Il volume Cellule staminali. Aspetti scientifici e questioni etiche (a cura di Anna Rollier e Luca Savarino, Claudiana, Torino, 2010, nato intorno al “Documento approvato dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, agosto 2000”) affronta un argomento interessante in modo interessante.
Le cellule staminali sono infatti uno degli argomenti più scottanti della recente discussione bioetica, perché sollevano domande di diversa natura e alimentano speranze terapeutiche per patologie oggi incurabili. Il volume - qui passiamo al modo - è una raccolta di voci che provengono da mondi disciplinari diversi, intrecciando competenze e punti di vista e rimandando una sinfonia invece che una Verità cui tutti dovrebbero adeguarsi senza fiatare.
Il primo punto interessante è quello sottolineato da Savarino nell’introduzione. Rispondendo alla sorpresa espressa frequentemente rispetto all’apertura dei valdesi sulle questioni bioetiche, Savarino sottolinea un aspetto cruciale: la limitatezza dell’identificazione, molto italiana, tra cristianesimo e chiesa cattolica-romana e la conseguente riduzione dell’etica religiosa alla posizione del Magistero. “È certamente vero, infatti, che in molti altri paesi l’interlocutore si chiederebbe le ragioni della «chiusura» cattolica-romana” (p. 6).
La differenza tra le posizioni non potrebbe essere più profonda. Quell’apertura si fonda sul rispetto della responsabilità personale, sulla convinzione dell’incertezza della morale e sulla laicità: “il ruolo di una chiesa non [è] quello di emanare leggi per impedire che gli individui pecchino, ma di dar da pensare, per far sì che gli individui scelgano in maniera consapevole” (p. 8).
Si entra poi nello specifico argomento e la maggior parte di quanto abbiamo ascoltato e letto sulle cellule staminali viene demolito pezzo per pezzo - perché un altro aspetto preoccupante è costituito dai dibatti italiani sulle questioni bioetiche (lo sottolinea per prima Anna Rollier). Si comincia con una ricostruzione del cammino della ricerca scientifica e biomedica, dalla prima nata con le tecniche di riproduzione in vitro al primo animale clonato, che ci offre un contesto necessario in cui poter collocare le domande morali. Inoltre è molto utile il glossario (pp. 45-46).
Sono molti gli aspetti affrontati nel volume. Elena Cattaneo, per esempio, demolisce uno dei luoghi comuni che opprimono il dibattito: la contrapposizione tra staminali adulte e embrionali. Cattaneo sottolinea che non ha alcun senso, dal punto di vista scientifico, fare una distinzione del genere: “sarebbe un po’ come chiedersi se siano meglio le mani o i piedi” (p. 65). Non solo: con la legge 40/2004 l’Italia ha imposto il divieto assoluto di derivare staminali dalle blastocisti, ma non di lavorare su linee cellulari ottenute in altri paesi. Non c’è solo una profonda ipocrisia in questa situazione, ma i laboratori italiani che lavorano su queste cellule scandalose sono spesso oggetto di discriminazione. Eppure nessuno riesce a motivare la condanna verso la derivazione delle staminali embrionali, soprattutto nel caso in cui sarebbero derivate da blastocisti destinate all’estinzione. Altro punto nodale sottolineato da Cattaneo: l’insistenza generalizzata di far passare “la percezione che il «non fare» sia un comportamento eticamente neutro” (p. 67). E ancora: non è contraddittorio e intollerabile, per l’Italia, usufruire delle eventuali ricerche che qui sono state vietate? Sarebbe un atteggiamento simile a chi fa fare il lavoro sporco a qualcun altro, per poi trarne i vantaggi.
L’ipocrisia torna nel commento di Giulio Giorello, quella “ipocrisia (italica e non solo) che si è tramutata in diritto”, cui si aggiunge “l’incapacità (di noi) della politica nel fare seriamente i conti con le possibilità dischiuse dall’impresa tecnico-scientifica. Tale mescolanza di proibizionismo e doppiezza” (pp. 97-98) produce effetti disastrosi. Demetrio Neri, in chiusura del suo intervento, ipotizza che il passare del tempo possa mitigare l’assolutezza della condanna verso le staminali embrionali o altre pratiche: è già successo nel passato e quindi, verosimilmente, potrà succedere di nuovo.
Amedeo Santosuosso ci offre una prospettiva ulteriore: la sperimentazione sulle staminali embrionali importate dall’estero può essere svolta sotto la protezione costituzionale. Si deve escludere ogni ipotesi di illecito penale per il ricercatore italiano.
Infine, Paolo Vineis si sofferma sulla difficoltà di essere laici - proprio così si intitola il suo intervento. In un contesto in cui poche persone sono informate e, forse anche per pigrizia, ci si abbandona facilmente all’argomento d’autorità: si delega sia il ragionamento che la conclusione. Qualcuno ha detto così (spesso la chiesa cattolica) e questo a molti appare sufficiente. Il versante laico è spesso schiacciato, secondo Vineis, da un atteggiamento oltranzista e indifferente all’opinione pubblica. Il documento della Tavola valdese sulla staminali offre un buon esempio di come si dovrebbero affrontare le questioni in modo laico: recuperando anche l’emozione e non limitandosi alla rigorosa analisi razionale; rimandando la complessità di ogni posizione morale; offrendo un buon esempio interdisciplinare di dibattito.
Come si legge nel documento: “I problemi etici posti dalla scienza possono essere affrontati in base a quattro nozioni di vasta portata, quali quelli del limite e di autonomia, di rispetto e di diritto, considerate nei loro legami e riferite alla scienza, alla persona e all’ambiente” (p. 136).