fbpx Non buttiamo il bambino con l'acqua sporca | Scienza in Rete

Caso Cochrane: il bambino e l'acqua sporca

Primary tabs

Membri del Governing Board della Cochrane. A parte Peter Gøtzsche, di cui si è votata l'espulsione, quattro si sono dimessi a seguito di questa proposta (barra rossa) e altri due si sono dimessi per altri motivi (segno verde). Nell’immagine non è presente Mark Wilson, CEO della Cochrane.

Read time: 6 mins

La proposta di espulsione dall’organo di governo della Cochrane di Peter Gøtzsche continua ad agitare le acque della associazione internazionale dedicata a produrre “informazioni di alta qualità per le decisioni di salute”. L’ultimo incidente che ha portato il comitato direttivo a prendere questa decisione è la dura critica di Gøtzsche, Jefferson e Jørgensen alla recente revisione sistematica su efficacia e sicurezza del vaccino HPV. Gøtzsche, fra i fondatori della Cochrane Collaboration, è stato anche protagonista di una critica violenta all'utilità dello screening mammografico, come riferisce Eugeni Paci in questo articolo. La decisione di defenestrare Gøtzsche ha spaccato il direttivo, tanto che sei membri su tredici si sono dimessi (quattro in esplicito dissenso con la decisione e due per altri motivi). Qui la ricostruzione da parte di Luca De Fiore. Pubblichiamo una riflessione di istituzioni e ricercatori collegati alla Cochrane in Italia.(l.c.)

 

La Cochrane è un'organizzazione in crisi o la Cochrane è nel mezzo di una crisi? 

Autori vari del Network Cochrane Italiano

In una lunga e documentata rassegna sul susseguirsi dei fatti che hanno portato ai recenti eventi, ma che hanno una radice ben più lontana, Hilda Bastian suggerisce di non alimentare, come invece sembra stia avvenendo, un circolo vizioso che rischia di portare a un discredito per tutta quella comunità scientifica competente, indipendente e rigorosa che lavora per la Cochrane (leggi qui).

Come si direbbe in linguaggio non scientifico, forse dovremmo evitare di buttare il bambino con l’acqua sporca. Certamente si può pensare che la gestione manageriale di un caso che già si sapeva essere delicato possa essere stata non ottimale, ma come sempre, a posteriori, è facile criticare e in ogni caso, in assenza di ulteriori informazioni è difficile esprimere giudizi in merito. Possiamo facilmente immaginare l’ambascia e la difficoltà che i membri del governing board e lo stesso editor in chief possano aver avuto in questi frangenti, sebbene questo non giustifichi le modalità della conduzione.

Non vogliamo qui discutere della invocata ipotetica perdita di indipendenza della Cochrane. Non si può certo dire che la metodologia Cochrane non ponga la giusta attenzione a tutti i possibili rischi di bias, inclusi quelli potenzialmente indotti dalla sponsorizzazione dei trial da parte dell’industria. Dopo venticinque anni di lavoro sulle revisioni sistematiche è cresciuta la consapevolezza della complessità di cui dover tenere conto per produrre risultati con il minor livello di distorsione (leggi qui).

Le revisioni Cochrane hanno esteso il loro ambito di applicazione dalle semplici revisioni di intervento a quelle che prevedono analisi dei dati individuali, alle revisioni diagnostiche e prognostiche, network metanalisi, revisioni di studi non randomizzati ed altre. Esiste un gruppo specifico di metodo che cerca possibili soluzioni a tutte le sfide metodologiche che questo comporta. Un lavoro enorme che comporta anche un giudizio preliminare sulla opportunità di intraprendere revisioni “complesse”, sia in base alla rilevanza della domanda che di aspetti relativi alla applicabilità del metodo, fattibilità, rapporto costo benefici.

Le revisioni sistematiche di studi primari sono pubblicate sempre di più. Un recente studio di Page MJ et al del 2016 ha selezionato tutte le revisioni pubblicate in un mese del 2014 e ne ha identificate 682, tre volte tanto quelle pubblicate dieci anni prima. Sul campione casuale di 300 revisioni analizzate il 15% era rappresentato da revisioni Cochrane. Lo studio evidenzia una scarsa qualità del reporting, particolarmente per quanto riguarda i metodi ed una migliore qualità del reporting delle revisioni Cochrane rispetto alle altre revisioni.

Detto questo, le revisioni sistematiche Cochrane sono sempre la “verità”? Certamente no, anche le revisioni Cochrane devono essere sottoposte a valutazione critica prima di essere utilizzate per formulare raccomandazioni cliniche o di policy.

E qui arriviamo all’argomento che merita di essere approfondito, vale a dire la disputa sulla revisione Cochrane sul vaccino HPV, che forse non è l'unica causa della crisi attuale. La revisione Cochrane sul vaccino HPV (Arbyn M, Xu L, Simoens C, Martin‐Hirsch PP. Prophylactic vaccination against human papillomaviruses to prevent cervical cancer and its precursors. Cochrane Database of Systematic Reviews. 2018, 5) e le relative critiche pubblicate nell’articolo del BMJ (Jørgensen L, Gøtzsche PC, Jefferson T. The Cochrane HPV vaccine review was incomplete and ignored important evidence of bias. BMJ evidence-based medicine. 2018 Jul 27:bmjebm-2018), sono disponibili per tutti per essere letti e farsi la propria opinione.

Certo, questo può andare bene per noi ricercatori, si veda l’attenta disamina di Hilda Bastian, ma chi deve prendere una decisione in merito, a chi deve credere? Questa non è certamente una situazione piacevole, ma di revisioni discordanti ce ne sono numerose, tanto è vero che è persino in corso un progetto finanziato dalla ricerca finalizzata del Ministero della Salute: “Grade Dispute” che ha proprio l’obiettivo di migliorare l’appropriatezza e la trasparenza del processo di produzione di raccomandazioni cliniche in presenza di revisioni sistematiche con risultati discordanti.

E’ necessario infatti ricordare che le revisioni Cochrane non nascono per formulare raccomandazioni cliniche ma per fornire le informazioni necessarie a sviluppare raccomandazioni. Non è una differenza semantica, bensì una differenza sostanziale. Per formulare una raccomandazione, anche secondo il metodo GRADE, che è quello più rigoroso ed oggi più utilizzato, oltre alla qualità delle prove si analizzano anche una serie di altri fattori quali le preferenze e i valori per i pazienti, le risorse disponibili e il rapporto costo-beneficio, l’applicabilità e la fattibilità, il tutto in maniera totalmente trasparente e quindi replicabile.

La Cochrane in questi anni ha cercato di mettere in atto azioni mirate a garantire sempre più la pubblicazione di revisioni rilevanti e di qualità e di affrontare le diverse complessità che emergono nella conduzione delle revisioni sistematiche nella maniera più rigorosa possibile.

Non mancano le criticità che abbiamo sempre sottolineato negli anni, tra cui la lentezza nel garantire una accessibilità globale, open access alle revisioni Cochrane, la sterzata di carattere editoriale commerciale e la perdita del termine “Collaboration” dalla denominazione.

In Italia abbiamo iniziato il nostro lavoro quando la Cochrane era una collaborazione relativamente piccola fatta di persone che condividevano gli stessi obiettivi e la stessa mission e Peter Gøtzsche era tra questi. Il Centro Cochrane Italiano, fondato da Alessandro Liberati è stato uno dei primi centri non UK della Cochrane Collaboration; pochi anni dopo sono sorti i due gruppi Cochrane Sclerosi Multipla e Droga e Alcool e a seguire il Field Neurologico, il satellite EPOC e più recentemente il Field della Riabilitazione.

Il mondo è cambiato in questi 25 anni e sarebbe strano che non cambiasse anche la Cochrane. Non ci sentiremmo di dire che la Cochrane è un’organizzazione in crisi, ma probabilmente c’è una crisi della governance. Per quanto ci riguarda noi continuiamo a lavorare con lo stesso rigore con cui abbiamo lavorato, sempre pronti a lasciare se verificassimo che la mission e gli obiettivi della Cochrane non dovessero più coincidere con il “bene pubblico” per cui abbiamo sempre lavorato.


Marina Davoli, Laura Amato, Silvia Minozzi, Zuzana Mitrova, Cochrane Drugs and Alcohol Group.

Graziella Filippini, Cochrane Multiple Sclerosis and Rare Diseases of the CNS Group.

Teresa Cantisani, Maria Grazia Celani, Cochrane Neurological Sciences.

Luciana Ballini, Cochrane Effective Practice and Organisation of Care Group.

Gianni Virgili, Cochrane Eyes and Vision; Italian Diagnostic Test Accuracy (DTA) Satellite Group.

Salvatore Panico, Officina Napoli Cochrane.

Corrado Barbui, Cochrane Global Mental Health.

Roberto D’Amico, Vanna Pistotti, Cochrane Italia. 

Luca De Fiore, Giulio Formoso, Antonio Addis, Chiara Bassi, Silvia Minozzi, Associazione Alessandro Liberati–Network Italiano Cochrane.

Paola Mosconi, Partecipasalute (Istituto Mario Negri IRCCS), Roberto Satolli, Partecipasalute (Zadig), Roberto D’Amico, Partecipasalute (Centro Cochrane Italiano).

Michela Cinquini, Ivan Moschetti, Centro GRADE Italia.

 

PS: Le opinioni espresse sono esclusivamente personali e non rappresentano necessariamente il punto di vista della Cochrane e delle istituzioni di appartenenza degli autori.

 

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP29 delude. Ma quanti soldi servono per fermare il cambiamento climatico?

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. I 300 miliardi di dollari all'anno invece dei 1.300 miliardi considerati necessari per affrontare la transizione sono stati commentati così da Tina Stege, inviata delle Isole Marshall per il clima: «Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui i paesi vulnerabili al clima hanno urgentemente bisogno. Non è neanche lontanamente sufficiente.