietitrebbia) sotto gli occhi attenti di Polizia, Carabinieri e Guardia Forestale, venduto con tanto di fattura con l’IVA, e per quel mais ha ovviamente ricevuto i soliti contributi comunitari per la coltivazione di un qualunque mais. Per una brevissima stagione si era ristabilita la legalità.

Oggi l’articolo 9bis incide su quella legge attenuata 224/2003, ma chi non ricorda quella guerra di religione di vent’anni fa stenta a capire cosa sia cambiato. Quello che è cambiato sono i numeri: prima c’era il simbolo numerico di “infinito”, ora i numeri sono 10 più 45 più 10 uguale 65. Sì, ora si parla di 65 giorni tra il deposito della richiesta di sperimentazione e la risposta degli organi competenti: questa a me pare una profonda, significativa e positiva differenza a favore della speranza di poter sperimentare per scopi di ricerca e di conoscenza le piante frutto di genome editing, quello che invece è stato impedito ai classici OGM.

Dico “infinito” perché nelle vecchie normative erano previsti tre passaggi chiave: il primo era quello di superare il vaglio di una commissione ostile che badava solo a evitare che un singolo granello di polline di pianta OGM potesse sfuggire al lager dove le piante OGM andavano coltivate. Poi si dovevano identificare dei siti regionali di sperimentazione di piante OGM: a oggi il 90% delle regioni non li hanno identificati e tra poco saranno vent’anni. Ma, soprattutto, per poter sperimentare piante OGM si dovevano rispettare dei cosiddetti protocolli sperimentali che definivano per ogni pianta quali erano le modalità, le restrizioni, le reti, le distanze da altre piante, i sistemi di controllo e monitoraggio di roditori, vermi del terreno, insetti e uccelli che potevano venire in contatto con piante macchiate dal peccato originale indelebile di essere OGM.

Dopo 18 anni da quei testi (la legge sulla coesistenza n. 5 del 2005), elaborati durante il ministero Alemanno all’agricoltura, non esiste ancora un solo protocollo approvato per una qualunque pianta OGM. Per questo indico il termine infinito per le procedure da assolvere per i classici OGM sintetizzabili in “fine pena mai”. Ora ci sono 65 giorni al massimo tra la presentazione della domanda e la risposta delle commissioni competenti: vedremo che criteri adotteranno le commissioni.

E vedremo anche se gli scienziati potranno descrivere le modalità agronomiche e sperimentali di messa in campo di piante da genome editing prescindendo dai mitologici “protocolli sperimentali”. Solo all’atto pratico si capirà come hanno intenzione di agire le nuove commissioni di valutazione delle piante da genome editing. Altrettanto dicasi per le piante derivanti da cisgenesi, ossia che derivano dallo scambio di materiale genetico con piante della stessa specie. Si potrà preparare e purificare il DNA della specie donatrice per poi introdurlo nella varietà ricevente? Con o senza un sistema di selezione? Insomma dettagli tecnici che, se prevale la scelta di superarli, saranno facilmente superati.

Salta anche la valutazione del rischio per l’agrodiversità, che non vuol dire che non si facciano valutazioni d’impatto ambientale, ma che essendo le parcelle di sperimentazione limitate a pochi metri quadri, non valgono le stesse norme che si applicano quando le coltivazioni si estendono per milioni di ettari. Ancora un piccolo segnale di moderazione e apertura alla ricerca scientifica.

Anche a livello europeo, in queste ore, ma soprattutto il 5 luglio, si capirà se lo stillicidio in corso dal 2016 a proposito del blocco in gattabuia delle coltivazioni da piante da genome editing potrà infine vedere la luce. In queste ore si dibatte in Europarlamento su un testo che viene così presentato:

Newsletter - 12-15 giugno 2023 - Sessione plenaria di Strasburgo
Garantire la sicurezza alimentare e un'agricoltura dell'UE resiliente

In un dibattito martedì e una votazione mercoledì, i deputati dovrebbero invitare l'UE a rafforzare la sua sicurezza alimentare e la sua autonomia strategica. Alla luce della guerra di aggressione russa contro l'Ucraina e dell'impatto della pandemia di COVID-19, il progetto di testo chiede l'utilizzo delle scorte alimentari strategiche dell'UE, una strategia per le proteine e i mangimi per consentire agli agricoltori di diventare meno dipendenti dai paesi terzi, nuove tecniche di incrocio (new breeding techniques) per ridurre l'uso di fertilizzanti sintetici e pesticidi e investimenti nelle tecnologie digitali in agricoltura. Richiede inoltre un programma UE specifico per la gestione dell'acqua, la riduzione degli sprechi alimentari e la reciprocità nel commercio di prodotti agricoli con i paesi terzi. I deputati sono inoltre pronti a chiedere garanzie per garantire che l'attività agricola nell'UE sia mantenuta durante l'attuazione del Green Deal. Codici procedurali 2022/2183(INI)

Quindi il genome editing per combattere i rischi delle crisi delle derrate causate dalla guerra, le conseguenze di Covid-19, i cambiamenti climatici e per aumentare l’autonomia dell’Europa dalle importazioni riducendo agrofarmaci e fertilizzanti. Come a dire che, dopo aver affamato i biotecnologi agroalimentari per un quarto di secolo, ora non gli si dice solo “alzati e cammina”, ma andate a fare la gara del Triathlon degli Ironman: 3.800m di nuoto, 180km di ciclismo e una maratona da 42km195m. Tutto fatto solo schiacciando il bottone del voto elettronico.

Auguriamoci che il 5 luglio si intraprenda la strada della ragionevolezza agroalimentare. Sarebbe un sollievo dopo decenni di lotte mediatiche, giuridiche, legislative e quasi mai scientifiche. Ne sognavo già 16 anni fa redigendo l’editoriale del mio blog sugli OGM, salmone.org. Senza sapere quando e quale nuova generazione di biotecnologi potesse sostituirci, mi era però già chiaro che la partita degli OGM era irrimediabilmente persa, ma peggio sarebbe stato alzare bandiera bianca. Ho riesumato quelle frasi per il bel libro ispirato da Diego Breviaro Life in Science, Springer 2023, in cui provavo a spiegare perché avevo scelto il salmone come simbolo per il mio blog: «Il “salmone” è un animale fragile e indifeso, ma determinato come pochi. Nel momento più importante della sua vita, quando risale i fiumi, è esposto all’aggressione di predatori famelici e impietosi che senza rischiare nulla ne fanno strage, mentre lui nuota ostinatamente controcorrente per arrivare alla sua meta. Anche i pochi che giungono alla meta moriranno, ma lo fanno per dar vita a una nuova generazione».

L’augurio è che le uova dei salmoni della passata generazione possano schiudersi e la nuova generazione di biotecnologi del genome editing possano finalmente nuotare in acque limpide.

 

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