fbpx Un consigliere strategico per l'Europa | Scienza in rete

Un consigliere strategico per l'Europa

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Pare proprio che Jean-Claude Juncker, il nuovo Presidente della Commissione Europea, abbia deciso di chiudere l’ufficio del Chief Scientific Adviser (Csa), il consigliere scientifico capo. Così a fine gennaio prossimo la biologa molecolare scozzese Anne Glover non avrà più una posizione a Bruxelles. O, almeno, non una posizione all’altezza di quella occupata negli ultimi tre anni.
La decisione di Juncker è stata salutata da alcuni (soprattutto da alcuni movimenti ambientalisti) e stigmatizzata da altri (soprattutto, ma non solo, istituzioni scientifiche e singoli ricercatori del Regno Unito).
Ma sarebbe un grave errore lasciare che il dibattito intorno all’ufficio del Chief Scientific Adviser venga risolto in una disputa tra ambientalisti e scienziati, inglesi e non. Il ruolo del Consigliere scientifico capo è (dovrebbe avere) un rilievo che va ben oltre le logiche settoriali e nazionali. Riguarda (dovrebbe riguardare) l’insieme delle politiche europee. Riguarda (dovrebbe riguardare) l’Europa stessa.

Ma partiamo dai fatti. Tre anni fa, nel 2011, l’allora Presidente della Commissione Europea, il portoghese José Manuel Durão Barroso decise di istituire la figura e l’ufficio del Chief Scientific Adviser con un preciso mandato: fornire al Presidente consigli e valutazioni indipendenti su ogni aspetto della scienza, della tecnologia e dell’innovazione. Detta in altri termini, Barroso voleva che l’azione della Commissione fosse fondata su solide basi scientifiche.
L’istituzione della figura del Chief Scientific Adviser era stata suggerita con una certa determinazione dal Regno Unito. E forse non fu un caso se la scelta su chi avesse dovuto per primo ricoprire l’incarico cadde su un suddito di Sua Maestà Britannica: Lesley Anne Glover, classe 1956, docente dell’università di Aberdeen, biologa molecolare con un solido curriculum scientifico.
Con pochi mezzi, ma con una rete estesa di consulenti, in tre anni Anne Glover ha svolto un’intensa attività. Finché, la scorsa estate, si è trovata nel bel mezzo di una furiosa polemica.
Il 22 luglio, infatti, un gruppo di nove ong hanno scritto una lettera aperta al Presidente della Commissione Europea appena eletto (ma non ancora insediato) Jean-Claude Juncker, chiedendo sic et simpliciter, la chiusura dell’ufficio del Chief Scientific Adviser, criticando non solo la sua gestione, definita poco trasparente, ma la sua stessa essenza: concentra troppo potere in una sola persona. Il pomo (è il caso di dirlo) della discordia è stato il giudizio espresso da Anne Glover sugli Ogm. Sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, ha sostenuto il Chief Scientific Adviser, gli organismi geneticamente modificati utilizzati in agricoltura non si distinguono in maniera sostanziale dagli altri prodotti della terra.

In difesa sia dell’ufficio del Chief Scientific Adviser sia della persona di Anne Glover, con un’altra lettera, sono scese subito in campo 40 organizzazioni scientifiche supportate da 773 singole persone, per lo più scienziati.
I media, soprattutto inglesi, hanno raccontato la vicenda. Di particolare rilievo l’articolo pubblicato su The Guardian da James Wilsdon, professor of science and democracy presso la Science Policy Research Unit (Spru) della University of Sussex e presidente della Campaign for Social Science.
Ma, a quanto pare, i difensori di Anne Glover e dell’ufficio del Chief Scientific Adviser hanno perso la partita. Senza molte spiegazioni, la nuova Presidenza della Commissione Europea ha chiuso l’ufficio.
Non è affatto una buona notizia. Al di là delle questioni di merito sollevate dai gruppi ambientalisti e ricusate dai difensori di Anne Glover. Perché non solo la Commissione Europea, ma l’Europa stessa hanno bisogno di una persona alla testa di un ufficio che svolga le funzioni di consigliere del presidente. Con funzioni addirittura più vaste di quelle assegnate per tra anni al Chief Scientific Adviser.

La Commissione e, soprattutto, l’Europa hanno bisogno di una figura di Consigliere scientifico con un ruolo paragonabile a quello che ebbe negli anni ’40 del secolo scorso il matematico Vannevar Bush alla Casa Bianca. Che fu per Franklin Delano Roosevelt più che un Consigliere scientifico con accesso diretto al Presidente degli Stati Uniti. Bush non si limitava a valutare la solidità scientifica delle decisioni prese dall’Amministrazione. Bush definì la politica della ricerca degli Stati Uniti d’America. Una politica per la prima volta organica, unitaria e dalla visione ampia in una confederazione di oltre 45 stati diversi, ciascuno con la propria politica della scienza. Il Consigliere scientifico di Roosevelt fece inoltre sì che questa politica della ricerca organica, unitaria e dalla visione ampia divenisse parte centrale e propulsiva della politica tout court del paese, ivi inclusa la politica economica. In breve: Vannevar Bush elevò la ricerca scientifica a componente strategica della società e dell’economia degli Stati Uniti d’America.

Di questo ha bisogno urgente anche l’Europa. Malgrado una serie di Programmi quadro, malgrado l’impegno di diverse persone (da Antonio Ruberti a Jacques Delors) che hanno cercato di promuovere una politica comune della ricerca, malgrado alcuni istituzioni che, di recente, hanno mostrato la loro straordinaria capacità scientifica (il Cern, l’Esa), la scienza europea è ancora troppo frammentata. La spesa e gli indirizzi politici vengono decisi, al 95%, non a Bruxelles da una mente comune, ma nelle capitali di 28 paesi diversi.
È anche per questa frammentazione che l’Europa non è riuscita, negli ultimi venti anni, a realizzare il sogno di Delors e a diventare leader al mondo dell’economia della conoscenza.
Per questo la chiusura dell’ufficio del Chief Scientific Adviser da parte del nuovo Presidente è una cattiva notizia. Perché sembra una resa allo status quo, una tacita accettazione della condizione di frammentazione e di dispersione della politica della ricerca in Europa. Il mancato riconoscimento del valore strategico che, oggi più che mai, ha la scienza nello sviluppo (sostenibile) dell’Europa e del mondo intero.
Non vale sostenere che c’è uno specifico Dipartimento con un Commissario che si occupa in maniera specifica della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico. Il Commissario – a proposito, tanti auguri di buon lavoro a Carlos Moedas che si è appena insediato – ha da svolgere compiti di gestione davvero importanti.
Ma più che amministrare l’esistente, c’è bisogno di qualcuno che in maniera indipendente e senza compiti di gestione, progetti il domani della scienza in Europa. Anzi della scienza e dell’Europa.

Dunque, Presidente Juncker, ci ripensi. Non mandi a casa il Chief Scientific Adviser. Non chiuda il suo ufficio.
Al contrario, ampli il suo mandato.
Gli chieda non solo consigli (necessari) sulla solidità scientifica degli atti della Commissione. Faccia come Franklin D. Roosevelt con Vannevar Bush: gli chieda di elaborare una politica della ricerca di valore strategico. Gli chieda di pensare il futuro.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Allarme AIFA sull’antibioticoresistenza, rischia di diventare la prima causa di morte in Italia

Immagini e testi della campagna dell'ECDC sull'uso corretto di antibiotici

In occasione della Giornata europea degli antibiotici, il 18 novembre, l’AIFA ha reso pubblico un dossier che denuncia nuovamente il grave rischio dell’antibioticoresistenza, che ci lascia privi di armi per combattere infezioni pericolose. Tra le cause il consumo improprio ed eccessivo di antibiotici, che vede l’Italia messa tra i peggiori in UE: oggi consumiamo più antibiotici e abbiamo più decessi legati a infezioni da batteri resistenti di qualsiasi altro paese europeo. E nell’ultimo anno il consumo di antimicrobici è aumentato del 6,3%. Nell'immagine: campagna ECDC sull'uso corretto di antibiotici.

Iniziamo dai numeri, tratti dal dossier sull'antibioticoresistenza pubblicato da AIFA nella giornata mondiale degli antibiotici, che si celebra il 18 novembre di ogni anno (puoi leggere in calce all'articolo la versione completa del rapporto, mentre nel sito Epicentro dell'Istituto Superiore di Sanità trovi le iniziative relative alla giornata e settimana mondiale d