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Charles Darwin, testimone diretto del terremoto in Cile

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«Mi trovavo a terra, sdraiato nella foresta per riposarmi. Arrivò improvvisamente e durò due minuti (che sembravano molto più lunghi). La scossa sembrò a me e al mio compagno venire da est. Non era difficile rimanere in piedi, ma il movimento mi procurò un capogiro. La sensazione potrebbe essere paragonata a quella che si prova quando si pattina su uno strato di ghiaccio molto sottile».

E' il 20 febbraio 1835 e un giovane inglese di 26 anni, Charles Darwin, avverte a Valdivia, in Cile, «il più forte terremoto che i più vecchi abitanti [della città] ricordano». Egli stesso, dirà, di aver «visto oltre che sentito un sisma».

Sulla spiaggia una donna anziana nota e racconta a Darwin che il mare si è rapidamente spostato dal livello dalla bassa marea a quello dell’alta marea, per ritornare subito dopo sui suoi passi. Il sisma ha prodotto uno tsunami, per fortuna le onde non erano state eccessivamente alte.         

Nella foresta Darwin non nota conseguenze particolari, ma tornato nella città di Valdivia si rende conto – scrive nei Viaggio di un naturalista intorno al mondo – che il terremoto ha seriamente danneggiato le abitazioni. Malgrado fossero costruite in legno. Il sisma doveva essere stato tremendo. Come peraltro racconta «l’orrore dipinto sui volti di tutti gli abitanti».

Quanto sia stato tremendo il sisma gli diventa evidente un paio di settimane dopo, tra il 4 e il 7 marzo. Allorché col Beagle ritorna a Concepción, circa 300 chilometri più a nord. Gli viene incontro il maggiordomo della fattoria dove alloggia per annunciargli terribili notizie. Il giorno 20 febbraio, dice, verso le undici e mezza del mattino c’era stato un fortissimo terremoto (come quello registrato di recente, leggi l'articolo): «a Concepción e a Talcuhano (il porto) non era rimasta in piedi neppure una casa; settanta villaggi sono stati completamente distrutti e una grande ondata è riuscita quasi a portarsi via le rovine di Talcuhano». Il sisma è davvero il più devastante che a memoria d’uomo si sia verificato in Cile. E Concepción è la città più colpita. Darwin stesso la visita e ne racconterà l’inedito spettacolo di devastazione.

Il terremoto «rombando come un tuono lontano» è giunto all’improvviso e subito dopo ha oscurato il cielo con una densa nube di polvere. È una strage. Poi è arrivata un’onda, alta sei metri e così potente da scaraventare un brigantino fin dentro il cuore della città che ormai non c’è più. E dopo la distruzione ecco i saccheggiatori: che mescolavano «la religione alle loro ruberie. Ad ogni piccola scossa con una mano si battevano sul petto gridando “Misericordia!”, e con l’altra continuavano a frugare tra le rovine».

Darwin è sgomento. E si chiede: cosa sarebbe accaduto se l’Inghilterra, Londra, fosse stata investita da un simile

Il giovane non è il solo a scrivere per iscritto i suoi ricordi. Anche il comandante del Beagle, Robert FitzRoy, annota le sue sensazioni. E, da buon marinaio, rende conto soprattutto delle tsunami che, mezz’ora dopo il terremoto, si abbatte, con tre diverse ondate, su ciò che resta della città, sulle case distrutte portandosi via «una tale quantità di arredi domestici, recinzioni e mobilia che quando l’ondata si esaurì il mare appariva ricoperto da rottami».

Darwin e FitzRoy ci forniscono una testimonianza diretta che i terremoti devastanti e i conseguenti tsunami sono piuttosto ricorrenti in Cile e hanno già più volte colpito in epoca storica la città di Concepción.

Per Darwin l’esperienza assume un significato anche scientifico. Il giovane è un valente geologo. E non gli sfuggono i forti movimenti del suolo conseguenti al sisma: «numerosi blocchi di roccia – scrive – che, a giudicare dalle incrostazioni marine che vi aderivano, dovevano essersi trovati di recente in acque profonde, erano stati scagliati sulla costa e uno di essi era lungo un metro e ottanta, largo novanta centimetri e alto sessanta».

Sulla costa, oltre il limite dell’alta marea, trova cumuli di mitili e di altri molluschi bivalvi. Tutti morti, ma ancora freschi. E' evidente: la terra si è sollevata di quasi un metro! La sua mente va a quanto ha scritto Charles Lyell, il grande geologo, che nel Golfo di Napoli ha visto un tempio romano sommerso emergere dalle acque all’asciutto (il tempio di Serapide a Pozzuoli).

Il giovane segna sulla carta l’epicentro del terremoto e ne individua la causa nella ripresa di attività di un vulcano. Di più gli dà informazioni sulla struttura della Terra. Sorgenti calde, bolle di gas e di acqua sporca, provano al di là di ogni dubbio che «la terra è solo una crosta che ricopre una massa fluida di roccia fusa».

Dall’esperienza del terremoto di Valdivia e Concepción e dalle osservazioni sulle Ande desume che la formazione delle montagne deve essere una conseguenza del movimento di sollevamento dei continenti nel tempo profondo, come poi sosterrà in una nota – Sulla connessione che esiste tra certi fenomeni vulcanici nel Sud America, e sulla formazione di catene di montagne e di vulcani come effetti della stessa forza che solleva i continenti – che terrà il 7 marzo 1838 alla Geological Society, una volta rientrato a Londra.

Secondo alcuni, ricorda Guido Chiusura, il giovane Darwin avrebbe mostrato in questo saggio di avere una vaga premonizione della moderna teoria della tettonica a placche. Forse è un’estrapolazione esagerata.

Certo, come rilevano Adrian Desmond e James Moore,  il terremoto del Cile del 20 febbraio 1835 lo induce a riflettere sulla «dolorosa e umiliante» vulnerabilità dell’uomo, costretto a «camminare su una fragile crosta di ghiaccio» sotto la quale si agita un immenso oceano di fuoco. Ma questa è la realtà della nostra umana condizione. E, conclude il giovane naturalista, occorre accettarla.

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