Il comitato anti-aborto denominato Osservatorio permanente sull’aborto sostiene che i contraccettivi di emergenza come la pillola del giorno dopo causino "criptoaborti" e insiste su una presunta azione abortiva non riconosciuta dalla comunità scientifica, che afferma chiaramente la natura contraccettiva di questi farmaci. È un movimento, sostenuto anche dall'Associazione ProVita e Famiglia, che porta avanti una campagna più ampia contro tutti i contraccettivi ormonali.
Sono 65.703 le interruzioni volontarie di gravidanza registrate dall’ISTAT nel 2022 in Italia. Il numero è calato progressivamente dal 1978, quando è entrata in vigore la legge 194, che regolamenta l’aborto nel nostro Paese. Un comitato di ginecologi e attivisti dell’Associazione ProVita e Famiglia, però, non è d’accordo: sostiene che sono molte di più, perché aggiunge al computo 38.140 fantomatici “criptoaborti” provocati dall’assunzione dei contraccettivi ormonali di emergenza, la pillola del giorno dopo e quella dei cinque giorni dopo. In una conferenza ospitata lo scorso 29 ottobre nella sala stampa del Senato, i ginecologi del comitato hanno affermato che, all’insaputa delle donne che ne fanno uso, questi farmaci in realtà non sono contraccettivi ma abortivi e interrompono gravidanze già in corso.
Osservatorio permanente sull’aborto, questo è il nome del comitato che dal 2022 pubblica un rapporto annuale sull’attuazione della legge 194, in contrapposizione con quello istituzionale, redatto dall’Istituto superiore di sanità e pubblicato dal ministero della Salute. Lo scorso 29 ottobre, l’Opa ha presentato ufficialmente il terzo di questi rapporti, intitolato Tra clandestinità e indifferenza. Tra i dati bizzarri riportati nel documento, c’è il conto di quanto avrebbero fruttato tutti i soldi spesi dal Servizio sanitario nazionale dal 1978 a oggi per attuare la legge 194, se invece fossero stati investiti in titoli di Stato: ben 16 miliardi e 616 milioni di euro. Chissà quanto avrebbero fruttato i soldi spesi dal Ssn per le appendicectomie nello stesso arco di tempo… Il ragionamento sui “criptoaborti” che sarebbero provocati dai contraccettivi di emergenza è particolarmente preoccupante. “C’è una perdurante incertezza”, si legge nel rapporto, “sulla modalità di azione di questi farmaci, cioè se sia contraccettiva o piuttosto abortiva”. In realtà, oggi la comunità scientifica internazionale ha perfettamente chiaro il meccanismo d’azione della pillola del giorno dopo.
Come funziona la pillola del giorno dopo
A differenza dei contraccettivi ormonali ordinari, quelli di emergenza si assumono dopo un rapporto a rischio e servono a prevenire una gravidanza indesiderata nei casi in cui non sia stato utilizzato nessun sistema contraccettivo ordinario, oppure il sistema usato abbia fallito, per esempio in caso di dimenticanza della pillola o rottura del preservativo. Due sono i contraccettivi orali post-coitali in commercio oggi. Il primo, a base di levonorgestrel, è la cosiddetta pillola del giorno dopo. Deve essere assunto prima possibile entro 72 ore dal rapporto a rischio. Il secondo, a base di ulipristal acetato, è la cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo e deve essere assunto prima possibile entro 120 ore dal rapporto a rischio.
Entrambi i farmaci agiscono ritardando l’ovulazione se vengono assunti prima di questo evento e quindi prevengono l’incontro tra lo spermatozoo e l’ovocita, e il concepimento. Sono inefficaci se al momento della somministrazione l’ovulazione è appena avvenuta e sono inefficaci se la fecondazione dell’ovocita è già avvenuta. Non sono in grado di interrompere una gravidanza già iniziata, quindi non sono farmaci abortivi.
Sia il levonorgestrel che l’ulipristal acetato interferiscono con l’azione del progesterone, l’ormone naturale che prepara l’ambiente uterino per la gravidanza. Entrambi quindi agiscono anche sul rivestimento interno dell’utero, ma questa azione, al dosaggio dei farmaci previsto per la contraccezione di emergenza, non è tale da impedire l’impianto dell’ovocita eventualmente già fecondato. Lo affermano chiaramente, sulla scorta di abbondante letteratura scientifica, sia l’Organizzazione mondiale della sanità, sia l’Agenzia Europea del Farmaco.
La disponibilità in farmacia dei contraccettivi di emergenza senza obbligo di prescrizione né per le maggiorenni né per le minorenni ha determinato un calo netto delle interruzioni volontarie di gravidanza, soprattutto tra le più giovani, come hanno evidenziato le relazioni al Parlamento del ministro della Salute sull’attuazione della legge 194 negli ultimi anni.
I “criptoaborti”
Contro il parere unanime delle società scientifiche nazionali e internazionali del settore, dell’Oms e delle agenzie regolatorie del farmaco, gli autori del rapporto presentato il 29 ottobre affermano che «la contraccezione di emergenza ha talvolta una azione anti ovulatoria, impedisce cioè il concepimento, ma in presenza di un embrione già concepito ha sempre una azione antinidatoria, rendendo l’endometrio inospitale al suo annidamento. In assenza di annidamento l’embrione non può svilupparsi e la gravidanza appena iniziata si interrompe. Si verifica quello che possiamo definire un criptoaborto». A sostegno di questa affermazione, in bibliografia il rapporto cita pochi studi che descrivono l’azione di levonorgestrel e ulipristal acetato sull’ambiente uterino, ma non concludono che ai dosaggi indicati per la contraccezione di emergenza questo effetto possa provocare un aborto.
Sulla base dell’ipotetico effetto abortivo, il movimento per la Vita Italiano, ProVita e Famiglia e altre associazioni anti-scelta hanno tentato ripetutamente di bloccare la vendita dei contraccettivi di emergenza senza obbligo di ricetta nel nostro Paese. Prima hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro la determina dell’Aifa, rigettato dai giudici con la motivazione che «la tesi delle ricorrenti si basa unicamente su uno studio di un esperto che di fatto esprime un mero giudizio di non condivisione, o comunque una diversa opinione, se non addirittura un semplice dubbio, rispetto a quanto affermato dal competente organo tecnico». In seguito hanno impugnato la sentenza del Tar davanti al Consiglio di Stato, che nel 2022 ha confermato le ragioni del Tar.
Tutte queste evidenze non minano la determinazione degli attivisti dell’Osservatorio permanente sull’aborto, che da tre anni nei loro rapporti continuano a sostenere l’esistenza dei “criptoaborti” provocati dai contraccettivi di emergenza. Nel documento presentato lo scorso 29 ottobre, hanno persino stimato il numero di queste presunte interruzioni di gravidanza. «È stata assunta una percentuale di gravidanze a seguito di un rapporto non protetto del 20% e un tasso del 25% di casi in cui l’effetto antinidatorio dei contraccettivi di emergenza provoca l’interruzione di una gravidanza appena iniziata. Ne risulta una percentuale del 5% dei casi in cui l’uso della pillola post-coitale si risolve, di fatto, in un aborto molto precoce». Partendo dunque dal dato che nel 2022 sono state vendute in Italia 762.796 confezioni di contraccettivi di emergenza, si arriva a 38.140 “criptoaborti”.
L’attacco alla contraccezione
Quale motivo spinge gli attivisti dei movimenti anti-aborto, tra le cui fila militano diversi ginecologi con decenni di esperienza, a ignorare un corpo abbondante di pubblicazioni, andare contro la posizione consensuale della comunità scientifica internazionale e continuare a sostenere che i contraccettivi di emergenza provocano aborti? Sicuramente lo scopo della conferenza stampa del 29 ottobre era quello di amplificare queste affermazioni attraverso i media, per instillare il dubbio nelle persone. In effetti, diverse testate nazionali hanno titolato “La pillola del giorno dopo è come un aborto”, oppure “Aborti in aumento in Italia per le pillole del giorno dopo”.
Va detto, poi, che i ripetuti attacchi dei pro-life contro levonorgestrel e ulipristal acetato si collocano all’interno di una nuova campagna che queste associazioni stanno muovendo contro tutti i contraccettivi ormonali, non solo quelli di emergenza. Basta cercare l’argomento sul sito di ProVita e Famiglia per trovare diversi articoli pubblicati negli ultimi mesi che accusano anche i contraccettivi ordinari di provocare aborti. Per esempio, nell’articolo I rischi della contraccezione ormonale, pubblicato sul sito il 27 agosto 2024, si legge: «Molte donne pensano che l’azione dei contraccettivi ormonali sia quella di impedire l’ovulazione e di sfavorire il passaggio degli spermatozoi tramite l’ispessimento del muco cervicale. In realtà tutti i contraccettivi ormonali (pillola combinata, minipillola, spirale, inclusa quella al rame, cerotto, anello, bastoncino, iniettabili, così come tutti i contraccettivi d’emergenza) assottigliano o sfaldano anche il rivestimento dell’utero. Ciò significa che, poiché non esiste un metodo in grado di impedire al cento per cento il concepimento, se una donna dovesse ovulare e concepire durante l’uso del contraccettivo l’essere umano appena formato potrebbe non impiantarsi nell’endometrio ed essere espulso. Molte donne non sapranno mai se avranno precocemente abortito uno o più figli a causa dell’uso dei contraccettivi ormonali ordinari o d’emergenza».
Della necessità di impegnarsi contro la contraccezione per favorire la natalità in Italia hanno parlato i vertici dell’Associazione ProVita e Famiglia il 25 e 26 ottobre scorsi ad Assisi, nel corso del convegno “Le Tavole di Assisi”, a cui hanno preso parte diversi nomi del panorama politico e culturale della destra italiana, dal parlamentare europeo Roberto Vannacci al giornalista Francesco Borgonovo. Il pubblico del convegno ha potuto assistere a una presentazione in anteprima del rapporto dell’Osservatorio permanente sull’aborto, commentato dai presenti.
Nel suo intervento, il filosofo Tommaso Scandroglio ha osservato che la denatalità non è un fenomeno mondiale, dal momento che la popolazione globale continua ad aumentare, ma europeo e in particolare italiano e deve essere contrastata non tanto per le sue ricadute economiche, ma perché è funzionale a una sostituzione etnica, culturale e religiosa che rischia di far collassare la civiltà occidentale cristiana.
L’economista Ettore Gotti Tedeschi ha rincarato la dose, sostenendo che lo spopolamento dell’Europa per favorire l’immigrazione e la sostituzione etnica non è un disegno umano, ma il piano di un’entità spirituale avversaria che dobbiamo combattere con ogni mezzo. Ha detto inoltre che non sono le difficoltà economiche a impedire alle coppie italiane di avere più figli, ma la volontà, che deve essere contrastata.
La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali Usa ha galvanizzato i sostenitori di queste posizioni. «Il risultato delle elezioni americane incoraggia Pro Vita e Famiglia a continuare in Italia l’impegno per il diritto universale a nascere e per tutelare bambini e adolescenti dai danni dell’ideologia gender, senza farci intimidire dall’assordante propaganda trans-femminista e LGBTQ, minoranza nell’opinione pubblica», si legge in un comunicato dell’associazione. «Il cambio di rotta negli Usa deve infondere ora più coraggio politico al Governo italiano sul fronte di misure più decise per la vita, la famiglia e la libertà educativa». Tempi duri in vista per chi si impegna nella difesa dei diritti riproduttivi.