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La Cina, nuova potenza mondiale in ricerca e innovazione

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Si chiama QUESS. Ha raggiunto la base di lancio di Jiuquan a giugno. E quando, entro il mese di agosto, sarà messo in orbita, diventerà il primo satellite per comunicazioni quantistiche al mondo con molte ambizioni: realizzare una svolta nella criptografia, rendendo la trasmissione di messaggi intrinsecamente sicura, testando le leggi della meccanica quantistica e, in particolare, verificando il “quantum entanglement”, la correlazione a distanza tra particelle quantistiche, a scala globale. Davvero una bella impresa, se riuscirà.

QUESS è solo l’ultima delle sfide lanciate dalla Cina per conquistare la leadership mondiale nel campo non solo delle ICT (information and communication technologies), ma dell’intera filiera della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico: dalle scienza di base alla produzione di beni hi-tech.

Non sono passate che poche settimane, per esempio, da quando la Cina ha mostrato al mondo il più veloce e potente supercomputer al mondo, il Sundai TaihuLigh, tutto fatto in casa.

Gli obiettivi non riguardano solo la tecnologia più avanzata, ma anche la ricerca di base. Non sono passati che pochi mesi da quando Pechino ha inviato nello spazio Monkey King, un satellite per lo studio della materia oscura. E sono molti gli scienziati europei coinvolti in progetti di fisica delle alte energie, come la costruzione di un superacceleratore, da 52 chilometri di circonferenza (il doppio rispetto a LHC, il collider del CERN di Ginevra che è a tutt’oggi il maggiore al mondo) che diventerà una “fabbrica” di bosoni di Higgs o di un grande laboratorio sotterraneo che, sull’esempio di quello del Gran Sasso, studierà i neutrini.

La lunga “rincorsa” della Cina

Sono circa quarant’anni, ormai, che la Cina è alla rincorsa dell’Occidente in fatto di scienza e tecnologia. Una corsa velocissima, che ha portato il paese asiatico, in termini di investimenti, a superare (nel 2014) l’Unione Europea e a minacciare la leadership degli Stati Uniti d’America: il sorpasso è previsto per il 2023.

Ma, secondo gli esperti del R&D Magazine, una rivista americana specializzata, questa previsione deve essere modificata, perché negli ultimi 2 anni la Cina ha rallentato il ritmo di crescita degli investimenti: da un fantastico 19,5% di crescita media annua tenuto tra il 2003 e il 2014, a un più modesto, ma ancora ragguardevole 6,3% nel 2016 che fa seguito all’8,4% del 2015. Cosicché il sorpasso sugli Stati Uniti (Figura 1) potrà essere spostato di qualche anno: avverrà intorno al 2026.

Figura 1 - Investimenti in R&S

(passati e futuri in miliardi di dollari)

Ma andiamo con ordine. Nel 2016, secondo il R&D Magazine, la Cina investirà in ricerca e sviluppo (R&S) l’equivalente di 396,30 miliardi di dollari, pari al 2,0% del Prodotto interno lordo (calcolato parità di potere d’acquisto delle moneta). Una quantità di soldi che è pari al 20,4% del totale degli investimenti mondiali in R&S. Appena dieci anni fa, nel 2006, la Cina investiva l’equivalente di 141,7 miliardi di dollari pari al 13,5% del totale mondiale.

Tabella 1 - Dieci anni di investimenti. Un’analisi comparata tra il 2006 e il 2016 

2006 (miliardi di dollari% sul totale mondiale2016 (miliardi di dollari)Incremento in %% sul totale mondiale
Cina141,713,5396,318020,4
Usa34332,75145026,4
Europa264,325,24095521
Giappone136,713166,6228,6
Corea del Sud34,83,377,11224
Italia18,61,826,7441,4
Mondo1049,41001947,886100

Fonte: elaborazione propria su dati R&D Magazine 2016 e 2006

Come si vede in tabella 1, gli investimenti cinesi sono aumentati in dieci anni del 180%, un incremento pari a più di due volte la media mondiale, più di tre volte superiore a quello di Stati Uniti ed Europa (in questo caso la cifra tiene conto dell’intero continente, Russia/CSI esclusi) e maggiore di ben otto volte rispetto a quello del Giappone. Neppure la vivace Corea del Sud è riuscito a mantenere il passo della Cina.

Secondo il R&D Magazine esiste una differenza strutturale tra la spesa in R&S della Cina e degli USA. Governativa, quella cinese; industriale quella americana (Tabella 2).

Tabella 2 - Struttura della spesa in R&S 

CinaUSA
Governo6911
Industria2171
Accademia1018

Fonte: R&D Magazine

In realtà questa differenza andrebbe meglio articolata. È vero che la gran parte della spesa cinese è pubblica (e non a opera di multinazionali straniere, come si diceva un tempo) ed è decisa a livello di governo. Ma è anche vero che per la maggior parte la spesa governativa è indirizzata verso lo sviluppo tecnologico.

I grandi passi della produzione scientifica cinese

Sia come sia, gli investimenti di Pechino in R&S hanno prodotto dei risultati tangibili. In termini scientifici, per esempio (Tabella 3):

Tabella 3 - Articoli scientifici pubblicati 

199620062015Incremento 2015-1996 (in %)Incremento 2015-2006 (in %)
Cina28.656187.396401.9451302114
Usa325.631454.438487.064507
Germania72.679115.246133.9628416

Dati: Scimago

Nel 2015, gli scienziati cinese hanno pubblicato oltre 400.000 articoli su riviste internazionali con peer review. Appena il 17,5% in meno dei loro colleghi degli Stati Uniti. In dieci anni la produzione scientifica cinese è aumentata del 114 %, contro solo il 7% di quella USA e il 16% di quella tedesca. La crescita di produttività della scienza cinese è ancora più ragguardevole se riferita a un periodo di venti anni. Nel 2015, rispetto al 1996, le pubblicazioni degli scienziati cinesi sono aumentate più di 13 volte, contro il 50% di quelle degli americani e l’84% di quelle dei colleghi tedeschi. Oggi la Cina è al secondo posto, nella classifica per paesi delle pubblicazioni scientifiche. Erano al nono posto nel 1996 e, probabilmente, saranno al primo posto assoluto nel giro di due o tre anni. D’altra parte già adesso vantano la comunità scientifica più numerosa al mondo (oltre 1,5 milioni di ricercatori; contro gli 1,4 degli Stati Uniti).

Anche la qualità delle pubblicazioni è in aumento. Nel 2015 il numero di citazioni per articoli dei cinesi è stato pari a 0,40; non molto lontano dalle performance degli scienziati USA (0,60 citazioni per articolo). In alcuni settori i cinesi stanno assumendo una posizione di leadership in termini di quantità (il 25% degli articoli di chimica sono cinesi) ma anche in termini di qualità (il 18% degli highly cited papers, gli articoli più citati, sono scritti in Cina).

Il primato dei brevetti cinesi

Ma ci sono stati risultati tangibili anche in termini di innovazione. Tanto che nel 2013 il numero di brevetti richiesti da scienziati e ingegneri cinesi ha raggiunto quota 825.136, superando nettamente quello dei brevetti richiesti dagli americani (571.612). Nel campo dei brevetti, un indicatore dell’innovazione tecnologica, i cinesi sono ormai saldamente primi.

Gli effetti economici non si sono fatti attendere. Nella classifica della Strategy & Global Innovation 1000, ovvero delle mille aziende considerate più innovative al mondo, nel 2005 rientravano solo 8 imprese cinesi. Nel 2015 il numero è salito a 114. A dimostrazione che la Cina deve essere considerata, ormai, uno dei poli mondiali dell’innovazione. 

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